Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated PG-13 - Prose

 

Author: iusip

Status: To be continued

Series: City Hunter

 

Total: 3 chapters

Published: 24-09-06

Last update: 26-09-06

 

Comments: 4 reviews

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RomanceFantasy

 

Summary: Scozia,anno 1235. La Scozia è divisa in due parti:da una parte ci sono i conquistatori normanni,fedeli al re d'Inghilterra...dall'altra gli indomiti scozzesi,fieri e combattivi. Lady Kaori sogna di sposare un biondo normanno...ma il destino,si sa,è spesso capriccioso...

 

Disclaimer: I personaggi di "Titolo da cambiare" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo.

 

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   Fanfiction :: La normanna e lo scozzese

 

Chapter 1 :: Capitoli 1-24

Published: 24-09-06 - Last update: 24-09-06

Comments: Fatemi sapere cosa ne pensate...e scusate se è lunghissimo, ma sono 24 capitoli tutti insieme! un bacione

 


Chapter: 1 2 3


 

Scozia, 1235  

 

CAPITOLO 1  

 

Kaori guardò fuori dalla finestra,sospirando. La sua cameriera personale, Miki, le stava spazzolando i corti capelli rossi, elogiando i riflessi ramati che sembravano catturare la luce del sole, ormai quasi del tutto tramontato.  

“Sei malinconica, Kaori?”le chiese Miki, che,oltre ad essere la sua ancella, era anche la sua migliore amica. “Domani dovrò scegliere uno dei pretendenti che mio fratello ha selezionato per me, Miki. Ma nessuno di loro attira la mia attenzione in maniera particolare. Mi sembrano tutti degli stupidi,uomini vuoti che pensano solo al sesso, senza preoccuparsi né dei sentimenti né dei bisogni delle loro donne. Che tristezza,Miki. So che questo matrimonio è necessario,ma…non riesco ad arrendermi al mio destino…ho sempre sognato un cavaliere dolce,puro di cuore e rispettoso della propria moglie. E magari con due occhi azzurri come il cielo sereno…”, concluse Kaori,sognante. Miki scosse la testa,sorridendo.  

“E che mi dici allora degli occhi azzurri di lord Mick? Sembrava davvero molto preso da te…certo,è un don Giovanni da strapazzo,ma credo che sia un uomo molto sensibile…beh,lo spero…”, soggiunse poi dubbiosa,ricordando le occhiate lascive che lord Mick rivolgeva alle due donne e la bava alla bocca che era tipica del cavaliere.  

Kaori sospirò ancora una volta e pensò al terribile giorno in cui suo padre,uno dei cavalieri normanni più importanti della Scozia,era morto,lasciando a lei e a suo fratello un enorme castello difficile da gestire,oltre a ingenti debiti che avevano prosciugato quasi tutto il denaro che avevano a disposizione. E così ora lei era costretta a sposarsi con un uomo qualsiasi,purché fosse ricco abbastanza da assicurare a lei e a suo fratello un futuro dignitoso. Suo fratello stava facendo il possibile per lei,cercando di presentarle uomini che fossero,oltre che ricchi,anche abbastanza attraenti. Kaori,tuttavia,era per natura una ragazza romantica e sognava il suo principe azzurro. Già immaginava il dolce normanno, biondo con gli occhi azzurri,che l’avrebbe sottratta al suo triste destino,quel destino inclemente che la costringeva a sposarsi con un uomo che non la amava,e che lei non amava. Tra tutti i cavalieri che suo fratello le aveva presentato,quello che corrispondeva maggiormente al suo uomo ideale era proprio lord Mick…certo,non lo amava,ma almeno provava una innata simpatia nei suoi confronti…beh,almeno quando non faceva lo stupido maiale con lei, si corresse.  

La voce di suo fratello Hideyuki la riscosse dai suoi pensieri.  

“Kaori, c’è qui lord Mick che è venuto a salutarti…scendi nel salone,sorella mia,e fatti ammirare in tutto il tuo splendore”, disse suo fratello,ammiccando in direzione di Mick,che aveva già uno sguardo sognante e la tipica bava alla bocca,che non lasciava dubbi sul corso impuro dei suoi pensieri.  

Kaori indossò il vestito rosso che era appartenuto a sua madre. Già…sua madre…Kaori si intristì pensando alla donna che era stata come una sorella per lei e che purtroppo era morta qualche anno prima a causa di una malattia che la guaritrice del villaggio non era riuscita a curare. Il vestito era stupendo:interamente di raso rosso,chiuso sulla schiena da laccetti intrecciati sempre di raso. Il corpetto era ricamato ed aderiva alle curve sinuose della ragazza; il vestito era molto stretto sui fianchi,evidenziando la vita sottile della ragazza,poi si allargava in morbide pieghe che accompagnavano ogni movimento della ragazza, conferendole un portamento elegante e regale. Kaori scese nel salone accompagnata dalla fedele Miki e si mostrò a Mick che,colpito dalla sua semplice bellezza,era rimasto talmente incantato da dimenticare persino la sua espressione lasciva e lussuriosa.  

“Buona sera,lady Kaori. Permettetemi di dirvi che siete magnifica in questo abito rosso. Anche se,Milady,voi siete sempre magnifica. Ogni abito sembra fatto su misura per voi. Sarei davvero onorato se diventaste la mia sposa. Vi proteggerei da ogni nemico,provvederei a voi per ogni vostra esigenza e soprattutto vi permetterei di diventare madre di tanti bei maschietti fieri e combattivi come il padre e di tante bambine belle ed intelligenti come la madre…naturalmente farò in modo che voi apprezziate anche l’interessante procedura per concepirli…eheheh”…la sua tipica espressione da maniaco gli era tornata sul volto,ora distorto in una risata stupida e oscena. Kaori sospirò,ma non poté fare a meno di sorridere. Se il suo destino era scritto, avrebbe cercato di fare buon viso a cattivo gioco. L’indomani avrebbe scelto Mick come suo futuro sposo. Era ricco,simpatico,giovane e anche molto affascinante. Con il tempo,forse,avrebbe perfino imparato ad amarlo. Doveva lasciar perdere le sue fantasticherie infantili. I menestrelli cominciarono a suonare una dolce melodia,che parlava dell’amore tra un cavaliere e una dama. Mick si inchinò galantemente davanti a Kaori e le chiese di ballare, e lei accettò l’invito con un sorriso, con evidente soddisfazione di suo fratello. Mentre volteggiava tra le sue braccia, Kaori si decise: avrebbe sposato Mick.  

Dopo il ballo,suo fratello invitò Mick a fermarsi a cena da loro. Le serve cominciarono a riempire la lunga tavola che attraversava il salone con pietanze di ogni tipo,disposte su taglieri di legno mentre,al centro del tavolo,venne posta una caraffa piena di buona birra. Mick mangiò e bevve a sazietà, poi ,un po’ brillo per la verità,si inchinò davanti a Kaori rischiando seriamente di perdere l’equilibrio e cadere come un sacco di patate e, stupendo tutti,la baciò. Lì. In mezzo al salone,davanti agli occhi attoniti di Miki e maliziosi di Hideyuki. Kaori rimase immobile per un lungo istante,ma non ebbe nemmeno il tempo di reagire perché Mick,dopo aver staccato le sue labbra da quelle morbide di lei,si allontanò in tutta fretta in groppa al suo destriero bianco,forse temendo una sua reazione violenta. Non per niente Kaori era conosciuta per la sua grande testardaggine e per la sua capacità di badare benissimo a sé stessa…maneggiava i giavellotti con grande abilità e non esitava a lanciarli addosso a chiunque osasse contraddirla o provocarla…  

Con le guance arrossate per l’imbarazzo,Kaori chiese a Miki di riaccompagnarla in camera sua. Dopo la toeletta e dopo averla aiutata a togliere l’abito rosso,Miki si congedò, andando a dormire nella stanzetta adiacente a quella di Kaori. Con indosso solo una corta e trasparente camicia da notte,Kaori si avvicinò alla finestra. Rabbrividì per la corrente gelida che la investì e che le fece inturgidire i capezzoli. Il suo fiato creò una patina di condensa sul vetro della finestra. Ripensando al bacio di Mick, Kaori sospirò di sconforto. Non aveva provato niente quando lui l’aveva baciata. Assolutamente niente. Non quel fuoco che avrebbe dovuto consumarla lentamente,non quel desiderio che il bacio avrebbe dovuto suscitare in lei. D’accordo,forse leggeva troppi romanzi, ammise con sé stessa. Ma rimaneva il fatto che il bacio di Mick,seppure non fosse stato spiacevole,non le aveva trasmesso niente. Sospirò e tracciò con il dito sottile segni insignificanti sul vetro. Sarebbe riuscita davvero ad amare Mick in futuro? Con il peso di questi pensieri, Kaori si accinse ad allontanarsi dalla finestra per andare a dormire. Un movimento fuori dalla finestra,però, attrasse la sua attenzione. Si immobilizzò,spaventata. Per un attimo aveva creduto di scorgere due occhi brucianti e neri come la notte tra la folta vegetazione del cortile. Scrutò ansiosamente per un lungo attimo,ma non vide più nulla muoversi. Si convinse di essersi sbagliata,mentre il cuore le batteva all’impazzata. Di paura? Strano,ma non pensava fosse paura. Forse di trattava solo di ansia mal gestita. Sì,doveva trattarsi di questo. Sicuramente un buon sonno ristoratore le avrebbe fatto bene. Ora cominciava addirittura ad immaginare occhi neri nella notte. Quanto era sciocca! Sorridendo e scuotendo il capo, Kaori si infilò sotto le lenzuola calde e si addormentò quasi all’istante.  

Fuori dalla finestra,un guerriero dai neri capelli e dagli occhi ancora più scuri sospirò sollevato. Stava per farsi scoprire…  

 

 

CAPITOLO 2  

 

Non era riuscito a resistere alla tentazione di avvicinarsi alla sua finestra per osservare meglio la sorella del suo nemico. Nonostante il suo fedele compagno Umibozu gli avesse detto che stava commettendo una sciocchezza e che si sarebbe fatto scoprire e uccidere, Ryo aveva desiderato guardarla, pur rendendosi conto con un pizzico di disagio del tutto fuori luogo di violare la sua intimità. “Desiderato” era il termine giusto, perché quando aveva visto la donna affacciata alla finestra,coperta solo da quel tessuto impalpabile…un violento desiderio l’aveva assalito,il desiderio di andare in quella stanza,gettarla sul letto e farla sua. Per un attimo aveva anche accarezzato l’idea,precisamente quando si era accorto che a causa del leggero venticello i capezzoli della donna si erano induriti premendo contro la sottile stoffa della sua camicia da notte. Poi, per fortuna, aveva riacquistato la sua proverbiale freddezza e aveva capito che tentare di entrare in quella fortezza sarebbe stato un suicidio. Le donne,d’altronde,non gli mancavano di certo…nel suo clan era noto per il successo che riscuoteva tra le donne, che a volte lo pregavano addirittura di farle entrare nel suo letto. Tuttavia, nessuna donna gli aveva mai suscitato un simile desiderio…sicuramente ciò era dovuto al fatto che il pensiero di portarsi a letto la sorella del suo nemico lo aveva eccitato oltre ogni misura, proprio come lo eccitavano tutte le battaglie. Era certamente per questo, e non per la malinconia di quel dito che tracciava arabeschi su quel vetro appannato…era forse ammattito? Cosa stava pensando, per Dio? Un ghigno malvagio curvò le sue labbra sensuali…sapeva il modo migliore per allontanare il pensiero ossessivo di quella donna alla finestra…  

Il suo piano prevedeva che avrebbe dovuto rapire la sorella di Hideyuki,di cui non conosceva nemmeno il nome,per vendicarsi dell’uccisione di suo padre per mano del padre della ragazza. Suo padre, Shin Kaibara, era morto valorosamente in battaglia,come si conveniva ad ogni scozzese degno di quel nome, trafitto dalla spada di Makimura. Era suo dovere vendicarlo, e quale miglior vendetta del rapimento dell’amata sorellina di Hideyuki? Il piano non prevedeva cosa avrebbe dovuto farne di lei una volta rapita…Ryo aveva pensato di ucciderla,ma ora si stava ricredendo…avrebbe prima utilizzato il suo bel corpicino solo per il proprio piacere…possedendola, il suo desiderio fisico sarebbe stato soddisfatto e lui avrebbe allontanato il pensiero di quella giovane e malinconica donna dalla sua mente. Poi,dopo averle rubato l’innocenza e averla rovinata socialmente,giacché nessun uomo avrebbe più voluto sposarla…beh,poi l’avrebbe cacciata o l’avrebbe uccisa. Ryo sorrise soddisfatto. Il suo ragionamento non faceva una piega. Sapeva che il giorno dopo la altezzosa signorina avrebbe annunciato il nome del suo sposo…e sapeva pure che molto probabilmente il prescelto sarebbe stato Lord Mick Angel. Conosceva quell’uomo e, nonostante ora Mick fosse diventato un disgustoso damerino, Ryo non dimenticava che in passato era stato un abile guerriero, bravo forse quanto lui con la spada. Per questo motivo, Ryo non poteva permettere che la ragazza sposasse Mick…sapeva ciò di cui Mick era capace e non poteva permettersi di fallire. Aveva pianificato ed aspettato la sua vendetta da troppo tempo. Doveva agire, e subito. Avrebbe dovuto rapirla la mattina dopo, approfittando della passeggiata che la ragazza era solita fare ogni mattina in riva al lago. In quel momento era sola,lo sapeva perché la sorvegliava da un po’ e aveva scoperto tutte le sue abitudini.  

I suoi pensieri,sfuggendo al suo ferreo controllo,tornarono alla ragazza. Certo che era davvero molto bella..non sensuale o eccessivamente formosa come moltissime altre donne che lui aveva conosciuto…ma delicata,eterea. Quei corti capelli rossi le conferivano un’aria sbarazzina,mentre gli occhioni castani la facevano assomigliare ad un folletto…o,meglio,ad una ninfa dei boschi. Tuttavia sapeva che la sua dolcezza e la sua fragilità erano solo apparenti…aveva sentito dire che la ragazza aveva un bel temperamento e che era in grado di tener testa a qualsiasi uomo. Ma i normanni,riflettè Ryo, non erano come gli scozzesi. Erano deboli ed insignificanti se confrontati con la forza,il valore e l’onore scozzesi. Lui era uno scozzese, un fiero temerario scozzese, e non si sarebbe mai fatto dominare da una stupida femmina, e per di più normanna. Sarebbe stato lui a domare lei…anche a letto. Ryo sorrise nuovamente e si apprestò a tornare nelle stalle,dove da qualche giorno si stava nascondendo con il suo compagno Umibozu, aspettando l’occasione giusta per portare a termine la sua vendetta. Era fortunato ad avere un compagno valoroso e fedele come Umi,pensò Ryo. Il suo amico era cieco a causa di una ferita riportata in guerra. Causata,guarda caso, da un normanno. L’odio di Ryo verso i suoi nemici si accrebbe ancora più ripensando al suo amico, che era quasi morto a causa di quella ferita. Certo,si era salvato grazie alle cure esperte della guaritrice,ma aveva perso la vista,che dei cinque sensi era forse il più importante per un guerriero. Umibozu, tuttavia, era riuscito ad affinare nel corso del tempo tutti gli altri sensi, fino al punto di riuscire perfettamente a combattere nonostante la sua cecità. Era il suo uomo migliore, uno dei più valorosi e dei più abili in guerra. E poi era suo amico. Umi era stato il suo primo maestro di spada, e Ryo non avrebbe mai potuto abbandonarlo dopo l’incidente perché, tutto sommato, gli voleva bene come ad un fratello. I due litigavano spesso,insultandosi a vicenda e prendendosi in giro,ma sempre bonariamente. Se uno dei due avesse avuto bisogno di una mano,l’altro non avrebbe esitato ad aiutarlo. Era per questo che Umi,nonostante non fosse d’accordo con lui riguardo alla sua vendetta contro i normanni,l’aveva comunque seguito ed aiutato.  

Entrato nella stalla, lo trovò per terra, addormentato pesantemente e coperto dall’unica grezza coperta di lana che i due avevano a disposizione. “Ehi, Umi, scimmione,dammi un po’ di coperta”,sussurrò Ryo scuotendo le spalle del gigante. Che,nemmeno a dirlo,non si mosse di un millimetro. Rassegnato all’idea di dormire al freddo, Ryo si stese per terra e cercò di prendere sonno. Distratto dal pensiero di un paio di occhi color cannella,ci mise più del previsto ad addormentarsi…  

 

CAPITOLO 3  

 

Il mattino dopo Ryo si svegliò presto. L’eccitazione che accompagnava ogni missione ed ogni battaglia gli aveva quasi impedito di dormire. Ma quelle poche ore di sonno che si era concesso erano più che sufficienti per un guerriero abituato a combattere anche diversi giorni di fila senza quasi chiudere occhio. Si mise a sedere sul freddo pavimento scomodo e si accorse che Umi non era più nella stalla. L’odore degli animali e del fieno fresco aleggiava nell’aria,un odore che sarebbe risultato sgradevole alla maggior parte delle persone,un odore che Ryo amava. Si avvicinò al suo destriero nero, Atlantis. Quell’animale era più che un semplice cavallo per Ryo:spesso era stato decisivo in battaglia,perché in quelle occasioni cavallo e cavaliere diventavano una cosa sola e riuscivano ad avere la meglio su qualsiasi nemico. Ryo accarezzò il muso lucido dell’animale, sorridendo al pensiero che molte donne lo avevano paragonato a quello stallone: il pelo nero dell’animale era simile alla sua chioma corvina,ma il paragone non si limitava certo a quello…Ryo sorrise ancora una volta, poi si riscosse dai suoi pensieri e andò a cercare il suo compagno. Lo trovò in riva ad un ruscello,intento a lucidare la sua spada. Ryo decise di farsi un buon bagno ristoratore: si tolse i vestiti e,ammucchiandoli sulla riva,si tuffò nell’acqua e si concesse un breve istante di rilassamento,senza pensieri né preoccupazioni. Quando uscì dall’acqua e si rimise i suoi vestiti, Ryo era tornato il temibile e impavido guerriero famoso per la sua abilità con la spada e per la sua fredda determinazione. Qualsiasi cosa Ryo Saeba volesse,la otteneva.  

 

Quella mattina Kaori si sentiva molto nervosa. Suo fratello aveva organizzato un ballo quella sera, in occasione del quale lei avrebbe dovuto dichiarare il nome del suo futuro sposo. Ormai sapeva che la scelta sarebbe ricaduta su lord Mick, però… Persa nei suoi tanti “se”, Kaori cominciò a vestirsi. Ogni mattina aveva l’abitudine di andare a fare una passeggiata in riva ad un lago, dove sua madre la portava spesso da piccola. Ricordava ancora quel vecchio ciliegio,dove suo padre e sua madre sedevano. Mentre lei ruzzolava nella folta erba, i suoi genitori si prendevano per mano e qualche volta si baciavano. Lei allora si avvicinava a loro e faceva una pernacchia e suo padre la prendeva in braccio e la lanciava in aria. Kaori ricordava la sensazione di rimanere sospesa nel vuoto, il riverbero del sole tra le fronde degli alberi, il volto del padre,dai tratti marcati tipici di ogni grande guerriero ma che si distendevano quando parlava con sua madre o giocava con lei. Questi ricordi erano conservati gelosamente nel cuore della ragazza; sapeva che niente avrebbe mai potuto riportare in vita i suoi genitori, ma quei fotogrammi sarebbero rimasti nella sua mente per sempre,dandole l’impressione che i suoi genitori fossero sempre accanto a lei, a sostenerla e a darle coraggio e fiducia.  

Generalmente Kaori raggiungeva il laghetto,si sedeva sulla riva e guardava l’acqua colorarsi di mille colori a seconda dell’inclinazione dei raggi solari. Le piaceva rimanere lì a pensare,le piaceva la confortante solitudine che quel luogo le infondeva. Quella mattina, però, Kaori si sentiva troppo malinconica per andarci da sola e per questo motivo chiese a Miki di farle compagnia. La sua amica, comprendendo al volo che qualcosa turbava il giovane animo di Lady Kaori, la accompagnò con piacere.  

Giunte nei pressi del laghetto,le due ragazze stesero una coperta sull’erba e,prendendo dal cesto che avevano portato con loro una mela ciascuno,cominciarono ad addentarla,entrambe pensose. Ad un certo punto Miki si accorse che delle lacrime silenziose ma amare solcavano il viso della sua amica. “Kaori,cos’hai?”,chiese Miki preoccupata, abbracciandola. “Niente, Miki…è solo che con tutta questa storia del matrimonio…non so,mi sento malissimo. Avevo sempre sognato di sposarmi solo per amore e invece devo basarmi solo sull’aspetto fisico e sulla ricchezza, nella scelta del mio futuro sposo.” Miki guardò commossa l’amica,salvo poi stringerla forte tra le sue braccia. “Ti capisco,Kaori,credimi. So quanto sia difficile per te questa situazione…ma ricorda che tu non sarai mai sola,io ti sarò sempre accanto,potrai sempre contare su di me. Te lo prometto, Kaori, qualsiasi cosa dovesse succedere, io sarò sempre al tuo fianco,per aiutarti e sostenerti”. Kaori smise di piangere,si asciugò le lacrime con il bordo della coperta e sorrise a Miki,non riuscendo a trovare le parole per ringraziarla della sua preziosa amicizia. Era fortunata ad avere una ancella come lei; più che una semplice ancella, Miki era diventata una sorta di sorella maggiore per Kaori. Come aveva detto Miki,loro due avrebbero affrontato qualsiasi difficoltà. Insieme.  

 

“Ehi,Ryo,non avevi detto che la ragazza veniva al lago da sola?”  

“Si,Umi,l’avevo detto.”  

“E allora perché io sento due voci?” Nascosti dietro un albero per non farsi vedere,Ryo e Umibozu stavano aspettando l’arrivo della ragazza già da un po’. Ryo stava cominciando a spazientirsi e a convincersi che lei oggi non sarebbe venuta,quando aveva sentito la sua voce morbida. La sua voce, e quella di un’altra persona. Un’altra donna,per la precisione. Arrischiando un’occhiata in direzione del laghetto,Ryo aveva avuto la conferma che Lady Kaori non era sola. Un’altra donna,dai lunghi capelli scuri,era accanto a lei. Le due donne si stavano abbracciando ora, e Ryo potè notare che le guance della sorella di Makimura era lucide a causa delle lacrime. Perché la piccola piangeva?,si chiese Ryo curioso. Ora, però, scoprirne il motivo non era la sua priorità. Doveva assolutamente rapire la ragazza quella mattina,ma non poteva rischiare che l’altra donna lo ostacolasse o corresse ad avvertire Hideyuki o, peggio ancora, Mick.  

“Ryo,Ryo,ti sto chiamando da mezz’ora. Non avevi detto che la ragazza era sempre sola?”,ripetè stizzito Umi.  

“Caro Umi”,dichiarò compito Ryo, “mi sa che abbiamo un piccolo problemino da risolvere.”  

 

CAPITOLO 4  

 

“Cooooosa?No Ryo,non se ne parla. Già non sono d’accordo nel rapire una ragazza…tu vuoi addirittura rapirne due!!E poi cosa c’entra l’altra donna? È una femmina…non può certo impedirci di rapire l’amica…prendiamo la sorella di Makimura e andiamo via.” Umi si voltò indispettito dall’altra parte,indignato all’idea che il suo amico volesse raddoppiare i loro guai. Due donne?! Due lagnose, piagnucolose, isteriche donne?! Il suo amico era decisamente ammattito…  

“Va bene,Umi. Se tu non vuoi aiutarmi,le rapirò da solo. Cosa vuoi che siano per un guerriero come me due deboli e insignificanti normanne? Ce la farò anche senza il tuo aiuto. Grazie comunque, amico. ”  

Umi sospirò. Odiava quando Ryo gli rinfacciava certe cose. A lui non andava di rapire le ragazze…soprattutto per un motivo stupido come la vendetta. Un uomo come Shin Kaibara non meritava nessuna vendetta. Era morto, e quando Umi l’aveva saputo si era fatto il segno della croce e aveva ringraziato il cielo,o meglio l’inferno. C’erano cose che Ryo non sapeva di suo padre, e lui avrebbe fatto meglio a raccontargliele il più presto possibile. Così Ryo avrebbe capito che razza di animale era Kaibara e si sarebbe reso conto che vendicarlo non era necessario. Anche se, nel caso di un uomo ottuso e orgoglioso come Ryo, qualsiasi congettura poteva rivelarsi errata. Il ragionamento di Umi fu interrotto da una voce maschile bassa e minacciosa che proveniva dal laghetto. Capì che Ryo aveva agito ancora una volta di testa sua; lo sentiva parlare alle ragazze con la sua voce roca e minatoria,una voce che avrebbe intimidito anche il guerriero più impavido. Pensò che sarebbe dovuto intervenire per sostenere le due ragazze che,molto probabilmente,erano svenute o peggio ancora erano in preda ad una crisi isterica. Non riusciva a sentire quello che Ryo stava dicendo, ma, avvicinandosi, percepì chiaramente che qualcosa non stava andando nel verso giusto. Non sentiva pianti, urla isteriche o suppliche. Si immobilizzò. Si era aspettato lacrime, strilli, addirittura bestemmie. Ma niente l’aveva preparato a quello che sentiva in quel momento. Una risata. La ragazza, lady Kaori,stava ridendo. E di gusto, anche.  

 

Indispettito dal comportamento di Umi, Ryo si avvicinò silenzioso alle due donne. Il suo amico era troppo sentimentale. Che importava se erano donne? Erano comunque normanne. Erano loro nemiche.  

Si nascose dietro un ampio ciliegio e vide che la donna era rimasta sola. Dov’era l’ancella? La scorse ad una certa distanza da loro,intenta a raccogliere bacche o fiori. Questo era un vero colpo di fortuna, pensò Ryo. Avrebbe potuto rapire solo la sorella di Hideyuki, approfittando del fatto che l’altra donna era lontana ed era distratta. Doveva agire, subito, a sangue freddo come sempre. Con una sola fulminea mossa giunse alla spalle della donna. Con una mano le coprì la bocca, con l’altra le puntò un coltellino alla gola. “Non azzardarti a fiatare. O muori. Chiaro?”,le sussurrò all’orecchio Ryo. Guardando il lobo delicato al quale si stava rivolgendo, gli venne l’insano desiderio di accarezzarlo con le labbra. Chissà se le sarebbe piaciuto…forse quella era una zona erogena per lei… Si riscosse da questi pensieri fuori luogo date le circostanze, ripromettendosi che in ogni caso l’avrebbe scoperto subito. Lentamente tolse la mano dalla sua bocca e le permise di voltarsi verso di lui.  

 

Kaori stava guardando Miki, intenta a raccogliere dei girasoli, quando aveva sentito una mano ruvida coprirle la bocca a aveva visto lo scintillio della lama, troppo vicina alla sua giugulare per i suoi gusti. Poi una voce roca le aveva intimato di tacere, altrimenti l’avrebbe uccisa. A quelle parole Kaori era rabbrividita, ma non sapeva se a causa della minaccia in sé o a causa di quella voce bassa ed estremamente sensuale. In un aggettivo, diabolica. Decise di non indagare oltre. Lo sconosciuto allentò la mano sulla sua bocca. Kaori si girò e si ritrovò a fissare un paio di occhi neri come la notte. Le sembrava di avere già visto quegli occhi…ma non ricordava dove… L’uomo la scostò bruscamente da sé e Kaori venne sopraffatta dall’ansia. Chi era quel guerriero? Cosa voleva farle? Lo sguardo di Kaori accarezzò il viso di Ryo, che sembrava ricavato da un blocco di pietra, i suoi pettorali scolpiti, i bicipiti modellati e il ventre piatto e muscoloso. Sì, decisamente quell’uomo era un guerriero. Poi si accorse del suo abbigliamento e capì che non poteva essere un normanno. Era sicuramente uno scozzese.  

“Che cosa volete da me?”,chiese Kaori. La voce le tremava un po’. Le avevano insegnato fin da piccola che gli scozzesi erano loro nemici, anche se spesso le era venuto il dubbio che i veri nemici fossero i normanni. Dopotutto erano in Scozia, la terra natia degli scozzesi, e gli invasori erano loro…  

Si accorse che Ryo le aveva fatto un inchino, ma percepì il sarcasmo e l’ostilità contenuti in quel gesto all’apparenza galante. “Cara signora, lei adesso verrà con me, o se ne pentirà amaramente. Non vorrei essere costretto a rovinare un bel faccino come il vostro…”  

“Voi volete rapirmi?”Kaori era costernata, ma Ryo scambiò la sua espressione per puro terrore.  

“Beh, tesoro, tecnicamente è ciò che sto facendo.” Kaori ebbe un fremito. Poi, inaspettatamente, cominciò a ridere. “Voi…voi…con quel ridicolo… gonnellino …volete rapirmi?” Le sue risate ormai erano incontenibili. Disorientato al massimo, Ryo la guardò piegarsi in due dalle risate. Si guardò. Aveva preferito non indossare la camicia, così era a petto nudo. Indossava unicamente il feileadh , un indumento tipicamente scozzese formato da una striscia di tessuto avvolta intorno ai fianchi e fermata da un cinturone in vita (avete presente il kilt?identico…). Il tessuto era a quadretti rossi e blu, e la stoffa in eccesso passava trasversalmente sulla spalla destra ed era fermata sul fianco sinistro da una spilla. Non ci trovava niente di ridicolo nel “feileadh” , che gli arrivava fino alle ginocchia. Anzi,il tessuto era morbido, molto più comodo di quelle orrende brache di lana che indossavano i normanni. Secondo Ryo, quelle brache danneggiavano i gioielli di famiglia dei normanni…mentre con il “feileadh” i suoi gioielli erano al sicuro. Liberi e areati al punto giusto,visto che, come da tradizione, sotto non indossava niente…  

Rimaneva il fatto che la ragazza aveva riso di lui offendendo il suo orgoglio e aveva chiamato il suo “feileadh” ridicolo gonnellino . Come si era permessa quell’insolente normanna? Lo sconcerto iniziale di Ryo si trasformò in furia e, sollevando la ragazza per la vita, se la gettò in spalla come un sacco di patate. Kaori cominciò a tempestargli la schiena di pugni; si dimenava e scalciava, ma Ryo era troppo forte per lei. Poi si accorse di una cosa e decise di starsene buona. Per il momento. In seguito quel rozzo cafone si sarebbe pentito di averla trattata così. Oh, sì. Se ne sarebbe pentito amaramente.  

 

Miki si era accorta che qualcosa non andava. Ormai aveva imparato a percepire il pericolo. Si guardò intorno, ma non c’era niente che potesse costituire un pericolo per lei. Poi guardò in direzione di Kaori e impallidì. Un uomo era dietro di lei e le stava puntando un coltello alla gola. Era uno scozzese, non era difficile capirlo. Dopo uno scambio di battute, Miki vide che l’uomo, senza troppe cerimonie, aveva sollevato la sua amica e l’aveva gettata sulla sua spalla. Ora si stava dirigendo verso la cascata, dove aveva probabilmente nascosto il suo cavallo. Approfittando del fatto che l’uomo fosse di spalle, Miki sfilò il piccolo pugnale che aveva attaccato alla coscia e si avviò furtiva in direzione di Ryo. Era vicinissima ormai. Si accorse che Kaori l’aveva vista e aveva smesso di scalciare e di dimenarsi, guardando fiduciosa nella sua direzione. Si apprestò a lanciare il coltello. L’avrebbe colpito alla schiena, quel bastardo che aveva osato trattare in quel modo Kaori. Prese la mira, sollevò il braccio ma, proprio mentre stava lanciando il pugnale, una mano grande e forte si chiuse gentile ma decisa sul suo esile polso.  

“Non farlo.”  

 

CAPITOLO 5  

 

“Non farlo.” Miki si girò di scatto e si ritrovò davanti un imponente guerriero, alto e muscoloso. Subito si accorse della ferita agli occhi. Una ferita come quella significava solo una cosa: cecità. “Sei cieco?”,chiese Miki al gigante. Umi si irrigidì. “Si”, rispose.  

“Come hai fatto allora ad accorgerti che il tuo amico era in pericolo e che stavo per ucciderlo?”.  

“Quando perdi la vista, se vuoi sopravvivere in questo mondo devi affinare tutti gli altri sensi. Devi essere in grado di sentire il sibilo di una freccia o di un pugnale che ti sta per colpire, devi sentire il pericolo. Non solo per salvare te stesso, ma anche tutte le persone che ti circondano e che contano su di te.” Si era lasciato andare troppo, si disse Umi. Non era sua abitudine parlare così tanto, ma quella ragazza l’aveva stupito. Ne aveva conosciute davvero pochissime, di donne con quella tempra, dotate del sangue freddo necessario per impugnare e lanciare un pugnale. Lo sapeva che quella di rapire le ragazze era stata una cattiva idea. Ora si stava rivelando una pessima idea. Si accorse di stare ancora stringendo il polso della ragazza. Sotto le dita sentiva il tepore e la morbidezza della sua pelle. “Cosa volete da me e da Kaori?”, gli stava chiedendo la ragazza. Umi non rispose. Sempre tenendola per il polso, si avviò verso la cascata. La ragazza, però, cominciò a divincolarsi. Caspita, era forte, pensò Umi. Avendo paura di fratturarle il polso nel tentativo di tenerla ferma, Umi fece la prima cosa che gli venne in mente. Le pose una mano sulla nuca. La ragazza si immobilizzò e lo fissò.  

Miki sentì il cuore accelerare i battiti.  

Poi Umi premette dolcemente un punto vicino all’attaccatura dei suoi capelli e Miki non sentì più niente. Prendendola in braccio, si diresse verso Ryo.  

 

Kaori si sentì sprofondare. Aveva creduto davvero che Miki potesse salvarla da quel bruto. Poi aveva visto l’altro uomo fermare la sua amica e metterle una mano dietro la testa. Inizialmente non aveva capito il motivo, ma poi aveva visto la sua ancella afflosciarsi come una bambola di pezza e aveva compreso tutto. Ricominciò ad agitarsi e a scalciare. “Mikiiiii nooooo!”, gridò. Ryo si voltò e vide Umi dirigersi verso di loro. Aveva una ragazza tra le braccia, e quella ragazza era l’amica della gentile signorina che gli stava gridando parolacce e bestemmie da una decina di minuti. “Umi,vecchio mio, nonostante tu sia un brutto scimmione vedo che le ragazze cadono letteralmente ai tuoi piedi…”  

“Non ho voglia di scherzare Ryo. Prima finirà questa storia, meglio sarà per tutti quanti. Portiamo le ragazze al nostro castello, poi vedremo cosa farne”.  

Ryo capì che Umi era leggermente alterato e preferì non rispondere. Recuperarono i cavalli, nascosti vicino alla cascata. Umi montò a cavallo e, sollevando delicatamente la ragazza inerte, la mise davanti a sé, attento a non farle male. Con una mano impugnò le redini, mentre con l’altra strinse la ragazza al suo petto, coprendola con il suo mantello. Le cose furono un po’ più difficili per Ryo…Kaori continuava ad agitarsi e a dimenarsi e soltanto la minaccia di fare del male alla sua migliore amica riuscì a calmarla. Anche Ryo la fece sedere davanti a sé sul cavallo; sorrise,notando che la ragazza teneva la schiena rigida per evitare qualsiasi contatto con lui. Che caratterino! Era davvero focosa…  

Ryo e Umi cominciarono a cavalcare verso il loro castello, in silenzio. La strada da percorrere era molta, si sarebbero dovuti fermare da qualche parte per trascorrere la notte. Ryo conosceva un posto dove c’era una grande grotta…non sarebbe stato comodissimo dormire su un pavimento di pietra ma…sempre meglio di niente.  

Kaori cercò disperatamente di tenersi dritta. Non doveva assolutamente abbandonarsi su quell’ampio petto nudo che le trasmetteva una piacevole sensazione di calore…i muscoli,tuttavia, cominciavano a farle male per la tensione e stava diventando sempre più debole…era stanca, molto stanca…l’andatura regolare del cavallo la cullava dolcemente…senza nemmeno rendersene conto,si rilassò, gradualmente chiuse gli occhi e si lasciò andare contro il petto di quell’insolente arrogante sexy scozzese…  

Ryo la sentì abbandonarsi contro di lui. La sua schiena morbida premeva contro il suo petto, e quel fondoschiena perfetto che oscillava contro il suo ventre lo stava facendo impazzire. Per fortuna avrebbero raggiunto presto la grotta e finalmente avrebbe potuto sottrarsi a quella deliziosa tortura…  

Cavalcarono per un altro paio di ore, sempre in silenzio. Poi Ryo vide la grotta e fece segno a Umi di seguirlo. Vide il suo amico scendere da cavallo e prendere in braccio la ragazza dai lunghi capelli neri. La sorella di Makimura l’aveva chiamata Miki. Umi sistemò il suo morbido mantello di pelliccia per terra, poi si stese e strinse a sé la ragazza, in modo che non prendesse freddo durante la notte. Per precauzione le aveva tolto il pugnale, mettendolo sotto il proprio corpo, anche se dubitava che la ragazza si sarebbe svegliata prima dell’indomani. Kaori, invece, si era svegliata non appena Ryo era sceso da cavallo. Aveva sentito improvvisamente freddo e, appena si era ricordata di ciò che aveva fatto, si era sentita in colpa. Doveva essere più forte, doveva combattere quell’uomo arrogante con tutte le sue forze. Ryo si accorse che si era svegliata e le tese una mano per aiutarla a scendere dal cavallo. Kaori guardò sprezzante la sua mano tesa e la ignorò deliberatamente, smontando dal cavallo con grazia e leggerezza. Il suo primo pensiero corse a Miki. Entrando nella grotta, la vide stesa vicino al gigante. Lui la stava abbracciando e Miki aveva un volto così rilassato nel sonno…chissà…forse da quella situazione almeno Miki avrebbe potuto trarne vantaggio…i due sembravano così belli insieme! Kaori decise di sorvolare sul fatto che il gigante era complice dell’uomo che l’aveva rapita… i due guerrieri le sembravano totalmente diversi. Pur non conoscendo quell’uomo grande e grosso, Kaori ebbe l’impressione che di lui ci si potesse fidare. Almeno Miki non era in pericolo. Si girò, cercando la forza per affrontare il suo problema più grande, che il quel momento stava stendendo un altro mantello per terra. “Dove dovrei dormire io?”,chiese scorbutica. Ryo si stese sul mantello e le rivolse un sorriso seducente. “Se vuoi puoi dividere il giaciglio con me…fa freddo fuori, potremmo riscaldarci a vicenda…”,concluse allusivo.  

Kaori arrossì fino alla punta dei capelli. “Mai!!”,esclamò.  

“Questo lo vedremo,tesoro”, rispose Ryo. Lo stuzzicava da morire avere quei battibecchi con la ragazza. Finalmente una donna che sapesse tenergli testa. La osservò di sottecchi. Si era seduta contro la parete e stava tremando. Ryo non se ne curò. Lui la sua offerta l’aveva fatta, e lei l’aveva rifiutata. Peggio per lei.  

 

CAPITOLO 6  

 

Stanco per la lunga cavalcata, Ryo cercò di prendere sonno, ma la ragazza batteva i denti così forte che non riusciva ad addormentarsi.  

“Vieni qui”,le disse.  

“No”. Per Dio, quanto era ostinata…  

“Ti prometto che non ti faccio del male. Per ora.”  

“Ah,che gentile!Tu si che sai come confortare una ragazza,vero?”  

Il suo sarcasmo lo stava facendo spazientire. Doveva rimanere calmo, non doveva fare il suo gioco.  

“Come ti chiami?”  

“E a te che importa? O forse ti aspetti che dopo aver rapito me e la mia amica abbia voglia di intavolare una cordiale discussione con te?Beh ti sbagli mio caro! Sei…sei…” Le si stava avvicinando lentamente. Il buonsenso le diceva di tacere, ma lei non voleva sottomettersi a quell’uomo. Non voleva fargli capire che aveva paura. Si appiattì contro la roccia. Ora i loro visi erano a pochi centimetri di distanza. “Stavi dicendo? Cosa sarei io,sentiamo….”  

“Sei un rozzo animale, bastardo, arrogan…mhhhh!!”  

Le labbra di Ryo la silenziarono efficacemente. Mentre lei si gettava nella sua filippica, l’uomo aveva annullato la distanza tra i loro visi e aveva premuto le sua labbra su quelle morbide di lei.  

Kaori cercò di divincolarsi,ma lui era troppo forte. Così rimase semplicemente ferma, senza opporsi ma senza nemmeno ricambiare il bacio. Era un bacio furioso, rude, un bacio che aveva il solo scopo di punirla e umiliarla. Era un bacio che non le piaceva.  

Ryo si accorse che non stava più lottando. Finalmente si era arresa, pensò, pregustando la vittoria. Ma lei non stava ricambiando il bacio. Sembrava indifferente. Il suo ipertrofico ego maschile ricevette un duro colpo. Ma come era possibile? Le donne impazzivano per i suoi baci e lei se ne rimaneva immobile? Desiderando ardentemente che lei ricambiasse il bacio, Ryo si chiese dove stava sbagliando. Poi capì. La stava baciando in maniera rude, premendo le sue labbra violentemente. Con quel bacio aveva inteso dominarla, farle capire che il più forte era lui. E lei non ci stava. Quella donna costituiva una sfida per lui…sarebbe riuscito ad ammorbidire la fiera principessa di ghiaccio? Beh, lui adorava le sfide…  

Kaori si accorse che qualcosa nel bacio stava cambiando. Non era più furioso e punitivo ma…più dolce, più sensuale. La pressione delle labbra di Ryo sulle sue si attenuò, la sua bocca si ammorbidì. Le mise una mano sulla nuca e la attirò a sé, stringendola. Sentì la sua lingua toccarle le labbra, in una danza erotica e sensuale. Odiandosi per la sua debolezza che le impediva di restare indifferente, Kaori si ritrovò suo malgrado a rispondere al bacio con una passione pari a quella di lui. Gli circondò il collo con le braccia e si premette contro il suo corpo duro,strofinandosi contro il suo petto come un felino, anelando a un contatto più intimo e primitivo.  

Ryo sorrise vittorioso contro le sue labbra. Eccolo, quel fuoco nascosto…allora non l’aveva solo immaginato...  

Quando la carenza di ossigeno li costrinse a separarsi, il breve idillio che avevano appena vissuto era ormai svanito. Erano tornati Kaori Makimura e Ryo Saeba, la normanna e lo scozzese. Erano tornati ad essere nemici.  

Ryo fu il primo a ritrovare la ragione. Vide la ragazza fissarlo,con gli occhi annebbiati dalla passione, le guance e le labbra deliziosamente arrossate. In quel momento gli sembrò la donna più bella che avesse mai visto. Nel suo sguardo lesse senso di colpa, desiderio e vulnerabilità. Poi anche lei si riscosse e distolse lo sguardo. Il gelo era tornato nei suoi grandi occhi nocciola.  

“È inutile che ti intestardisci. Fuori fa molto freddo e il mio mantello è di pelliccia. Terrà caldi entrambi.”, disse Ryo come se niente fosse successo. Kaori non rispose. Era imbarazzata e umiliata. I suoi occhi si riempirono di lacrime, ma si rifiutò di versarle davanti a lui. Non voleva che lui si accorgesse di quanto quel bacio l’aveva sconvolta. Senza nemmeno guardarlo in faccia, si stese sulla pelliccia,dandogli le spalle. Dopo un po’ lui fece altrettanto e,sentendolo troppo vicino, Kaori si mise di fianco, cercando di mettere ancora più distanza tra il suo corpo traditore e quello di lui. Non si fidava più delle sue reazioni. Come aveva potuto ricambiare con tanta passione il bacio dell’uomo che l’aveva rapita? Pensò al suo fratellone, che sicuramente doveva essere in pensiero per lei,non avendola vista tornare. Poi le venne in mente che a quell’ora lei avrebbe dovuto essere al suo castello, con il suo bel vestito rosso, ad annunciare che avrebbe sposato Lord Mick. Poi lui l’avrebbe baciata di nuovo e, anche se il bacio non le fosse piaciuto, tutti avrebbero applaudito e sarebbero stati contenti.  

Invece si trovava in una grotta buia e umida, il suo vestito era strappato e stropicciato e le sue labbra erano ancora tumide per il bacio di uno scozzese che aveva rapito lei e la sua amica per farle chissà cosa. Ma la cosa peggiore era che quel bacio le era piaciuto.  

Sentendo l’uomo russare accanto a sé, si rilassò un po’ e si voltò a guardarlo. La sua fronte era alta e spaziosa, il suo naso dritto e deciso, le sue labbra erano sottili e formavano una linea dura…ma invece erano così morbide…Kaori urlò interiormente, voltandosi di scatto come se lui avesse potuto intuire i suoi pensieri anche nel sonno. Non doveva più pensare a quello stupido bacio. Cercò di calmarsi e di prendere sonno. Intuiva che i suoi guai erano appena cominciati.  

Ryo l’aveva vista sistemarsi di fianco. Immaginava che quella posizione fosse davvero scomoda, ma lei voleva mettere il maggior spazio possibile tra loro due. Sentendola tesa e nervosa, aveva finto di dormire e aveva cominciato a russare sonoramente. La ragazza non si era accorta di nulla e si era voltata a guardarlo. Aveva sentito il suo sguardo scivolare sulla sua fronte, sul naso e indugiare sulle labbra. Poi lei si era voltata di scatto e lui aveva capito il perché. Sapeva che lei stava pensando ancora al bacio di prima. Lo sapeva perché nemmeno lui riusciva a smettere di pensarci. Si diede mentalmente dello stupido e cercò di riposare un po’. Intuiva che i suoi guai erano appena cominciati.  

Alla fine, la notte fu molto agitata sia per Ryo che per Kaori. Lui si addormentò pensando che non conosceva ancora il nome della ragazza che aveva suscitato in lui sensazioni mai provate prima. Lei si addormentò sentendosi in colpa, perché quel desiderio che non aveva provato quando Mick l’aveva baciata, era esploso dentro di lei baciando l’uomo sbagliato.  

 

CAPITOLO 7  

 

Il giorno dopo Ryo si svegliò all’alba. Aveva dormito poco e male: aveva trascorso la notte conscio di ogni respiro e di ogni minimo movimento della ragazza, desiderandola, ma nello stesso tempo, maledicendo sé stesso per aver avuto la pessima idea di rapirla. Avrebbe dovuto dare ascolto ad Umi. Ma ormai era fatta e non poteva più tornare indietro. Guardò la ragazza accanto a lui. Nel sonno gli si era avvicinata, forse cercando un po’ di calore. Sperando che lei non lo uccidesse quando si fosse svegliata, allungò cauto un braccio e la avvicinò a sé. La ragazza si rannicchiò istintivamente contro di lui, poggiandogli la testa sul braccio e posando una mano sul suo petto, proprio all’altezza del cuore di Ryo, che stava battendo un po’ più forte del normale ora. Ryo decise di non voler sapere il perché. Strinse a sé la ragazza e si godette la sensazione del suo morbido corpo premuto contro il proprio per un po’. Poi si riscosse e,cercando di non svegliarla, si alzò. Umi stava ancora riposando con quella donna fra le braccia. Guardò il suo amico. Non l’aveva mai visto abbracciare una donna in quel modo. Anzi, il suo testone pelato diventava rosso non appena una donna lo guardava con un minimo di interesse. Forse la sua improvvisa audacia era dovuta al fatto che la donna che aveva tra le braccia era incosciente, si disse. Uscì dalla grotta e respirando l’aria frizzante del mattino si stiracchiò. Dormire in una grotta era decisamente scomodo. Erano giorni che non dormiva comodo in un letto. Era stufo di dormire su pavimenti di stalle o in grotte umide. E con un po’ di fortuna non sarebbe nemmeno rimasto solo nel suo morbido letto, stanotte…  

Poco dopo lo raggiunse Umi. I due si guardarono, consci che la situazione era senza ritorno. Non potevano riportare le ragazze da Makimura adesso, altrimenti sarebbero stati assaliti dal suo esercito e uccisi come cani. L’unica soluzione era tenere le ragazze al castello per un po’ e lasciare che le acque si calmassero.Poi le avrebbero accompagnate fino al castello del normanno e le avrebbero lasciate libere di tornarsene a casa. E se Makimura li avesse attaccati…beh, anche Ryo disponeva di un potente esercito, composto da uomini coraggiosi che aspettavano solo l’occasione di confrontarsi in battaglia con gli invasori normanni. Sì, avrebbero fatto così. Nessuno di loro lo confessò all’altro…non l’avrebbero fatto nemmeno sotto tortura, orgogliosi com’erano…ma l’idea di condividere un po’ di tempo con quelle due ragazze era particolarmente gradita ad entrambi.  

 

Kaori riemerse dal sonno lentamente, stirandosi sinuosa come un gatto. Le facevano male tutte le ossa, a causa del pavimento ruvido e dell’umidità della grotta. Eppure…aveva la sensazione di non aver mai dormito bene come quella notte. Aveva perfino sognato che quel rozzo guerriero la prendesse tra le braccia e la stringesse a sé dolcemente per non farle prendere freddo…e questo era un male. Il bacio l’aveva scossa più del previsto. Tra l’altro un gesto così dolce e gentile era altamente improbabile da parte di quel barbaro.  

Si alzò, attenta a non scivolare e si avvicinò a Miki, che non aveva ancora ripreso conoscenza. Il gigante non era più accanto a lei. Anche lei, quando si era svegliata, non aveva trovato lo scozzese accanto a sé. Non che desiderasse vederlo, si affrettò a precisare tra sé e sé.  

“Miki, amica mia, svegliati.” La scosse dolcemente e vide che Miki stava cominciando ad aprire gli occhi con un po’ di fatica. Per un attimo Miki la guardò stranita, poi si ricordò del rapimento, del pugnale che stava per lanciare e della mano dell’uomo che l’aveva fermata. Poi quell’uomo le aveva messo una mano sulla nuca, andando a premere un punto particolarmente sensibile. La pressione, seppur lieve, era bastata a farla dormire fino al giorno dopo. Rabbrividì, pensando a cosa sarebbe successo se lui avesse premuto un po’ più forte. Probabilmente sarebbe morta. Ma lui non l’aveva fatto. Miki era stata abituata fin da piccola a percepire il pericolo. La sua vita non era stata facile, e imparare a difendersi era diventata una questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Eppure da quel gigante non percepiva nessun pericolo. Era grande e grosso, ma l’aveva tenuta stretta tutta la notte per infonderle un po’ di calore. Aveva imparato a sue spese a non fidarsi di nessuno, specialmente degli uomini. Ma sentiva di potersi fidare di quell ’uomo. E poi…arrossì al solo pensarci ma…doveva ammettere con sé stessa che lui la attraeva. Fino ad allora aveva conosciuto uomini frivoli e vuoti, che erano interessati solo al sesso e la cui unica preoccupazione era quella di abbinare il colore della tunica con quello degli stivali, o al massimo addestrarsi per vincere tornei e ottenere così fama e immediato successo con donne altrettanto frivole e civettuole. La cecità del gigante testimoniava invece una vita di sofferenze e di lotte quotidiane, così come era stata la sua stessa vita. Si sentiva in sintonia con quell’uomo, quasi fossero legati da un filo invisibile e fossero destinati ad incontrarsi prima o poi. Beh, ora quel momento era giunto e lei non sapeva bene come comportarsi…  

Miki si riscosse dai suoi pensieri e guardò attentamente Kaori. L’amica aveva qualcosa di diverso, se ne accorse subito. Sembrava più languida nei movimenti, più consapevole della sua femminilità, ma era anche molto spaventata e lesse senso di colpa nei suoi occhi. Che lo scozzese avesse qualcosa a che fare con questa trasformazione? Stava per chiederglielo, quando i due uomini entrarono nella grotta e dissero loro di prepararsi: c’era ancora un pezzo di strada da percorrere prima di raggiungere il castello. Umi salì a cavallo e porse la mano a Miki. Lei lo guardò esitante, poi afferrò con decisione e fiducia la sua mano. Entrambi arrossirono. Kaori e Ryo, che avevano assistito a quella scena, si guardarono e si sorrisero con complicità. Poi, però, lui distolse lo sguardo rapidamente, troppo rapidamente, e Kaori tornò bruscamente alla realtà. Tra lei e quell’uomo non poteva esserci niente. Niente. Era il suo nemico, per Dio! L’aveva rapita e baciata contro la sua volontà. Beh, in realtà lei aveva ricambiato il bacio ma la sua debolezza era dovuta allo spavento. Sì, solo a quello. Lei non lo desiderava. Decise di sfidarlo.  

“Mi fai cavalcare?”, gli chiese guardandolo negli occhi. Lui le sembrò sorpreso. Forse pensava che lei fosse una di quelle ragazze che passavano tutto il giorno a provarsi vestiti e a ricamare. Beh, si sbagliava di grosso e gliel’avrebbe dimostrato.  

“Tu sai cavalcare?”, le chiese. Quanto era prevedibile…  

“Certo. Allora? Posso?” Lui ci pensò per un attimo, probabilmente soppesando i rischi che ciò avrebbe comportato.  

“Va bene. Ma ricorda che ho un pugnale vicino alla mano destra. Fai una mossa sbagliata, e sei morta senza nemmeno accorgertene. Chiaro?”  

Kaori sbuffò. Quell’uomo era odioso. “Chiaro.”  

Salì sulla groppa del cavallo all’amazzone e aspettò che lui montasse dietro di lei. Poi diede un colpo deciso con le redini e il cavallo cominciò a galoppare.  

Dopo un paio di ore, arrivarono al castello di Ryo. L’uomo scese dal cavallo e Kaori fece altrettanto. Poi lei vide un bambino con i capelli e gli occhi neri correre felice verso di loro. Non doveva avere più di sei anni. Si aggrappò alla gamba di Ryo con le sue piccole braccia e gli scoccò un radioso sorriso.  

“Sei tornato, finalmente!”  

Kaori si sentì mancare. Oddio, l’uomo che l’aveva baciata con tanta passione…l’uomo che lei aveva baciato con tanta passione (era inutile continuare a negarlo anche a sé stessa)…quell’uomo…aveva un figlio!!  

 

CAPITOLO 8  

 

“Ciao campione!” Ryo sorrise al bambino.  

 

Era il primo vero sorriso spontaneo che Kaori aveva visto sul viso di quel guerriero. E aveva chiamato “campione” suo figlio…allora in fondo era in grado di provare tenerezza e dolcezza…chissà come sarebbe stato avere figli da lui… Ma che le prendeva? Era impazzita?  

 

Ryo intercettò lo sguardo stranito di Kaori e percepì i pensieri che stavano frullando in quella graziosa testolina. “Non è mio figlio.”  

Lei lo guardò, cercando di non far trasparire il suo sollievo. Anzi, per convincere sia lui che sé stessa sbuffò con sufficienza e disse:”Per quel che m’importa…”  

 

Lui gettò la testa all’indietro e rise. Una vera risata,questa volta. Stava facendo progressi. Kaori restò ferma a guardarlo affascinata, dicendo a sé stessa che odiava quell’uomo, ma non riuscendo nonostante tutto a distogliere lo sguardo dal suo viso disteso nella risata.  

 

Poi si voltò verso il bambino, che la stava guardando incuriosito. Si accovacciò accanto a lui, cercando di ignorare le ginocchia nude dello scozzese e il fatto che sotto quella striscia di plaid non avesse nulla. Beh…non proprio nulla…qualcosa c’era…e sospettava fosse anche qualcosa di piuttosto grosso…oddio,il contatto con quell’uomo l’aveva fatta diventare una pervertita…  

 

Facendo finta di niente sorrise al bambino, gli tese una mano e lui la strinse con le sue dita paffute. Kaori si sentì pervadere da una strana sensazione…una sorta di istinto materno…quanto avrebbe voluto avere dei figli…  

 

“Chi sei?” La voce del bambino la riscosse. “Mi chiamo Kaori. E tu?”  

“Io mi chiamo Seamus. Piacere di conoscerti, Kaori.”  

Ryo guardò la donna accovacciata ai suoi piedi. E così si chiamava Kaori. Interessante. La successiva domanda del bambino lo fece sorridere. Quell’ometto era una vera peste, quando ci si metteva. Indiscreto e diretto come solo i bambini sanno essere, liberi dai vincoli delle buone maniere, delle convenzioni sociali, dell’ipocrisia degli adulti.  

 

“Kaori, tu sei una ragazza molto bella. Sei la fidanzata di Ryo?”  

Kaori sobbalzò a quella domanda, poi arrossì violentemente.  

“La sua…la sua…fidanzata dici? No,certo che no!! Come ti viene in mente una cosa del genere?! Io sono una sua…” lo guardò sprezzante, mentre lui sorrideva sornione… “una sua amica, ecco tutto.”  

 

“Beh, mi piacerebbe che tu diventassi la sua ragazza. Sei molto molto più simpatica di quell’altra gallina.” Si avvicinò a Kaori con fare da cospiratore e le sussurrò all’orecchio: “Quella Yuki è una stupida, sai. Cerca di fare la simpatica con me, ma non ci riesce per niente con il cervellino che ha. Fa la smorfiosa con Ryo e pensa che lui è innamorato di lei…ma non ha capito proprio niente!! Pensa che vuole addirittura farsi sposare da Ryo!! Ma io credo che tu saresti molto più adatta a lui come moglie. E poi potresti diventare la mia mamma, e Ryo il mio papà. Che ne dici? Eh,Kaori?”  

 

Percependo ansia e aspettativa in quei grandi occhi neri, non se la sentì di deluderlo e disilluderlo da subito.  

 

“Forse si potrebbe fare, Seamus. Solo che io e Ryo non ci conosciamo per niente. Dovremmo imparare a conoscerci meglio, prima.” Questo non sarebbe mai accaduto, però, perché avrebbe fatto di tutto per fuggire di lì il prima possibile e tornare a casa sua, da suo fratello.  

 

“Oh, ma Ryo è perfetto,Kaori! Lui è coraggioso e forte, pensa che una volta mi ha salvato da un gruppo di ragazzi più grandi che volevano picchiarmi. Combatte benissimo, dovresti vederlo quando si esercita con la spada! È il più bravo di tutti! E poi mi ha promesso di insegnarmi a usare la spada e l’arco, quando diventerò più grande! Davvero Kaori, Ryo è il marito migliore del mondo per te!”  

 

Sorrise e si commosse un po’, notando l’entusiasmo del bambino. Ryo era una sorta di eroe per lui. Beh, sicuramente il bambino conosceva il Ryo guerriero, ma non il seduttore. Lei invece l’aveva conosciuto a sue spese. Poi le tornò in mente un particolare di ciò che il bambino le aveva detto. Se non si sbagliava, aveva parlato di una certa Yuki. Ma chi era? Forse una delle tante donne di Ryo?  

 

La risposta non tardò ad arrivare, visto che non appena entrarono nel grande e spoglio salone del castello una donna si catapultò tra le braccia di Ryo.  

“Tesoro! Finalmente sei arrivato! Mi sei mancato tanto passerotto!” Gli passò le braccia intorno al collo e incollò le labbra alle sue.  

 

Kaori la osservò disgustata. Passerotto? La donna indossava un vestito aderentissimo, che non lasciava spazio all’immaginazione. Era celeste, con un’ampia scollatura che rivelava più che coprire le sue curve abbondanti. Si voltò, decisa a lasciare quel castello il prima possibile.  

 

Ryo si staccò da Yuki infastidito. Erano stati amanti in passato, una storia senza alcun peso per lui, ma lei stava diventando sempre più invadente. Si era presentata al suo castello senza invito circa un mese prima, e da allora si era stabilita lì. Lui non l’aveva mandata via solo perché gli riscaldava il letto. Era del tutto incapace di fare altro. Non sapeva rammendare i suoi vestiti quando si strappavano, non sapeva cucinare né tanto meno dirigere la cucina, non sapeva nemmeno medicarlo quando si feriva. E in più nell’ultimo periodo faceva riferimenti sempre più frequenti e sempre meno velati ad un matrimonio fra loro due. Nonostante la sua totale inettitudine, era discretamente brava a letto, ma le mancava quel fuoco che aveva rischiato di bruciarlo quando aveva baciato la normanna. Kaori. Si guardò intorno e vide che lei non era più nella stanza. Poi sentì delle urla concitate provenire dal cortile e si precipitò lì. Che le fosse successo qualcosa?  

 

Quello che vide lo disorientò. Non sapeva se ridere o arrabbiarsi. Kaori stava litigando con le guardie. Le stava insultando e gridava loro parolacce che in genere signore del suo rango non avrebbero dovuto nemmeno conoscere. Si avvicinò e si accorse dello sguardo sconcertato delle guardie. Nemmeno loro avevano mai visto una ragazza tanto…scatenata.  

“Signore, la signorina stava cercando di oltrepassare il ponte levatoio per fuggire. Noi l’abbiamo fermata e lei ha cominciato a urlare. Noi non le abbiamo fatto niente, signore!”, assicurò la guardia visibilmente preoccupata. Forse pensava che lei fosse una delle sue amanti e non voleva offenderla in nessun modo temendo la sua furia.  

“Lascia stare, Cormag, avete fatto solo il vostro dovere. Ora me ne occupo io.”  

“Mi scusi se mi permetto signore, ma quella ragazza è una vera furia della natura! Guardi cosa mi ha fatto quando ho cercato di fermarla!”, disse indignato Cormag, mostrandogli dei graffi sul collo. Ryo rimase a fissare quelle strisce rosse, immaginandola mentre graffiava lui sulla schiena al culmine della passione…  

 

Si avvicinò a Kaori e le prese il braccio. Lei si voltò di scatto e Ryo si ritrovò a fissare due occhi che lanciavano lampi.  

“E adesso cosa volete da me?Non eravate impegnato con la vostra amichetta?Bene, tornate a baciarvi e lasciatemi in pace!” Ryo sorrise e piegandosi verso di lei le sussurrò sensuale: “Non essere gelosa, tesoro, nel mio letto ci sarà sempre posto per una virago come te!”  

“Virago? Hai osato chiamare virago una ragazza dolce e indifesa come me?!”  

“Kaori, per quello che ho potuto vedere finora tu sei tutt’altro che indifesa!”  

Per tutta risposta, lei gli diede un calcio nello stinco, facendolo trasalire. “E per vostra informazione, io non dividerò mai e dico mai il letto con voi. Avete capito?”  

Lui rise, sicuro di sé e arrogante come sempre. “Si Kaori,l’hai già detto un’altra volta. Chi cerchi di convincere? Me o… tè stessa?” Poi, soddisfatto per averla zittita e aver avuto l’ultima parola, le sorrise accarezzandole una guancia.  

 

 

Ad una certa distanza, una donna osservava quella scena, rosa dalla gelosia. Come si permetteva quella sgualdrina di provarci con il suo Ryo? Sperava forse di poterlo conquistare? Che illusa, lei era l’unica che avrebbe potuto dividere il letto e la vita con Ryo. E se la normanna fosse diventata un problema, lei avrebbe fatto di tutto per risolverlo. Come diceva sempre suo padre, a mali estremi, estremi rimedi.  

 

CAPITOLO 9  

 

Kaori, Miki, Umi, Ryo,Yuki e Seamus erano seduti intorno alla grande tavola che si trovava al centro del salone. Yuki cercava di provocare Ryo in ogni modo, poggiandogli la mano sul ginocchio nudo, avvicinandosi a lui in modo che il seno prosperoso gli sfiorasse il braccio. Ryo tuttavia non sembrava accorgersene ed era perso nei suoi pensieri.  

 

Miki guardava Umi di sottecchi e distoglieva lo sguardo arrossendo non appena lui percepiva il suo sguardo e si voltava verso di lei. Arrossendo pure lui.  

 

Kaori e Seamus erano impegnati in una fitta conversazione, intervallata da risolini e sguardi complici. Ryo li guardò, e si stupì di quanto quei due andassero d’accordo. Yuki aveva provato per mesi ad ottenere un sorriso da Seamus, ma lui a malapena la salutava. Con Kaori invece…non la conosceva nemmeno da un giorno, e già i due sembravano compagni d’arme di vecchia data.  

 

Le serve cominciarono a portare varie pietanze, che disposero sui taglieri al centro del tavolo. Le ragazze guardarono Kaori e Miki un po’ incuriosite, chiedendosi forse chi fossero quelle due ospiti inattese. Notando lo sguardo delle serve, Kaori e Miki sorrisero.  

Yuki, invece, abbaiava ordini a destra e a manca, cercando di rendersi utile ma creando soltanto un grande scompiglio. La donna, infatti, avanzava richieste confusionarie, di cui poi si dimenticava. Chiese del pane, ma quando la sguattera lo portò a tavola, Yuki cominciò ad urlare sostenendo di aver chiesto del vino. La ragazza, mortificata, si profuse in mille scuse e sembrava sul punto di piangere.  

 

Kaori non poteva sopportare queste umiliazioni gratuite. Fulminò con lo sguardo Yuki e le disse: “Tu avevi detto di volere il pane, non il vino. Questa ragazza non ha nessuna colpa. Che c’è Yuki, l’età comincia a farsi sentire?”  

 

Yuki spalancò la bocca, inorridita. Evidentemente nessuno si era mai permesso di parlarle in quel modo. Bene, si disse Kaori. Era giunto il momento che quella viziata imparasse un po’ di buone maniere. Nel suo castello la servitù era molto rispettata, e nessuno si era mai permesso di trattare le serve in quel modo. Non erano certo ragazze nobili o colte, ma erano pur sempre persone oneste e degne di rispetto.  

 

Yuki non si era ancora ripresa dallo shock, ma lei vide Miki farle l’occhiolino. Anche sul viso di Umi c’era una traccia di sorriso, mentre Seamus stava sghignazzando apertamente. Ma ciò che fece più piacere a Kaori, fu vedere Ryo sorriderle ammirato. Kaori si sentì euforica, anche se cercò di convincersi che quell’euforia era dovuta alla rivincita che si era presa su Yuki, e non al fatto che Ryo avesse approvato.  

 

Improvvisamente Kaori fu assalita da un profondo senso di colpa. Suo fratello era sicuramente preoccupato per lei e la stava cercando da un giorno ormai, mentre lei pensava a sciocchezze come il sorriso estremamente sexy di uno scozzese, che era suo nemico e che per giunta aveva rapito lei e Miki. Che razza di sorella era?  

 

Ryo si accorse che lo sguardo di Kaori era diventato glaciale. Di nuovo. Cosa diavolo stava succedendo nella sua testa? A cosa stava pensando? Perché un attimo prima sorrideva felice e un attimo dopo sembrava essere tornata la principessa di ghiaccio che era all’inizio?  

Kaori lo guardò con decisione. “Potrei parlarti un attimo, per favore?”  

Lui annuì. “In privato”, sottolineò Kaori, notando lo sguardo avido di Yuki.  

 

Ryo si alzò e la precedette lungo una scalinata di marmo. “Dove stiamo andando?”, gli chiese.  

Lui di girò all’improvviso, rischiando di farla cadere. Essendo qualche gradino dietro di lui, lo sguardo di Kaori si trovò fisso sui suoi pettorali scolpiti. Deglutì nervosamente e si affrettò a riportare lo sguardo sul suo viso. Forse non era stata una buona idea, quella di parlare in privato.  

 

“Stiamo andando nel mio studio, Kaori. Stai tranquilla, non ti violenterò sulle scale. E comunque, per tua informazione, non ho mai stuprato una donna. Non mi perdonerei mai uno stupro, nemmeno nei confronti della figlia dell’uomo che ha ucciso mio padre.”  

 

“Che…che cosa hai detto? Mio padre ha ucciso il tuo?”  

Senza rispondere, Ryo continuò a salire le scale. Giunto davanti ad una porta di legno massiccio, la spalancò e le fece cenno di entrare. Poi chiuse la porta dietro di loro.  

 

Kaori si guardò intorno. La stanza era spoglia e rude. C’era una scrivania al centro, dove era posato un librone rilegato di rosso. Probabilmente si trattava del libro dei conti, quello in cui venivano annotate tutte le entrate e le spese del castello. Dietro la scrivania era sistemata una sorta di poltrona, che sembrava essere l’unica comodità in quella stanza austera. Un’ampia finestra illuminava la stanza, e i raggi di luce facevano brillare la lama di un pugnale tempestato di diamanti che era appeso al muro.  

 

Riportando lo sguardo su di lui, vide che si era seduto sull’unica poltrona. Non era per niente un gentiluomo, non le aveva nemmeno offerto di sedersi al posto suo…poi lui posò i piedi sulla scrivania con deliberata lentezza, cosicché il suo plaid salì un po’, rivelando un paio di cosce robuste e muscolose. Kaori deglutì ancora una volta.  

Sapere che la stava deliberatamente provocando e che probabilmente si aspettava che lei gli saltasse addosso come aveva fatto Yuki prima, le diede la forza per distogliere lo sguardo e recuperare la sua freddezza.  

 

“Desideravi?”,le chiese lui con la sua voce profonda e roca. Suo malgrado, Kaori rabbrividì.  

“Cosa hai detto prima riguardo a mio padre?”  

“Come, non lo sai? Forse il paparino riteneva che le tue orecchie fossero troppo delicate per ascoltare certe cose…”  

 

Il tono che usò parlando di suo padre la fece infuriare. “Mio padre era un guerriero onesto e leale. Non avrebbe mai ucciso per il solo piacere di farlo.”  

Ryo strinse i pugni. “Mi dispiace doverti deludere, mia cara, ma il tuo amato papà ha ucciso mio padre a sangue freddo e senza nessun motivo. L’ha trafitto con la spada e l’ha lasciato per terra a morire dissanguato. Cosa mi dici ora? Pensi ancora che tuo padre sia un uomo così giusto come dicevi?”  

 

Kaori non si scompose minimamente. “Io conoscevo mio padre, Ryo. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Tu, piuttosto, conoscevi davvero tuo padre? Saresti disposto a giurare che le cose si siano svolte proprio in questo modo?”  

 

Il suo sguardo penetrante lo fece sentire a disagio. In realtà lui non conosceva suo padre benissimo. Era spesso in guerra, e anche quando era a casa non lo vedeva quasi mai. Però ricordava benissimo il giorno in cui suo padre era morto. L’aveva trovato riverso per terra, in una pozza di sangue. Si era subito reso conto che ormai  

non c’era più niente da fare per lui. Avvicinandosi con timore, aveva visto che suo padre era però ancora vivo. Respirava a fatica e il sangue sgorgava ancora dalla ferita al torace. Poi la mano di Shin Kaibara si era chiusa sulla caviglia del figlio. Si ricordava ancora la sensazione che aveva provato quando quella mano viscida di sangue l’aveva afferrato. Si era chinato e suo padre aveva pronunciato le sue ultime parole, che erano rimaste impresse nella sua mente per anni. “Makimura”. Aveva pronunciato quel nome con un rantolo, ma Ryo aveva capito che si trattava dell’assassino di suo padre. Poi Kaibara gli aveva fatto promettere di vendicarlo. “Promettimi che mi vendicherai Ryo. Promettimelo”. Ricordava ancora le sue parole precise.  

Avrebbe voluto uccidere Makimura personalmente, ma purtroppo il vecchio era morto qualche mese prima, privandolo di quella soddisfazione. Allora aveva pianificato il rapimento di sua figlia, la donna che ora aveva di fronte e che inizialmente aveva intenzione di uccidere. Ma non aveva previsto che quella donna si sarebbe rivelata così tenace e combattiva. Forse non era necessario ucciderla, pensò Ryo.  

 

“Oh, ti svegli? Ti ho chiesto cosa hai intenzione di fare a me e a Miki. È chiaro che ci hai rapite per vendetta. Ma adesso? Cosa prevede il tuo accurato piano?”  

 

Evidentemente il suo piano non era così accurato come pensava Kaori, perché Ryo non aveva una risposta a quella domanda. Non ancora, almeno.  

“Cosa ne farò di voi sono affari miei. Per ora rimarrete qui finchè lo decido io. Poi vedremo”.  

 

Kaori sorrise dolcemente, rischiando di fargli venire un infarto. “Si vede che non mi conosci, perché altrimenti sapresti che non rimarrò qui ad aspettare che tu decida cosa farne di me. Scapperò,prima o poi, mio caro Ryo. Potrai controllarmi tutto il giorno,se vuoi, ma stanotte stessa cercherò di fuggire.”  

Anche le labbra di Ryo si incurvarono in un sorriso, all’apparenza innocente, ma lei sapeva che quel sorriso nascondeva una minaccia.  

 

“Ed è per questo, mia cara Kaori”, disse lui imitando il suo tono di voce, “che tu stanotte dormirai nella mia camera. Con me.”  

 

CAPITOLO 10  

 

“Che cosa? Dormire con te? Ma…ma è semplicemente indecente!!”,urlò Kaori, scandalizzata. “Dovremmo essere sposati per dormire insieme!”  

 

“Vuoi che ti chieda di sposarmi?”, disse lui con un ghigno. Si stava divertendo un mondo.  

 

“Eh? No, certo che no! Che cosa vai a pensare?”.  

Kaori era sempre più rossa e confusa. “Senti Ryo…siamo ragionevoli. Io potrei dormire con Miki. Così tu non dovresti dividere la tua camera con me. Che ne dici?”.  

 

“È davvero gentile da parte tua preoccuparti per me, ma il fatto è che io voglio dividere la mia camera con te. Chiaro adesso?”  

“Ma…ma…potresti dormire con Yuki, e io con Miki”,disse, improvvisamente ispirata. Cercò di ignorare la gelosia suscitata dal pensiero di Ryo e Yuki nello stesso letto.  

 

“Sarebbe così terribile dormire con me, Kaori? E poi…stanotte la tua amica dormirà nella stanza di Umi…avevamo deciso così in modo da potervi sorvegliare meglio…non ti dico le storie che ha fatto Umi quando gli ho detto che doveva dormire con una donna!!Anche se, dopo aver conosciuto Miki, non credo che sia più così contrario…hai notato anche tu lo strano comportamento di quei due, vero?”  

 

Le fece l’occhiolino, e lei sorrise leggermente. Poco prima,mentre erano sole, Miki le aveva detto che Umi era cieco e le aveva confidato di sentire qualcosa di mai provato prima, quando si trovava con lui. Kaori era rimasta a guardarla, affascinata dai suoi occhi sognanti, che sembravano splendere parlando di quel gigante. Che fosse quello l’amore?, si era chiesta. Chissà se lei avrebbe mai sperimentato un’emozione così coinvolgente e travolgente, tale da far perdere la ragione a beneficio dei sensi…  

 

“Allora, Kaori?”. La sua voce la riscosse. Lo guardò interrogativa.  

“Dimmi,vorresti negare alla tua migliore amica una notte con l’uomo dei suoi sogni?” Il tono che lui usò era quasi sprezzante. Evidentemente lui non credeva nell’amore. Forse il suo cuore si era indurito a causa di anni di guerre, combattimenti, sangue, ferite. Forse aveva creato attorno a lui una corazza più resistente di quella che indossava in battaglia, una corazza che avrebbe dovuto proteggerlo dalle delusioni che inevitabilmente derivano dall’amare qualcuno.  

 

Kaori sapeva che rimanere con lui in un ambiente intimo e ristretto come la sua camera da letto sarebbe stato pericoloso per lei…però…poteva davvero negare a Miki un po’ di felicità? Il loro destino in mano a quello scozzese era alquanto incerto, e Miki meritava davvero pace, tranquillità e amore,anche se solo per una notte, dopo tutto quello che aveva passato nella sua vita.  

 

“D’accordo Ryo. Però se provi soltanto a sfiorarmi…”, lo avvertì minacciosa.  

“In realtà sono più preoccupato per la mia virtù. Potresti saltarmi addosso mentre dormo, salirmi sopra e costringermi a fare l’amore con te. Tu hai fuoco nelle vene, ragazza mia. Potresti perfino violentarmi”, concluse melodrammatico.  

Kaori arrossì. “Idiota”.  

La sua risata la accompagnò mentre apriva la porta e scendeva nuovamente nel salone.  

 

Kaori trascorse il resto della giornata con Miki. La sua amica era davvero felice…non aveva paura di dormire con Umi,lei. Forse perché Umi non pensava solo al sesso, a differenza del suo compagno. Forse perché Umi non avrebbe mai baciato Miki contro la sua volontà…a differenza del suo compagno, che aveva baciato lei contro la sua volontà. E chissà cosa avrebbe potuto farle quella notte.  

 

D’accordo, forse stava diventando un po’ troppo paranoica. Dopotutto lui le aveva detto che non aveva mai stuprato una donna e che non si sarebbe mai perdonato una violenza sessuale. Certo, lui l’aveva detto ma il problema era solo uno. Poteva davvero fidarsi di lui? Poteva fidarsi dell’uomo che le aveva rapite e aveva minacciato di ucciderla? Non le aveva ancora fatto del male, tuttavia. Eppure lei l’aveva sfidato diverse volte.  

 

Decise di fare una passeggiata per schiarirsi le idee. Non vedeva Ryo da quella mattina, quando avevano avuto quella discussione nel suo studio.  

All’improvviso il respiro le si mozzò in gola.  

 

Quanto era bello… stava al centro del cortile,nudo dalla cintola in su. Aveva la spada in mano, e la stava facendo roteare, fendendo l’aria, allenandosi simulando un combattimento. Il sudore aveva ricoperto il suo corpo, che ora scintillava come fosse oliato. I capelli corvini seguivano ogni suo movimento e qualche ciocca ribelle gli cadeva sul viso, oscurandolo e rendendolo ancora più affascinante ai suoi occhi. Le mani le prudevano per la voglia di accarezzare quei muscoli definiti e scostare quel ciuffo di capelli dal suo volto perfetto.  

 

Quello non era un uomo, si disse Kaori. Era un diavolo, mandato sulla terra per tentarla. Ora finalmente capiva contro cosa mettevano in guardia i sacerdoti…quella sorta di desiderio sordo e latente,languido, che solo lui poteva soddisfare,lei lo sapeva ormai…era quella la lussuria? Vergognandosi per quei pensieri davvero poco casti, Kaori fece per andarsene, ma lui si accorse della sua presenza.  

 

“Kaori…”. La sua voce la fermò.  

Si girò lentamente, sentendosi come una bambina che viene scoperta a rubare delle caramelle.  

“Sì?”…oddio, era quella la sua voce?  

“Che ci fai qui? Mi stavi ammirando in tutto il mio splendore?” Sorrise sicuro di sé.  

 

Ripensando al suo corpo da guerriero, sodo, proporzionato e muscoloso, lei si disse che in effetti era proprio quello che stava facendo. Lo stava ammirando… Ma non poteva certo dirglielo! Già era vanitoso ed arrogante così…  

 

“No…io veramente ero qui per parlarti…per parlarti di…una cosa, ecco. Ma non voglio disturbarti mentre ti alleni quindi…tolgo il disturbo!”  

“Beh ormai sei qui…e io ho finito gli esercizi…di cosa volevi parlarmi?”  

“Di…di cosa volevo parlarti? Ecco io…” Cercò freneticamente una scusa nella sua mente, che si rifiutava di collaborare. Non era mai stata brava a raccontare bugie, nemmeno da piccola. Poi vide Seamus, che stava giocando con un cucciolo di cane, e le venne l’ispirazione.  

 

“Volevo parlarti di Seamus. Hai detto che non è tuo figlio. Allora come mai è qui? Dove sono i suoi genitori?” Ryo la guardò. “Ti sei affezionata a quel bambino vero?”  

 

Lei annuì piano. “È impossibile non volergli bene. È così dolce!”  

 

“Seamus era il figlio di uno dei miei soldati migliori, Roben. Purtroppo lui è rimasto ucciso un paio di anni fa, durante una battaglia particolarmente cruenta. E sua madre è stata violentata e uccisa senza pietà. Da un normanno. È stato Seamus a trovare il corpo.”  

Chiuse gli occhi, continuando a parlare con voce bassa e pressante.  

 

“Aveva solo quattro anni, Kaori. È rimasto due giorni accanto al corpo della madre morta. Non riuscivamo a staccarlo da lei. Alla fine ho dovuto stordirlo per portarlo via da quella casa e nonostante tutto continua ad avere incubi. La sua stanza è vicino alla mia e spesso lo sento agitarsi e gemere, la notte. Non mi sono mai perdonato per non essere arrivato in tempo. Capisci perché odio i normanni, Kaori?”  

 

Aprì gli occhi e la fissò, e lei lesse sofferenza e rimorso in quegli occhi profondi. Il suo sguardo si spostò nuovamente su Seamus. Ora capiva il motivo delle parole del bambino, nel salone. Dovevano mancargli terribilmente una mamma e un papà. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Nessun bambino meritava una cosa simile. Quell’uomo non aveva solo violentato e ucciso la madre di Seamus, ma gli aveva anche sottratto l’infanzia, l’innocenza, e lui non avrebbe potuto giocare mai più spensierato e felice come i suoi coetanei, non dopo quello che aveva visto.  

 

Con le lacrime che le colavano sulle guance, Kaori si gettò tra le braccia di Ryo. Sorpreso da quel gesto, lui perse per un attimo l’equilibrio, ma poi la abbracciò stretta.  

 

“Ehi, non ti ho parlato di questo per farti piangere. Dai piccola, basta, non piangere…”  

La sua voce era carezzevole, come le sue mani che le stavano accarezzando i capelli con dolcezza. La tenne stretta ancora un po’, calmandola con lievi carezze sulla schiena. Kaori lo stringeva forte, disperatamente. Il suo corpo era così caldo contro il suo che rimase stretta a lui forse più del dovuto.  

 

Attimi rubati all’ineluttabilità del tempo, che scorre rapido, incurante degli uomini e dei loro effimeri sentimenti.  

 

Kaori guardò Ryo. “Qualsiasi uomo che faccia una cosa del genere, normanno o no, non può essere considerato un essere umano. E nemmeno una bestia. Chiamarlo bestia sarebbe un insulto per gli animali, che a differenza nostra non si uccidono per il puro piacere di farlo ma solo per necessità e istinto.”  

 

Ryo la osservò attentamente. Quella donna era diversa da tutte le altre che aveva conosciuto. Non era avida e cinica come le altre, ma era dolce e sensibile, intelligente, risoluta, testarda, caparbia…speciale.  

 

Erano entrambi consapevoli che qualcosa di fragile e delicato si stava creando fra loro. Una sorta di legame, che prescindeva dalla lingua o dall’appartenenza a una o all’altra fazione. Un legame pericoloso, soprattutto tra una normanna e uno scozzese, un legame al quale entrambi avevano paura di dare un nome.  

 

CAPITOLO 11  

 

La serata passò rapidamente, al castello di Ryo. Forse troppo rapidamente, pensava Kaori. Presto si sarebbe trovata sola con lui nella sua camera da letto, e non era ancora pronta ad affrontarlo. Non dopo quello che era accaduto nel cortile. Vederlo così addolorato per Seamus, così -umano- aveva indebolito ancora di più la sua risoluzione nel combattere quell’uomo. E ciò era pericoloso, perché, anche se era ancora riluttante ad ammetterlo perfino con sé stessa, quello era un uomo di cui lei si sarebbe potuta innamorare.  

 

Dopo la cena, i commensali furono intrattenuti dall’esibizione di alcuni trovatori, che cantarono storie d’amore e di passione. Si era fatto tardi, perciò Umi si alzò e, arrossendo, disse che sarebbe andato a dormire. Miki sapeva che avrebbe dovuto seguirlo, i due ne avevano parlato e lui le aveva assicurato che non l’avrebbe toccata nemmeno con un dito contro la sua volontà. Ma Miki non aveva paura. Si fidava di lui. Perciò si alzò anche lei e seguì Umi nella sua stanza.  

 

La stanza di Umi era esattamente come se l’era aspettata. Spartana e spoglia, senza nessun fronzolo o abbellimento inutile. Era la stanza di un guerriero. In un angolo vi era un braciere e lui smosse la cenere e aggiunse dei rametti per alimentare un piccolo fuoco che li avrebbe tenuti caldi in quella notte di gelo.  

La finestra della camera era molto grande e lei rimase come incantata a fissare la luce della luna che si rifrangeva sui vetri. Sotto la finestra vide uno scrittoio, sul quale era poggiata una spada e il suo pugnale, quello che lui le aveva impedito di lanciare contro Ryo quando aveva rapito Kaori. Accanto alla spada, c’era un piccolo recipiente di terracotta che conteneva una sostanza oleosa, probabilmente grasso animale, per pulire e lucidare la spada.  

 

Addossata ad una parete, Miki vide una branda molto austera, ricoperta da una coperta di pelliccia molto spessa. Accanto alla parete opposta vi era un’altra brandina, un po’ più piccola, che Miki immaginò essere destinata a lei.  

 

Sorrise notando che Umi aveva cercato di mettere il maggior spazio possibile tra loro due, forse per paura di urtare la sua sensibilità o di spaventarla. La sua branda era quella più vicina al braciere; lui non voleva farle prendere freddo, e anche la scorsa notte l’aveva abbracciata nella grotta per tenerla al caldo. Non era cosciente, ma si ricordava della sensazione di calore e di quell’odore buono e maschile che le era rimasto addosso quando si era svegliata. Pensare che lui si preoccupava per lei pur essendo una sconosciuta, e per di più una normanna, la fece commuovere. Mai nessuno si era preso cura di lei nella sua vita, era sempre stata abituata a cavarsela da sola fin da piccola.  

 

Avvicinò la sua brandina a quella di lui. Umi se ne accorse e cercò di fermarla, anche se con scarsa convinzione. “Ma Miki…tu vorrai la tua intimità…pensavo che volessi starmi lontano dopo quello che ti ho fatto…” Sembrava molto imbarazzato e anche un po’ disorientato.  

 

Miki sorrise leggermente. “Voglio stare accanto a te. Come quella notte nella grotta. Nessun uomo mi aveva mai abbracciato in quel modo. Ti va di tenermi stretta anche stanotte? Vuoi Umi?”, gli chiese dolcemente.  

 

Mentre il suo testone pelato fumava, Umi la prese goffamente tra le braccia e annuì. “Se è questo che vuoi Miki…fa molto piacere anche a me starti vicino sai”, aggiunse con una certa difficoltà, dovuta alla timidezza.  

 

Miki cominciò a togliersi il vestito. Non poteva certo dormire tra nastri e crinoline! Percependo i suoi movimenti, Umi voltò la testa di scatto, anche se era superfluo, visto che non avrebbe potuto vederla comunque.  

 

Questo gesto colpì Miki. Nessun uomo si sarebbe mai voltato vedendo una donna spogliarsi davanti ai suoi occhi…ma lui l’aveva fatto, nonostante fosse cieco. Ebbe la conferma che Umi era un uomo dalla grande sensibilità. Si stese sul giaciglio con indosso solo la sottile camicia che indossava sotto il vestito.  

 

Umi si tolse il cinturone e, dopo aver alimentato il fuoco, si stese accanto a lei. Era rigido come un tronco. Miki se ne accorse e con tenerezza cominciò ad accarezzargli il volto. Lui rimase fermo, ma Miki vide che stava cominciando a rilassarsi. I suoi muscoli non erano più così contratti ma stavano cominciando a perdere rigidità. Quando gli toccò la cicatrice agli occhi,però, Umi voltò rapidamente la testa e le diede le spalle.  

 

Con la dolcezza e la pazienza che solo una donna innamorata può avere, Miki gli accarezzò la schiena, tracciando arabeschi privi di significato, per il solo piacere di accarezzarlo. Gradualmente, Umi si rilassò del tutto e si girò nuovamente verso di lei.  

 

Miki sorrise e lo baciò leggermente sulle labbra. Mentre Umi era ancora in stato confusionario, Miki gli chiese come si fosse procurato la ferita. Umi non amava parlarne. Non lo sapeva con precisione nemmeno Ryo. Tuttavia questa donna meritava una risposta, così cominciò a raccontare.  

 

CAPITOLO 12  

 

“È stato tanto tempo fa, durante un combattimento con un esercito normanno. Li avevamo praticamente sconfitti, ma uno di quei bastardi aveva un contenitore pieno di un liquido,un veleno molto potente. L’avevo battuto con la spada, ma non volli ucciderlo. Lo risparmiai, e lui come ringraziamento mi gettò il contenuto della boccetta negli occhi. Fu l’ultima cosa che vidi. Quel liquido scuro che volava contro la mia faccia. Il dolore era così forte che svenni. Successivamente mi dissero che ero stato incosciente per quasi una settimana, in bilico tra questo mondo e l’altro. Per fortuna la guaritrice del villaggio mi applicò un unguento a base di erbe che aveva il potere di vanificare gli effetti devastanti del veleno. Delirai per qualche altro giorno, ma mi salvai la vita. Quando mi svegliai, però, non vedevo niente. Mi sentivo sospeso in una sorta di limbo, sentivo odori,e tante voci, ma non potevo vedere a chi appartenessero. Pensavo che la mia carriera come soldato fosse finita. Come fai a combattere ancora se non riesci a vede l’avversario?, mi chiedevo. La rabbia fu l’unica cosa che mi impedì di impazzire o…di farla finita per sempre. Cominciai ad allenarmi sempre più duramente, affinai gli altri quattro sensi. Ora sono in grado di tenere testa ad un grande guerriero come Ryo, in un combattimento. Saperlo mi fa stare un po’ meglio…almeno non mi sento totalmente inutile.”  

 

La sua voce era incolore mentre parlava. L’ultima frase però grondava amarezza. Ogni sua parola aveva colpito Miki nel profondo. La vita di quell’uomo era stata ancora più difficile di quanto avesse pensato. Si strinse a lui, cercando di infondergli tutto l’amore che provava in quel momento. Voleva fargli sapere che lei lo capiva.  

Però lui interpretò male quel gesto. La scostò da sé. “Non voglio la tua pietà.”  

Miki non si fece scoraggiare dal suo tono scontroso. Sapeva quanto dovesse essergli costato rivivere quei momenti, anche se solo nella memoria.  

 

“La mia non è pietà, ma comprensione. Io ti capisco Umi. Nemmeno la mia vita è stata facile. Non ti sei chiesto come mai una semplice ancella avesse e sapesse usare un pugnale come quello?”, gli chiese, facendo un cenno in direzione dello scrittoio, dove la lama del pugnale scintillava al fioco bagliore del fuoco.  

 

Effettivamente lui se l’era chiesto, ma non aveva fatto domande. Aveva intuito che quella ragazza aveva un passato doloroso, e sapeva bene quanto fosse difficile a volte ricordare. Lei non aspettò la sua risposta. Aveva uno sguardo distante e Umi capì che la sua mente non era più ancorata al suo corpo, ma stava intraprendendo un viaggio travagliato tra i meandri di ricordi monocolori.  

 

“I miei genitori sono morti quando io ero molto piccola, a causa di una terribile epidemia che aveva colpito il mio villaggio. Avevo solo dieci anni, e nessuno su cui contare. Il mio personale cimitero era così pieno di croci che non ricordavo nemmeno più i visi di tutti i miei parenti morti. Cominciai a rubare per mangiare qualcosa, ma un giorno feci un errore che avrei pagato molto caro. Cercai di intrufolarmi nel castello di signore tanto ricco quanto malvagio. I suoi soldati mi scoprirono. Mi tenne nelle prigioni del castello per due giorni, senza cibo né acqua. Era un sadico bastardo. Adorava vedere le persone soffrire. Quando mi rifiutai di chiedergli scusa, mi picchiò selvaggiamente e tentò di violentarmi. Però fece male i suoi calcoli: ero diventata molto brava nel sottrarre le cose alle persone senza che se accorgessero. Gli tolsi il pugnale che aveva attaccato alla cintura e lo…lo uccisi.”  

 

La sua voce si affievolì. Umi la abbracciò a sua volta, desiderando assorbire parte del dolore che lei stava provando in quel momento. “Quanti anni avevi?” Lei lo guardò negli occhi.  

“Sedici.”  

“Dio santo.” Umi bestemmiò,poi chiuse gli occhi e rimase perfettamente immobile. Lei continuò con il suo racconto, anche se lui non era sicuro di voler sentire altro. Ma non la interruppe.  

 

“Poi scappai. Ovviamente i suoi soldati mi cercarono dappertutto, e uno di loro mi trovò. Vedendomi così spaventata, si intenerì. Non era tanto più grande di me. Io pensavo di essermi innamorata di lui, così quando mi chiese di fuggire con lui accettai. Cercò di convincermi a fare l’amore con lui, ma io non volevo. Mi sentivo ancora troppo piccola. Allora si spazientì e anche lui cercò da abusare di me. Ma io lottai e lui minacciò di uccidermi. Fui costretta a fuggire e nascondermi ancora e per fortuna mi imbattei in Kaori e suo padre. Io e Kaori diventammo subito amiche, così Makimura decise di tenermi con loro e io diventai la cameriera personale di Kaori. Da allora nessuno ha più cercato di farmi del male, ma tengo sempre il pugnale con me. È lo stesso con cui ho ucciso quel bastardo.”  

 

Umi sentì il suo corpo tremare, non sapeva se a causa delle lacrime o della rabbia. Probabilmente per entrambi. Rimasero stretti per un po’, senza parlare, godendosi il silenzio di chi non ha bisogno di parole per comunicare. Loro erano molto simili. Avevano sofferto e in qualche modo avevano trovato la forza per lottare con le unghie e con i denti contro un destino troppo inclemente. Si erano a lungo cercati, e ora finalmente si erano trovati.  

 

La voce di Umi interruppe quel silenzio carico di promesse e aspettative.  

“Sai, non sento quasi mai la necessità della vista. Ho imparato a farne a meno. Ma ci sono occasioni in cui darei la mia vita per poter vedere. Adesso darei la mia vita per poter vedere anche solo per un attimo il tuo viso.”  

 

Una lacrima bagnò la gota arrossata di Miki.  

“Non si vede solo con gli occhi, Umi.” Per dare più rilievo a quelle parole, prese le sua grandi mani callose tra le sue e le portò al suo viso. Gli permise di accarezzarle gli occhi, le guance, le labbra. Le mani di Umi non avevano più bisogno del suo sostegno, ora, ma si muovevano autonome sul suo viso, sul suo corpo.  

 

Quando raggiunsero il suo seno, Umi si fermò, esitante. Non voleva precipitare le cose, voleva che la loro reciproca conoscenza avvenisse con calma, in modo da potersi deliziare di ogni nuova scoperta. Miki capì il motivo della sua indecisione e gli fu segretamente grata. Non sapeva se era ancora pronta per donarsi completamente a lui. Ma sapeva che avrebbero avuto molto tempo a disposizione per esplorarsi. Lo sapeva non perché prevedesse il futuro, ma perché il suo istinto glielo suggeriva, e lei aveva imparato a fidarsi del suo istinto.  

 

Le mani di Umi la presero per la vita e la avvicinarono ancora di più al suo corpo. Miki sospirò, contenta. Era felice, rilassata. Si sentiva al sicuro. Si baciarono ancora una volta, con più passione e meno freni di prima. Quando si staccarono, erano entrambi senza fiato. Quel bacio poteva bastare, per quella sera. Ora che quelle due anime erranti si erano finalmente trovate, niente avrebbe più potuto separarle.  

 

Miki si accoccolò contro il corpo solido di Umi, poggiandogli la testa sul petto. Una piacevole sensazione di benessere e di protezione la avvolse. Mentre chiudeva gli occhi e scivolava lentamente nel sonno, si disse che se la faccenda delle anime gemelle era vera, lei aveva appena trovato la sua.  

 

CAPITOLO 13  

 

Kaori era rimasta paralizzata ad osservare Miki che seguiva Umi nella sua stanza, fiduciosa. Sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie e le canzoni dei trovatori che parlavano anche dell’amore carnale la fecero sprofondare in uno stato di ansia e agitazione.  

 

Sentiva su di sé lo sguardo ardente di Ryo e quello gelido e ostile di Yuki. Seamus era già andato a letto,dopotutto era quasi mezzanotte e lui aveva solo cinque anni.  

 

Improvvisamente Ryo si alzò. Il rumore della sua sedia che si trascinava sul pavimento la fece sobbalzare. Poi lui le tese una mano. Capì che era arrivato il momento di seguirlo. Esitante, prese la sua mano, che era calda e ruvida. Yuki li guardava, sentendosi esclusa, rodendosi il fegato dall’invidia.  

 

Prima che Ryo si avviasse verso la sua camera, gli si avvicinò ancheggiando. Lui però non la degnò di uno sguardo. Era completamente perso in quei laghetti color nocciola, gli sembrava di affogare nei suoi occhi così espressivi.  

Yuki gli si incollò addosso e gli sussurrò sensuale all’orecchio: “Allora tesoro, stasera vieni in camera mia? O vengo io in camera tua? Lo facciamo come l’ultima volta…ho visto che ti è particolarmente piaciuta quella posizione…” Tenne la voce bassa, ma non abbastanza. Voleva che la normanna sapesse che Ryo era un suo territorio. E lei non permetteva a nessuno di prendersi ciò che era suo. Soprattutto se si trattava di un fusto come Ryo Saeba.  

Poi Yuki gli girò il viso e lo baciò sulle labbra.  

 

Kaori non sopportò oltre quel siparietto grottesco. Con le lacrime che le pungevano gli occhi si avviò lentamente su per le scale. In realtà avrebbe voluto correre, allontanarsi dai quei due il prima possibile. Il suo orgoglio la fermò. Non l’avrebbe data vinta a quella sgualdrina di Yuki. E non avrebbe dato a quel bastardo di Ryo la soddisfazione di vederla così sconvolta.  

 

Ryo si liberò di quella stretta indesiderata con furia. Anche se lei aveva cercato di nasconderle, aveva visto le lacrime offuscare gli occhi di Kaori. E sapere che era stata colpa sua lo faceva star male, anche se non se ne spiegava il motivo. Però ora non aveva né la voglia né il tempo per psicanalizzarsi.  

 

“Non farlo mai più, hai capito?”, disse furioso a Yuki, senza nemmeno guardarla negli occhi.  

“Perché? Prima ti piaceva. Da quando quella normanna è qui non sei più lo stesso, Ryo.”  

“Ti ho detto di non baciarmi mai più davanti a Kaori.” La guardò, gelido. Ora era davvero alterato.  

“Ma lei è il nemico Ryo! Lei è una normanna…è una puttana!”  

“Che cosa hai detto?”. Gli occhi di Ryo si ridussero a due fessure. “Non permetterti mai più di chiamarla così…mi sono spiegato?”  

Lei annuì umiliata, ribollendo di rabbia. Poi Ryo lasciò perdere Yuki e si precipitò su per le scale.  

 

“Kaori aspetta!!”, gridò. Lei lo sentì -come non avrebbe potuto?l’aveva praticamente urlato- ma non si voltò. Continuò a salire gli scalini con fierezza. Ryo osservò la linea dritta e fiera della sua schiena. Era una donna orgogliosa quasi quanto lui e la ammirava per questo. Qualsiasi altra donna si sarebbe sciolta in lacrime, ma non lei, non Kaori. La sua Kaori.  

 

Fece gli scalini a quattro a quattro e la raggiunse in brevissimo tempo. La prese per un polso e la costrinse a girarsi verso di sé. Ciò che vide gli strinse il cuore. Stava piangendo. Lei chinò il capo e strattonò il polso per liberarsi.  

 

“Lasciami. Torna da lei. Io starò benissimo stanotte anche senza di te. Anzi, starò meglio senza di te.”  

Lui sorrise. Sembrava una bambina imbronciata. Stava per abbracciarla e portarla in camera sua, anche di peso se fosse stato necessario, quando sentì un urlo provenire dalla sua camera.  

 

Che diavolo era successo? Anche Kaori l’aveva sentito e si immobilizzò, le lacrime che le scendevano ancora lungo le guance, il polso sottile ancora stretto nella sua mano robusta.  

Poi Ryo capì. L’urlo non proveniva dalla sua camera ma…da quella attigua.  

 

“Seamus.” Il suo fu solo un sussurro, ma lei lo udì comunque. Preoccupata per il bambino, seguì Ryo. Lui correva, e lei riusciva a stento a stargli dietro. Arrivarono davanti ad una porta, su cui Kaori vide un bigliettino. Sulla carta giallastra, una mano infantile aveva scritto “Stanza di Seamus”.  

Ryo spalancò la porta, impreparato alla scena che aveva davanti.  

 

Seamus era seduto sul letto, così pallido che sembrava a malapena vivo, e aveva gli occhi sbarrati. Poi si girò di lato con uno scatto, si sporse dal letto e vomitò. Aveva avuto un altro dei suoi terribili incubi.  

 

Kaori si avvicinò al letto e lo chiamò dolcemente per nome. Il bambino sembrava non sentirla, perso nel labirinto dei suoi incubi. Allora la donna si sedette sul letto accanto a lui e lo abbracciò. Seamus sembrò riprendersi, abbracciò Kaori a sua volta e cominciò a singhiozzare con la testa premuta contro il suo seno.  

 

Ryo osservava quella scena in silenzio. Voleva rendersi utile in qualche modo, ma non sapeva cosa fare. Chiamò una delle sguattere affinché pulisse il pavimento. Quando la ragazza uscì dalla stanza, Seamus non stava più piangendo ma rimaneva ancorato a Kaori come se lei fosse la sua ultima possibilità di salvezza.  

 

“Hai avuto un incubo?” La voce di Kaori era dolcissima, carezzevole, calmante. Ryo desiderò averla avuta accanto a sè tutte le volte che anche lui aveva avuto incubi popolati da uomini che lui aveva ucciso in battaglia. Lei sicuramente avrebbe saputo come calmarlo.  

 

Seamus annuì lentamente. “Ho sognato mia madre. Sai, lei è morta quando ero piccolo.” Si strinse nelle spalle. Aveva un’espressione talmente mesta sul suo viso pallido che Kaori non resistette e lo abbracciò di nuovo.  

“Potrei rimanere un po’ qui e raccontarti una storia. Che ne dici Seamus?”  

 

Il viso del bambino si illuminò. “Dici davvero Kaori? E può rimanere qui anche Ryo, vero?”  

“Certo…se non è impegnato con Yuki…” Lo guardò torva. Ryo sorrise. Era segretamente compiaciuto della sua gelosia. “A vostra disposizione, Madame.”  

Ryo si avvicinò al letto e si sdraiò vicino a Seamus, con le braccia incrociate dietro la testa.  

 

Kaori lo guardò disorientata. Cosa gli prendeva?  

 

“Dai Kaori, raccontaci una storia. Altrimenti il piccolo Ryo e il piccolo Seamus non riescono ad addormentarsi”.  

“Ehi Ryo!”, protestò Seamus. “Non sono piccolo, io!”  

“E invece sì.”  

“E invece no.”  

“Si si si.”  

“Nooooo ti dico. Uffa Kaori, Ryo fa il cattivo con me!”  

 

Kaori si batté una mano sulla fronte.  

“Ok bambini, questa storia la volete sentire si o no?”  

“Si, Kaori!”, risposero i due all’unisono. Kaori sospirò.  

“D’accordo. Allora dove fare i bravi e non dovete litigare fra voi. Altrimenti niente storia. Chiaro?”  

I due le rivolsero il saluto militare e Kaori alzò gli occhi al cielo.  

 

“Allora…c’era una volta una bellissima ragazza che si chiamava Biancaneve. I suoi capelli erano neri come l’ebano e…che c’è?”  

 

Seamus e Ryo stavano facendo finta di vomitare. “Biancaneve??? Ma Kaori, Biancaneve è una storia per femmine. Io voglio sentire una storia di mostri. Una storia per uomini.” A parlare era stato Seamus.  

“Ma Seamus, si dà il caso che io sia una femmina , perciò queste sono le uniche storie che conosco.”  

“Uffa. Ehi, ci sono! Ryo,potresti raccontarmela tu una storia! Con tutte le battaglie che hai fatto, avrai pur incontrato qualche mostro!!”  

 

Kaori rincarò la dose, per vendicarsi di prima. “Certo Ryo, dopotutto tu sei un uomo no?”  

“Oh, certo che lo sono, piccola. E te ne accorgerai presto”, le sussurrò, in modo che Seamus non sentisse. C’erano un milione di promesse in quel sussurro. Kaori diventò bordeaux e si augurò che Seamus non si fosse accorto di niente.  

 

Ryo si mise a sedere sul letto.  

“Allora…devi sapere, Seamus, che proprio l’altro giorno ho combattuto contro un terribile mostro. Era enorme, alto più di cinque metri, con enormi squame verdi su tutto il corpo. Questo mostro terribile si cibava di uomini…li inghiottiva interi e li faceva crescere nel suo stomaco…e poi li fagocitava lentamente.”  

“Cosa vuol dire fagocitava ?”  

“Vuol dire che li assimilava lentamente, perché li scioglieva a poco a poco con i suoi succhi gastrici e quei poveri uomini morivano in preda ad atroci agonie.”  

“Ma poi tu l’hai sconfitto, vero Ryo? Perché tu sei imbattibile, sei più forte di tutti i mostri!”  

“Beh modestamente…non è stato difficile. Voleva mangiare anche me, ma io sono stato più furbo e gli ho tagliato la testa con la mia spada. La testa ha cominciato a rotolare giù per la valle e il sangue che zampillava bruciava l’erba circostante.”  

 

Seamus era sempre più interessato, mentre Kaori si chiedeva se quei racconti fossero educativi per un bambino di cinque anni.  

 

“E poi è morto?”  

“No. Era ancora vivo. Allora l’ho squarciato in due parti e finalmente l’ho ucciso.” Ryo concluse il suo improbabile racconto, tutto soddisfatto.  

Il bambino era estasiato, e Kaori ebbe la sensazione che la sua ammirazione nei confronti di Ryo fosse cresciuta esponenzialmente.  

 

Poi Kaori vide che Ryo si era avvicinato a Seamus e gli stava sussurrando qualcosa nell’orecchio. Riuscì a captare un “ma questo non dirlo a Kaori”, e poi i due scoppiarono a ridere.  

Piccata perché la stavano escludendo e perché Seamus aveva preferito il racconto di Ryo al suo, Kaori decise di vendicarsi.  

“La tua storia è molto bella, Ryo, peccato che i mostri non esistono.”  

“Certo che esistono!” Ecco che ricominciavano a parlare in coro.  

 

Kaori sospirò. Non sapeva chi fosse più infantile tra i due.  

“Domani sera mi racconti un’altra delle tue storie, Ryo?”  

“Certo. Ti racconterò quella in cui un nano gigante ingoia Biancaneve intera.”  

 

I due risero, mentre Kaori li fulminava con lo sguardo.  

“Se avete smesso di prendermi in giro, è arrivata l’ora di andare a dormire.”  

 

“Ryo, dove dorme Kaori?”, chiese Seamus.  

Lei guardò Ryo, implorandolo con lo sguardo di non dirglielo.  

 

Lui finse di non essersi accorto di niente. “Nella mia camera, Seamus.”  

“Ah.” Il bambino gongolava visibilmente.  

“Bene, ometto, è veramente tardi. Adesso noi andiamo a dormire. Vero Kaori?” Le ammiccò e lei arrossì.  

 

“Seeeee…io non sprecherei la notte a dormire, con una sventola come Kaori nel mio letto.”  

Il commento era giunto inaspettatamente da Seamus.  

“Seamus!!”, gridò Kaori, scandalizzata, con il viso che stava assumendo un delicato color peonia.  

 

Ryo e Seamus sghignazzarono senza un minimo di contegno. Kaori diede un bacio sulla guancia a Seamus, mentre Ryo gli augurò la buona notte con un buffetto affettuoso sotto il mento: sapeva che Seamus si considerava ormai troppo grande per baci della buonanotte o roba del genere.  

 

Poi, mentre Seamus li guardava raggiante, si avviarono insieme verso la camera da letto di Ryo.  

 

CAPITOLO 14  

 

“Sei un brutto esempio per quel bambino innocente. Ha solo cinque anni! Come può sapere certe cose?”  

 

Erano nella camera da letto di Ryo, ora, e Kaori stava facendo di tutto per non guardare l’enorme letto al centro delle stanza. Un momento. C’era solo un letto. Dov’era il suo letto?  

 

“Ryo, dove dovrei dormire io?”, chiese, già spaventata in previsione dell’ovvia risposta.  

“Beh, sul letto…dove vorresti dormire? Per terra forse? Potresti, ma è molto scomodo e freddo”,rispose lui con sguardo angelico.  

 

Come si permetteva? La stava addirittura prendendo in giro!  

“Ma qui c’è un solo letto.”  

“In tal caso, mi sa che saremo costretti a dividerlo.” Stava sorridendo, serafico.  

“Ma Ryo…”, sussurrò. Kaori era atterrita. Come avrebbe fatto a passare un’intera notte nello stesso letto con quell’uomo?  

 

Percependo la sua ansia, Ryo si sentì in dovere di rassicurarla. Non voleva che lei avesse paura. Voleva che lei lo desiderasse quanto lui voleva lei. Era sicuro che il bacio nella grotta fosse piaciuto anche a lei, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Non ci sarebbe stato bisogno della violenza, poteva sedurla e indurla a desiderarlo.  

“Non ti farò niente che tu non voglia, Kaori. Te l’ho già detto, non sono uno stupratore.”  

 

Poi cominciò a togliersi la cintura e Kaori si voltò di scatto. Non intendeva dormire nudo, vero? Glielo chiese.  

Lui rise, poi le rispose che generalmente dormiva nudo.  

“Però stanotte farò un’eccezione alla regola.” Kaori gliene fu grata. Forse non era poi così odioso come aveva pensato all’inizio…  

 

“Cosa hai detto a Seamus nell’orecchio, prima?”  

“Non credo che ti piacerebbe saperlo. Potresti spaventarti”, la provocò.  

“Ryo…”. Lo guardò minacciosa.  

“E va bene, poi non dire che non ti avevo avvisato. Gli ho detto che ho strappato gli occhi a quel mostro, li ho ridotti in poltiglia e li ho spalmati sulle focacce.”  

“Ryo! Ma è disgustoso! Come fanno a piacergli storie del genere?”  

“Beh, Seamus è un uomo , Kaori.”  

 

Lei lo guardò, inarcando le sopracciglia. Sarà che era nata “femmina”, come diceva Seamus, ma certe cose non le capiva proprio.  

Persa nella constatazione che gli uomini di tutte le età erano davvero strani, si accorse in ritardo che qualcosa nello sguardo di Ryo era cambiato. Le stava fissando il seno con insistenza. Sotto quello sguardo insolente, i suoi capezzoli si indurirono e cominciarono a dolerle.  

 

Il respiro di Kaori si stava facendo affannoso, e Ryo vedeva il suo seno alzarsi e abbassarsi più velocemente.  

Si avvicinò a lei, mentre Kaori arretrava fino alla parete.  

 

Ryo le guardò le labbra socchiuse, poi velocemente abbassò la testa e la baciò. Inizialmente Kaori si ribellò, ma poi, come era già accaduto nella grotta, i sensi presero il sopravvento sulla ragione. Si lasciò baciare senza resistere, e quando lui le accarezzò le labbra con la lingua chiedendole l’accesso alla sua bocca, lei la aprì obbediente. Il bacio stava diventando sempre più profondo e appassionato ed entrambi stavano perdendo il controllo rapidamente.  

 

Continuando a baciarla, Ryo fece scivolare una mano sul seno di Kaori, accarezzandolo attraverso la stoffa dell’abito. Lei gemette e si strofinò contro la sua mano, desiderando un contatto più intimo. Lui la accontentò subito, sciogliendo i nastri che trattenevano il corpetto. Libero da quella costrizione, il seno di Kaori fu esposto al suo sguardo bramoso, coperto soltanto dalla leggera camicia. Lui abbassò lentamente le spalline e finalmente accarezzò la sua pelle lattea, beandosi dei suoi sospiri. Le stuzzicò i capezzoli con le dita, mentre la baciava sul collo, provocandole una deliziosa tensione al ventre.  

 

Poi scese con le labbra, andando a lambire dolcemente un capezzolo. Lo assaporò lentamente, a volte accarezzandolo piano, altre succhiandolo forte, mentre lei continuava a gemere.  

 

Il vestito di Kaori era d’impaccio, decise Ryo. Glielo sfilò velocemente dalla testa, mentre lei lo aiutava alzando le braccia, poi le tolse anche la sottile camicia di seta. Ora Kaori era completamente nuda davanti a lui, e Ryo percorse con lo sguardo le sue curve dolci e arrotondate. Cedendo all’impulso di assaporare di nuovo le sue labbra, la baciò nuovamente, e lei rispose al bacio con tutta la passione di cui era capace.  

 

Kaori si sentiva goffa e inesperta, ma agiva istintivamente. Le sue mani gli accarezzarono le spalle ampie, le sue labbra gli baciarono il mento e il collo. Anche lui gemette, e, sentendolo duro e rigido contro la sua coscia, Kaori fu contenta di averlo eccitato nonostante la sua inesperienza.  

 

Una mano di Ryo le accarezzò il ventre, poi scese tra le sue gambe e le stuzzicò un punto particolarmente sensibile, strofinandolo lentamente con il palmo della mano. Lei si inarcò, gemendo il suo nome e Ryo, prendendolo come un permesso, fece scivolare un dito dentro di lei, che era già umida e bagnata, pronta per lui. Le impedì di gridare, baciandola selvaggiamente sulle labbra tumide, intrecciando le sue dita nei corti capelli rossi della donna.  

 

Poi Ryo la spinse verso il letto, facendola cadere distesa sulla soffice coperta, troneggiando su di lei.  

La guardò. Kaori giaceva sul letto, senza fiato e bellissima, con i capelli arruffati ,gli occhi illanguiditi dal desiderio e le labbra gonfie e rosse per i suoi baci.  

 

In quella posizione, sotto di lui, Ryo aveva avuto donne anche più belle di lei. Donne con forme più procaci e di gran lunga più esperte, donne che sapevano bene come usare il loro corpo per dagli piacere. Mentre guardava Kaori, tuttavia, i visi, i nomi e gli attributi fisici delle altre donne persero di importanza, scomparvero dalla sua mente.  

 

Ora aveva Kaori sul suo letto, ed era l’unica donna che desiderava in quel momento.  

Piegandosi su di lei, Ryo la baciò ancora una volta. Si allontanò un attimo da lei, ma Kaori si alzò con lui e gli prese il viso tra le mani in un modo che era al tempo stesso estremamente erotico ma anche innocente. Ryo si sentì come se il mondo si stesse spostando sull’asse.  

 

Si chinò di nuovo sul suo corpo nudo, e le sussurrò all’orecchio: “Finalmente sei mia, Kaori.”  

Poi prese a baciarle e stuzzicarle con la lingua il lobo.  

 

Kaori, tuttavia, si era immobilizzata.  

Aveva sentito le parole di Ryo, che le rimbombavano nella mente. “Finalmente sei mia.”  

 

Mia.  

 

Mia.  

 

Lui voleva solo sottometterla, voleva solo il suo corpo.  

“No!” Ryo vide che Kaori si stava agitando sotto di lui, ma non si fermò.  

“Lasciami, Ryo! Lasciami, ho detto!”  

Lo allontanò bruscamente da sé, mettendosi a sedere sul letto e coprendosi il corpo nudo con la coperta.  

 

Ryo era sconcertato. Che diavolo le era preso? Un attimo prima stava sotto di lui, godendosi i suoi baci e le sue carezze e gemendo di piacere. Adesso gli aveva urlato di lasciarla.  

“Che diavolo è successo?”. Era arrabbiato. Lui la voleva, e lei voleva lui. Dove stava il problema? Cosa aveva turbato la sua mente contorta di normanna?  

 

“Tu vuoi solo il mio corpo. Non provi niente per me.” Lui voleva solo il suo corpo, si ripeté Kaori mentalmente. Nient’altro, solo il suo corpo. Sarebbe stato solo sesso, e lei non voleva questo, specialmente visto che era la sua prima volta. Voleva innanzitutto essere sicura dei sentimenti che aveva cominciato a provare per lui, e inoltre voleva che lui la rispettasse e le volesse bene. Non pretendeva che si innamorasse di lei, ma desiderava un minimo di coinvolgimento emotivo.  

 

“Vuoi che ti dica che ti amo?” Il suo tono era sprezzante. “Sei soltanto una piccola illusa. Qualsiasi uomo che si troverà davanti un corpo come il tuo vorrà soltanto una cosa da te. Ricordalo.”  

Si alzò dal letto, incurante delle sue lacrime.  

 

“Dove vai?”. Doveva chiederglielo, doveva sapere.  

Lui la guardò con un sorriso di scherno. “Vado da Yuki. Almeno lei non si farà tanti problemi a fare l’amore con me. Non sai cosa ti perdi, Kaori.”  

“Lei non si farà problemi a fare sesso con te perché è solo una sgualdrina.”  

“Lei sarà pure una sgualdrina, ma almeno ne è consapevole. Tu credi di essere migliore di lei? Guardati, stai ancora fremendo per le mie carezze. Stavi per concederti a me, all’uomo che dicevi di disprezzare. Ti sei dimostrata davvero molto volubile, mia cara. Ricordi come gemevi un attimo fa? Se ti concedi così facilmente ad un uomo che conosci solo da un giorno, chissà quante volte hai già aperto le gambe ad altri uomini. Fai tanto la pudica, ma sei soltanto una sgualdrina, al pari di Yuki.”  

 

Le sue parole grondavano disprezzo e rabbia. Poi uscì sbattendo la porta così violentemente che Kaori sobbalzò.  

 

Perché le aveva detto quelle cose così terribili? Darle della sgualdrina, paragonarla a Yuki! Lei, che era ancora vergine! E pensare che stava per cedere, per donarsi completamente a lui. Per un attimo aveva creduto di amarlo, ma invece lo odiava. Lo odiava!  

“Mi senti, Ryo Saeba? Ti odio, ti odio, brutto bastardo!”  

 

Le sue parole urlate riecheggiarono nella stanza vuota.  

Le lacrime erano calde e amare sulle sue guance. Kaori indossò la camicia da notte e si infilò sotto alle coperte. Tanto quella notte lui non sarebbe tornato. Sarebbe stato “impegnato” tutta la notte, probabilmente.  

 

Chiuse gli occhi con rabbia, rifiutandosi di stare male al pensiero di Ryo che faceva a Yuki le stesse cose che aveva fatto poco prima a lei. Ma, mentre cercava di convincersi che odiava Ryo, in realtà Kaori sapeva benissimo che non era vero.  

 

CAPITOLO 15  

 

Il giorno dopo Kaori si svegliò con un forte mal di testa. Si guardò allo specchio: il suo volto era ancora segnato dalle lacrime, i suoi occhi in genere così vivaci erano opachi e spenti, le occhiaie violacee accentuavano ancora di più il pallore del suo viso.  

 

Come aveva previsto, Ryo non era tornato quella notte. Molto probabilmente era ancora in camera di Yuki.  

Le veniva da vomitare. Lei sapeva di aver fatto la scelta giusta, la notte prima, anche se le era costata molto. Eppure le parole che lui aveva pronunciato, così crudeli e ingiustificate, le avevano fatto male. Aveva fatto bene a non cedere. A lui non importava niente di lei. Voleva solo il suo corpo e nient’altro.  

 

Dopo essersi vestita, Kaori scese nel salone, lentamente. Si sentiva la testa pesante, probabilmente a causa di tutte le lacrime che aveva pianto. Inutilmente.  

Il salone era deserto. Di Ryo e Yuki non c’era nemmeno l’ombra.  

 

Uscì all’aria aperta, cercando di alleviare il magone che aveva in gola, ma si nascose immediatamente notando due figure abbracciate, sedute sull’erba.  

 

Si trattava di Miki e Umi.  

Kaori osservò la sua amica accarezzare lentamente la guancia dell’uomo, con estrema dolcezza.  

Com’erano belli insieme!  

Umi era arrossito come suo solito, ma ciò non gli aveva impedito di deporre un tenero bacio sulle labbra di Miki.  

 

Sentendosi in fallo, dato che stava praticamente spiando, Kaori si allontanò, cercando di fare il minor rumore possibile.  

Era davvero felice per la sua amica, quel guerriero avrebbe avuto cura di lei, ne era certa. Tuttavia, pensando alla loro dolcezza, Kaori venne sopraffatta nuovamente dalla malinconia e provò un pizzico di invidia. Se ne pentì immediatamente, vergognandosi dei suoi pensieri. Il passato di Miki era stato molto più travagliato del suo, e la sua amica meritava tutta la felicità del mondo.  

 

Rientrò, pensando che forse avrebbe potuto trascorrere un po’ di tempo con Seamus. Magari potevano inventare storie di mostri insieme, così non avrebbero più avuto bisogno delle stupide storie di Ryo.  

Gli occhi tornarono a riempirsi di lacrime. Se le terse rabbiosamente con il dorso della mano, poi si avviò verso la camera di Seamus. Probabilmente il bambino era ancora nella sua stanza.  

 

Aprì la porta lentamente, ed osservò colui che si autodefiniva un “uomo” dormire rannicchiato con il pollice in bocca. Sorrise. Quel bambino era un vero toccasana per lei. Però ora non le era di nessun aiuto, visto che dormiva alla grande, e adesso aveva cominciato addirittura a russare.  

Kaori sospirò. Avrebbe dovuto trascorrere la mattinata da sola. Decise di esplorare un po’ il castello…le sarebbe potuto tornare utile.  

 

Un enorme stanzone in fondo al corridoio attrasse la sua attenzione. Si avviò in quella direzione, spingendo con tutta la sua forza il pesante portone di legno massiccio. Dopo vari tentativi e molte parolacce, finalmente il portone di quercia si spalancò, e lei capì subito che si trattava di una biblioteca.  

Quando entrò nella stanza, infatti, si ritrovò circondata da centinaia di libri.  

 

Alcuni volumi sembravano vecchi di cent’anni, altri erano elegantemente rilegati e chiaramente più nuovi.  

Passò le dita sulle copertine dei volumi, e uno in particolare attrasse la sua attenzione.  

 

Lesse il titolo del libro,“Liber catulliano”. In copertina vi erano disegnate due mani che si intrecciavano, e il sottotitolo diceva: “Carmi sull’amicizia e sull’amore”.  

 

Si sedette a gambe incrociate sul pavimento, dato che non c’erano sedie o poltrone nella stanza, e cominciò a sfogliare il libro.  

Le poesie erano davvero molto belle. Alcune parlavano dell’amore felice, altre dell’amicizia, ma un carme in particolare attrasse la sua attenzione.  

Si intitolava “Odi et amo”.  

Kaori era stata educata in convento per un certo periodo, perciò conosceva un po’ di latino. Il carme era essenziale, composto da pochissime parole, ma ognuna rivelava l’amarezza e il dolore del poeta, a causa di un amore non corrisposto.  

 

“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.  

Nescio, sed fieri sentio et excrucior.”  

 

Kaori tradusse nella sua mente, mentre le lacrime cominciavano a pungerle gli occhi.  

 

“Ti odio e ti amo. Forse mi chiederai come sia possibile.  

Non lo so, ma sento che questo mi accade e mi tormento.”  

 

Le parole erano ormai distorte a causa delle lacrime. Non seppe quanto tempo era rimasta a fissare quelle righe essenziali, testimoni nei secoli dell’irrazionalità dell’amore. Come si poteva odiare una persona, ma al contempo amarla?  

 

Quando Kaori si alzò dal duro pavimento di pietra, le gambe le dolevano, ma un dolore ancora più sordo si stava diramando dentro di lei.  

 

Finalmente aveva capito cosa provava per Ryo. Odio e amore. Odio, certo. Per come l’aveva trattata, per le parole crudeli che le aveva sputato addosso senza che lei le meritasse.  

 

Odio. Ma anche, e soprattutto, amore. Kaori si rese conto che si era innamorata irrimediabilmente di quell’uomo. Per il suo orgoglio, per la sua lealtà nei confronti del padre morto, per il suo coraggio, per la dolcezza e la pazienza che aveva dimostrato solo la sera prima con Seamus.  

 

Ryo era un uomo arrogante, presuntuoso, egocentrico, e diventava perfino odioso, a volte.  

Ma, nonostante questo, lei non poteva fare a meno di amarlo.  

 

CAPITOLO 16  

 

I giorni successivi, Ryo e Kaori si evitarono accuratamente e deliberatamente.  

 

Lui era ancora troppo ferito nell’orgoglio a causa del suo rifiuto. Lei era ancora troppo sconvolta, dopo aver fatto chiarezza tra i suoi sentimenti confusi e contrastanti e aver capito che era innamorata di lui.  

 

Tutti nel castello, perfino le ragazze della servitù, si erano accorti della freddezza e del malumore che serpeggiavano tra i due: Ryo e Kaori non erano mai andati particolarmente d’accordo, ma i loro battibecchi animavano il grande castello. Adesso, invece, c’era una tale indifferenza tra i due che tutti si chiedevano cosa fosse successo per provocare questo cambiamento così palese e radicale…  

 

Miki, invece, era sempre più felice con Umi. Avevano avuto modo di parlare e di conoscersi meglio, scoprendo di avere altre cose in comune. Si intendevano alla meraviglia, e la ragazza era davvero contenta e sorrideva in continuazione.  

 

Negli ultimi giorni, però, Miki aveva visto Kaori davvero giù di morale e sospettava che la causa primaria fosse proprio un certo scozzese orgoglioso e testardo. La sua amica aveva addirittura tentato di fuggire un paio di volte dal castello, per giunta senza dirle niente, ma era stata prontamente fermata dalle guardie di Saeba. Anche se lui era a conoscenza di questi tentativi di fuga, non ne aveva fatto accenno né aveva preso provvedimenti in merito. D’altronde, per fare ciò, avrebbe dovuto parlare con Kaori, cosa che ormai Ryo non faceva da quasi una settimana.  

 

Anche Seamus si era accorto che qualcosa non andava, ed era davvero disperato. Aveva creduto di avere una nuova famiglia, la sera in cui Ryo e Kaori si erano fermati nella sua camera a raccontare storie. Ma adesso, i due che lui aveva ribattezzato nella sua mente “mamma” e “papà”, non si parlavano più. Che avessero litigato?  

 

Seamus aveva la spiacevole sensazione che fosse colpa sua, perché Ryo e Kaori avevano litigato proprio la sera in cui erano venuti nella sua stanza. Tuttavia erano giorni che Seamus ci pensava, ma ancora non era riuscito a capire cosa avesse potuto fare di sbagliato per generare quella incresciosa situazione.  

 

Tra l’altro, Ryo gli aveva promesso di raccontargli la storia del nano gigante che mangiava Biancaneve, ma non l’aveva più fatto. Kaori ogni sera andava nella sua camera e faceva di tutto per narrargli storie cruente di mostri, come piacevano a lui, ma senza Ryo era tutta un’altra cosa.  

 

Per di più Ryo non lo salutava nemmeno più. Aveva uno sguardo strano, che a Seamus faceva quasi paura. I suoi occhi sembravano vuoti e quando gli passava accanto non gli scompigliava più i capelli come aveva sempre fatto. Seamus aveva perfino cominciato ad esercitarsi con una spada di legno, affinché Ryo fosse orgoglioso di lui, ma il guerriero non se n’era nemmeno accorto. Non era quasi mai al castello, durante la mattinata spariva per ore e spesso non pranzava nemmeno con loro. E la notte, Seamus lo sapeva bene, Ryo non dormiva più nella sua stanza, che aveva ceduto a Kaori, anche se lui non ne conosceva il motivo. Avrebbe tanto voluto che le cose si aggiustassero tra loro, ma non sapeva davvero cosa fare per aiutare quei due testoni.  

 

L’unica persona che stava traendo vantaggio dalla situazione era Yuki. Se ne stava tutto il giorno appiccicata a Ryo, e lui non la respingeva più, adesso. Anzi, addirittura la baciava con passione, soprattutto quando la normanna era nei paraggi. Forse voleva farla ingelosire. Nemmeno Yuki conosceva il motivo del distacco e della freddezza di Ryo nei confronti di Kaori, ma d’altronde non le importava più di tanto. La cosa che davvero contava era il fatto che Ryo era tornato ad essere suo. E avrebbe fatto in modo che lo diventasse per sempre.  

 

Dopo quella che Kaori aveva soprannominato, in uno sprazzo di ironia, la “notte del misfatto”, Ryo non era più tornato nella sua stanza. Kaori lo aveva atteso ogni notte, con un misto di trepidazione e paura, e quando si era resa conto che lui non sarebbe più tornato, almeno finchè ci fosse stata lei, Kaori aveva provato un sentimento che si avvicinava molto alla delusione, anche se lei preferiva spacciarlo per sollievo.  

 

Per questo motivo fu molto sorpresa quando, una mattina, di ritorno dalla sua consueta passeggiata, aveva trovato un bigliettino ripiegato, posto sul guanciale, scritto proprio da Ryo.  

Curiosa, aveva aperto il bigliettino con mani un po’ tremanti, sentendosi una stupida adolescente, perché nel suo intimo sperava che Ryo le avesse voluto chiedere scusa per il suo comportamento.  

Il messaggio di Ryo, invece, era ben più formale e freddo:  

 

“Vieni nei sotterranei dopo pranzo. Devo parlarti di una cosa che riguarda Seamus. Ryo”  

 

Kaori cercò di mascherare la delusione anche con sé stessa. Non avrebbe assolutamente fatto ciò che Ryo le aveva chiesto. Come si permetteva di trattarla così? L’aveva sedotta ed insultata, e ora, invece di parlarle di persona, le aveva mandato un volgare bigliettino ripiegato! E poi, perché voleva parlarle proprio nei sotterranei? In quel luogo freddo, umido e buio…le vennero i brividi al solo pensarci. Forse non voleva parlare con lei nella sua camera, dopo quello che era successo tra loro proprio in quel luogo, né nel salone, dove la dolce Yuki avrebbe potuto vederli. Kaori strinse la bocca al ricordo del bacio appassionato che Ryo e quella sgualdrina si erano scambiati diverse volte, proprio mentre lei passava davanti a loro. E non voleva nemmeno immaginare cosa succedesse tra quei due ogni notte da una settimana, ormai.  

 

Tuttavia, rileggendo il breve e conciso messaggio, si disse che se Ryo voleva parlarle dopo giorni passati ad ignorarsi ed evitarsi, evidentemente doveva comunicarle qualcosa di importante. E quel qualcosa riguardava proprio Seamus. Kaori decise che si sarebbe recata a quel tetro appuntamento e, già che c’era, avrebbe spiegato due cosette a Ryo.  

 

Durante il pranzo, Kaori non mangiò quasi nulla.  

Nessuno, tuttavia, si preoccupò più di tanto, perché erano giorni che Kaori spiluccava ed appariva smagrita e pallida. Per quanti sforzi Miki avesse fatto per convincerla a mangiare qualcosa di nutriente, Kaori era stata irremovibile. Sapeva essere davvero testarda quando ci si metteva.  

 

In realtà, l’inappetenza di Kaori non era un segno di affronto e sfida nei confronti del castellano, non oggi almeno. Era agitata e ripensava in continuazione alle parole del bigliettino. C’era qualcosa che non le tornava, o semplicemente era paranoica e troppo ansiosa a causa dell’imminente confronto con Ryo.  

 

Dopo pranzo, comunque, Kaori aspettò che tutti avessero abbandonato la sala e che la servitù avesse finito di rassettare il salone. Poi, con il cuore in gola, si avviò verso la porta che portava ai sotterranei e cominciò a scendere cautamente gli scalini.  

 

Non c’era nemmeno una torcia accesa, e Kaori maledì Ryo per aver scelto un luogo davvero poco romantico per il loro incontro. Nell’aria aleggiava un pungente odore di umidità e di muffa, che la fece tossire ripetutamente e rischiò di sopraffarla. Era quasi arrivata alla fine degli scalini, congratulandosi per sé stessa per essere riuscita a non scivolare, quando la sua caviglia urtò contro qualcosa e improvvisamente Kaori si ritrovò a cadere in avanti nell’oscurità.  

 

Gridò, più per la sorpresa e lo stupore che per lo spavento, mentre la sua testa sbatteva contro il freddo pavimento di pietra. Dopo un attimo di dolore intenso e acuto alla tempia, gli occhi di Kaori si chiusero e il buio attorno a lei diventò assoluto.  

 

CAPITOLO 17  

 

C’era oscurità intorno a lei, intervallata da brevi lampi di luce, quando le palpebre pesanti riuscivano a sollevarsi per poi ricadere come tendine sui suoi occhi.  

 

Palpitanti momenti di consapevolezza si alternavano ad un sonno profondo, ma non riposante. Il dolore cominciò a serpeggiare in lei, lentamente dapprima, diramandosi poi rapidamente alle sue membra rigide e intirizzite. Si girò su un fianco e una nuova pugnalata la trafisse, acuta e rapida. Non era più possibile dormire, adesso.  

 

Con un enorme sforzo aprì gli occhi, poi sbatté le palpebre ripetutamente e si accorse che le finestre erano oscurate e la stanza era immersa nel buio. Ruotò cautamente il collo, prima da un lato, poi dall’altro, ma quando cercò di sollevare il capo dal cuscino, si rese conto che sarebbe stato uno sforzo troppo gravoso per lei.  

 

Si sentiva la gola come carta vetrata, e le labbra erano secche e screpolate. Si passò sopra la lingua per inumidirle, ma le bruciavano lo stesso. Sentiva qualcosa di appiccicaticcio sui suoi capelli. Cercò di vincere il torpore che l’aveva assalita e, facendo ricorso a tutta la sua forza di volontà, alzò il braccio destro e si toccò la tempia, che pulsava e le doleva intensamente. Quando ritirò la mano, si accorse che aveva le dita sporche di sangue e che una crosta di sangue rappreso si era formata sul cranio.  

 

Come si era procurata quella ferita? Cosa le era successo? Ricordava che doveva fare una cosa di importante…ma cosa? Kaori si sforzò di ricordare, ma il dolore era troppo intenso e pulsante e le impediva di concentrarsi come lei avrebbe voluto.  

 

Improvvisamente si accorse di non essere sola. Ryo sedeva su una sedia accanto al letto, con le lunghe gambe muscolose allungate davanti a sé. Stava dormendo, e alla debole luce della candela si accorse delle piccole rughe che aveva intorno agli occhi. Non si era mai soffermata a chiedersi quanti anni potesse avere, ma sicuramente era più grande di lei. Probabilmente era sulla trentina.  

 

I capelli scuri gli ricadevano in ciocche scomposte sulla fronte e la camicia bianca che indossava era macchiata di rosso. Con un attimo di ritardo, Kaori si rese conto che si trattava di sangue, più precisamente del suo sangue. Probabilmente l’aveva presa in braccio, sporcandosi la camicia con il sangue che ancora fuoriusciva dalla ferita sulla sua tempia.  

 

Poi Ryo si mosse e Kaori, quasi per un riflesso incondizionato, chiuse di scatto gli occhi. Non era ancora pronta ad un confronto con lui, non adesso che non era in possesso delle piene facoltà mentali e non era in grado di ragionare lucidamente a causa del dolore. Si sentiva sciocca a comportarsi come una bambina impaurita, ma preferiva far finta di dormire, che affrontare Ryo adesso.  

 

Ryo aprì lentamente gli occhi, si stiracchiò e guardò la donna stesa sul letto. Era molto pallida, profonde occhiaie le solcavano gli occhi e appariva anche smagrita. Si sentiva un bastardo, perché sapeva che la sua debolezza non era dovuta solo alla ferita, ma anche al fatto che non consumava un pasto decente da giorni. E Ryo sapeva benissimo che era solo colpa sua. Probabilmente aveva avuto un capogiro mentre stava scendendo le scale, ed era caduta sbattendo la testa. Tuttavia la signorina Makimura avrebbe dovuto spiegargli un paio di cose, quando si fosse svegliata.  

 

Cercò di non pensare a cosa sarebbe successo se lui non l’avesse trovata. Sarebbe sicuramente morta dissanguata, perché aveva perso tantissimo sangue, anche se la curatrice gli aveva assicurato che le ferite alla testa tendono a sanguinare molto, anche se in realtà sono superficiali.  

 

Ma Ryo si era sentito morire lo stesso, quando aveva visto Kaori riversa per terra, la sua morbida guancia in una pozza di sangue. Il suo cuore si era fermato per un momento, poi aveva cominciato a battere così forte a causa del terrore che l’aveva assalito, che non era riuscito a sentire le pulsazioni della gola di Kaori. Aveva dovuto chiamare Umi per farlo. L’amico, per fortuna, l’aveva rassicurato, dicendogli che il battito c’era ed era anche regolare.  

 

Ryo si vergognava per aver perso la sua lucidità e il suo sangue freddo, ma quella normanna gli faceva uno strano effetto, per quanto lui si ostinasse a negarlo. Desiderava ardentemente torcerle il collo, ma nello stesso tempo voleva proteggerla. Aveva tentato di fuggire più volte i giorni precedenti, ma invece di arrabbiarsi e di punirla, lui aveva provato ammirazione nei suoi confronti, perché quella era davvero una donna degna di rispetto. Ma, nonostante tutto, non le aveva mai rivolto la parola in quei giorni. Anzi, aveva fatto lo stupido con Yuki al solo scopo di far ingelosire e di ferire Kaori. E a giudicare dalle condizioni in cui lei versava adesso, ci era riuscito benissimo, a ferirla. In tutti i sensi.  

 

Il senso di colpa lo dilaniava, ma se lei avesse aperto gli occhi, la sua facciata fredda e imperscrutabile sarebbe tornata al suo posto e lei non si sarebbe accorta del suo turbamento interiore. Ryo era fatto così, il suo cuore si era indurito e gli risultava difficile mostrare le sue emozioni agli altri. Ma forse…forse con lei sarebbe stato diverso….forse lei avrebbe capito e l’avrebbe aiutato ad abbattere la barriera che lui frapponeva tra sé e gli altri….  

 

Ryo prese un panno pulito e lo intinse in una bacinella piena d’acqua. Delicatamente, attento a non farle male, le pulì la ferita sulla fronte e le terse il viso pallido e sudato. Le sembrava così piccola nel suo letto enorme, così indifesa…  

Cedendo all’impulso, decidendo di ignorare l’orgoglio, si chinò e la baciò delicatamente sulla fronte, sulle palpebre, sulle labbra aride e secche. Fintanto che lei era incosciente, poteva lasciarsi andare ai sentimenti che da un po’ di tempo si agitavano nel suo animo.  

 

Kaori sentì quei baci, delicati come il battito d’ali di una farfalla. Il suo cuore prese a battere furiosamente, e sentì che le gote si imporporavano. Sperò che lui non se ne fosse accorto, altrimenti avrebbe scoperto che lei stava solo fingendo di dormire…  

Socchiuse gli occhi quel tanto che bastava per dare un’occhiata in giro e vide che, fortunatamente, Ryo era di spalle, intento a sciacquare il panno sporco di sangue nella bacinella, e non si era accorto del suo rossore.  

 

Kaori decise che era inutile continuare a fingere, altrimenti avrebbe rischiato di essere colta in fallo.  

Si mosse, sperando che lui si accorgesse del suo movimento, e infatti Ryo si girò immediatamente.  

Vide che Kaori si stava stiracchiando, prendendo nuovamente possesso del suo corpo dolorante…che strano però, solo qualche attimo prima era pallidissima, invece adesso le sue guance sembravano così rosee…  

 

Kaori girò la testa verso di lui, e i loro occhi si incrociarono per un lungo istante. Poi lui distolse lo sguardo, e Kaori ebbe la conferma che la sua improvvisa dolcezza di poco prima era dovuta esclusivamente al fatto che lei non era cosciente, o almeno questo era ciò che lui pensava. Però adesso sapeva che Ryo era capace di provare dei sentimenti nei suoi confronti e forse, con il tempo, lui avrebbe imparato a ricambiare il suo amore…  

 

“Come stai?”  

La sua voce la fece sobbalzare. Quanto le era mancata quella voce così calda e roca…in realtà le era mancato tutto di lui.  

Cercò di rispondere, ma con la gola secca le risultò difficile. Riuscì a pronunciare solo una parola:  

“Acqua.”  

Ryo le porse immediatamente un bicchiere colmo di acqua fresca, e lei lo bevve avidamente.  

“Grazie. Comunque sto abbastanza bene, anche se mi fa molto male la testa. Cosa mi è successo?”  

“Non ricordi niente?”  

Kaori scosse la testa, e un lampo di preoccupazione attraversò il volto teso di Ryo.  

“Ti ho trovata sul pavimento dei sotterranei, vicino alla scalinata. Probabilmente hai perso l’equilibrio o forse sei scivolata, sei caduta e hai sbattuto la testa.”  

 

Adesso ricordava…le mancavano solo un paio di scalini quando improvvisamente si era sentita catapultare alla velocità della luce verso il duro pavimento. Ma che ci faceva lei nei sotterranei?  

 

“Mi spieghi cosa diavolo ci facevi nei sotterranei?”  

La domanda di Ryo fece eco ai suoi stessi pensieri. Sentiva che c’era qualcosa di importante, un dettaglio significante che le sfuggiva. C’era un motivo valido perché lei fosse nei sotterranei, lo sapeva, ma non riusciva a ricordarlo, per quanto si sforzasse. Delusa, tornò a guardare Ryo.  

“Non ricordo”.  

 

La sua espressione era mesta e desolata, e Ryo capì che stava facendo di tutto per ricordare e che non si trattava di un trucco. In realtà, quando non l’aveva vista a cena, si era infuriato perché aveva creduto che fosse riuscita a fuggire. Ma sapeva che non l’avrebbe mai fatto senza salutare prima Seamus, e il bambino sembrava essere sinceramente preoccupato quando diceva di non sapere dove fosse la sua beniamina.  

 

L’aveva cercata per tutto il castello, sempre più preoccupato e ansioso. Quando era sceso nei sotterranei, e l’aveva vista riversa a terra, il sollievo per averla finalmente ritrovata si era mescolato al terrore, quando aveva notato la pozza di sangue che si era formata sotto la sua testa.  

 

“La tua amica e Seamus erano davvero molto preoccupati per te, sai.”  

 

“E tu?”  

 

A quella domanda così diretta, Ryo si irrigidì. Kaori se ne accorse e si rimproverò per aver pronunciato a voce alta la domanda che avrebbe dovuto serbare nei suoi pensieri. Ma ormai era fatta, anche se lei non si aspettava una risposta. Ci furono dei secondi di silenzio, poi Ryo parlò.  

 

“Quando ho visto che non accennavi a svegliarti, anche io sono diventato un po’…”  

 

Si interruppe, cercando la parola giusta. Frenetico? Sconvolto? Terrorizzato? Era stato tutte queste cose, ma non voleva che lei lo sapesse, non voleva rendere manifesta la sua debolezza.  

 

“Preoccupato”, disse infine. Sembrava una parola abbastanza innocua.  

Lei annuì, poi gli chiese per quanto tempo fosse rimasta incosciente.  

“Per un giorno e mezzo”, fu la sua laconica risposta.  

 

Improvvisamente la porta si spalancò, e Seamus fece capolino. Quando la vide sveglia, si getto con un gridolino felice tra le braccia di Kaori.  

“Kaori!!! Sei sveglia finalmente!! Non ti dico che paura che ho avuto…eravamo tutti terrorizzati. Ma davvero tutti”, sottolineò, guardando Ryo.  

 

“Beh, tutti tranne quella stupida di Yuki. Ma lei non conta”, concluse soddisfatto.  

Ryo lo guardò con uno sguardo che voleva essere severo, ma non riuscì a nascondere un sorriso.  

 

Poi aiutò Kaori a sedersi sul letto, in modo che potesse poggiare la schiena contro la spalliera. Il contatto con la sua pelle morbida gli fece tornare alla mente ricordi che lo tormentavano notte e giorno. Non gli era mai successa una cosa del genere, con nessuna donna. Che la normanna fosse una strega e avesse gettato un incantesimo su di lui? Ryo si diede dello stupido, ma, guardandola, non potè fare a meno di pensare che anche pallida e dimagrita era la donna più bella e inconsapevolmente sensuale che lui avesse mai visto nella sua vita.  

 

Dopo un po’ anche Miki li raggiunse. Abbracciò l’amica, felice che stesse bene, e la costrinse a mangiare un abbondante pasto, che Kaori divorò senza opporre resistenza.  

 

Perfino Umi, seppur tutto rosso, le diede una pacca sulla schiena che rischiò di farla cadere dal letto.  

Infine andarono tutti via, per permettere a Kaori di riposare un po’ e di riprendere le forze.  

 

Rimasta sola nella sua stanza, Kaori ripensò agli avvenimenti degli ultimi giorni. Era sicura di essere riuscita ad aprire una breccia nel cuore di Ryo. L’aveva capito quando lui le aveva baciato la fronte, le palpebre e le labbra con una dolcezza inaudita.  

 

Non era così freddo e insensibile come poteva apparire.  

 

E lei era decisa a fargli perdere la testa.  

 

CAPITOLO 18  

 

I giorni successivi, i rapporti tra Ryo e Kaori migliorarono notevolmente. Erano tornati a litigare spesso, e questo era un buon segno. I loro litigi, però, non erano più astiosi come prima, ma più giocosi e scherzosi, come se una nuova complicità si fosse creata tra loro.  

 

Ryo aveva costretto Kaori a stare a letto per qualche giorno: il suo mal di testa, infatti, era ancora molto forte e lei non era ancora riuscita a ricordare perché fosse scesa nei sotterranei. Ryo era preoccupato, perché la sua amnesia temporanea poteva significare che la caduta aveva provocato dei danni cerebrali e che la ferita era più grave del previsto.  

 

Kaori, però, aveva riacquistato il suo colorito e aveva messo su un paio di chiletti, che la rendevano ancora più morbida e sensuale agli occhi di Ryo. Era sempre più difficile ignorare l’attrazione che provava verso quella donna, e la situazione era aggravata dal fatto che lei si comportava in maniera molto più dolce e disponibile con lui.  

 

Si erano ritrovati a ridere assieme più di una volta, e questa era una situazione nuova per il guerriero. Era più rilassato adesso, meno scorbutico, ed era tornato ad essere affettuoso con Seamus e distaccato con Yuki.  

 

Ryo non provava il minimo senso di colpa nei suoi confronti. L’aveva usata, questo era vero, ma lei si era fatta usare senza opporre resistenza. Forse continuava a credere che un giorno loro due potessero convolare a nozze, ma ora più che mai Ryo sapeva che non avrebbe mai potuto sposare una donna come Yuki, che non aveva un briciolo di orgoglio e amor proprio e che era insensibile e indegna del suo rispetto.  

 

Kaori invece…beh, Kaori era tutta un’altra cosa…  

 

Si stava riavvicinando a lei anche dal punto di vista fisico… spesso accadeva che “casualmente” le loro mani si sfiorassero, o che lui le toccasse la fronte, ma solo per controllare la ferita, sia chiaro….  

 

Inizialmente Ryo temeva che Kaori volesse evitare qualsiasi contatto fisico tra loro, ma si era dovuto ricredere. Anzi, spesso era lei che cercava la sua vicinanza. Il guerriero non sapeva cosa fosse successo per trasformare Kaori in quel modo, ma era contento di potersi avvicinare a lei o sfiorarla senza che lei si ritraesse infastidita o, peggio ancora, spaventata.  

 

Inutile dire che Seamus era al settimo cielo. I suoi “genitori” erano tornati a parlare assieme, anche se non dormivano nella stessa stanza. Non ancora, almeno.  

Forse in fondo non era stata colpa sua, pensava Seamus, o forse Ryo e Kaori l’avevano perdonato, qualsiasi cosa lui avesse fatto quella sera.  

 

Per di più, una sera lui si trovava in camera di Kaori, le stava dando il bacio della buona notte prima di andare a dormire nella sua stanzetta, quando la porta si era aperta e Ryo aveva chiesto il permesso di entrare.  

 

Ovviamente loro gliel’avevano accordato, e allora Ryo si era seduto accanto a Seamus, sul letto dove Kaori era stesa. Si era finalmente ricordato della promessa, e gli aveva raccontato la storia di un nano gigante chiamato Pappalo, che mangiava chiunque trovasse sulla sua strada. Sfortunatamente, la bella Biancaneve si era trovata a passare per caso davanti al mostro, e non aveva fatto una bella fine…  

 

Tutti e tre insieme avevano riso, poi Seamus aveva dato un bel bacio con schiocco sulla fronte di Kaori e aveva proposto a Ryo di fare lo stesso, giusto per augurarle la buona notte…  

 

Kaori era arrossita, ma non si era tirata indietro, e Ryo, un po’ impacciato, aveva sfiorato velocemente con le labbra la fronte di Kaori, salvo poi arrossire pure lui…  

Che magra figura aveva fatto! Per fortuna Kaori aveva gli occhi chiusi e non si era accorta di niente…ma Seamus aveva visto tutto, e Ryo aveva dovuto promettergli di allenarlo con la spada, per fargli tenere la bocca chiusa…  

 

 

 

La mattina successiva, Ryo portò la colazione a Kaori. La ragazza era già sveglia, e si stava spazzolando i corti capelli rossi. Ryo non credeva che un’azione quotidiana e banale come quella potesse eccitarlo a tal punto…improvvisamente gli sembrò che la stanza si rimpicciolisse attorno a loro, e che facesse davvero un gran caldo. Si slacciò la camicia, che si aprì lasciando intravedere un petto ampio e muscoloso.  

 

A quella vista, Kaori si sentì mancare. Anche lei era tormentata dai ricordi di quella notte, e ricordava perfettamente la sensazione di calore e di protezione che l’aveva invasa quando aveva accarezzato il petto di Ryo…  

La sua temperatura corporea aumentò, e, come succedeva ogni volta che pensava alla fatidica notte, le sue guance si imporporarono.  

 

Ignaro dei pensieri di Kaori, Ryo la vide accaldata e si preoccupò. Fino al giorno prima, la ragazza aveva avuto qualche linea di febbre, ma quella mattina sembrava esserle passata. Che la febbre fosse nuovamente salita?  

 

Si avvicinò a Kaori e si piegò su di lei, poggiandole le labbra sulla fronte per vedere se fosse calda.  

Non sembrava avere la febbre, allora perché era così rossa?  

 

Fece per rialzarsi, ma Kaori, che al gesto di Ryo si era immobilizzata, colse al volo l’opportunità e gli passò le braccia intorno al collo, stringendolo a sé.  

 

Ryo, piacevolmente sorpreso da quel gesto, ricambiò l’abbraccio, sentendosi pericolosamente vicino ad avere un colpo apoplettico.  

Quando poi Kaori, preso il coraggio a due mani, strofinò il naso contro il suo orecchio, il Nostro schizzò letteralmente fuori dalla stanza, da vero eroe. Chiuse la porta e vi si appoggiò contro, cercando di tornare a respirare normalmente.  

 

Quel gesto così spontaneo, dolce ma nello stesso tempo estremamente erotico, lo aveva spiazzato.  

Era eccitato, il suo corpo la voleva e la dimostrazione lampante era il rigonfiamento che si intravedeva sotto il tessuto del plaid.  

 

Ma ciò che aveva terrorizzato Ryo era il fatto che questa volta non si era trattato solo di puro desiderio fisico e carnale. Avrebbe voluto stringerla a sé, proteggerla da ogni pericolo, fare l’amore con lei ogni notte.  

 

Amore.  

 

Che strana parola.  

 

Lui non ne conosceva il significato, sua madre era morta quando lui era ancora piccolo e suo padre, doveva essere sincero con sé stesso, non era stato un buon esempio di amore paterno. Aveva avuto tantissime donne, ma nessuna gli aveva mai provocato un turbamento simile.  

 

Era tutto così complicato. Era più facile credere che si trattasse solo di desiderio fisico, anche se lui sapeva benissimo che non era così. Ma per quanto avrebbe potuto continuare a fingere? Kaori non era come Yuki, non poteva giocare con lei e poi buttarla via.  

 

Era una donna da trattare con i guanti. Improvvisamente si ricordò delle parole crude e violente che le aveva sputato addosso quella sera. L’aveva paragonata a Yuki, quando sapeva benissimo che non c’era confronto tra le due donne. Le aveva dato della sgualdrina, ma lui sapeva che era vergine.  

 

La rabbia l’aveva accecato, facendolo sragionare. Ma adesso avrebbe dovuto chiederle scusa. Lui non aveva mai chiesto scusa a nessuno. A che pro farlo? Dopo che hai sbagliato, anche se chiedi scusa niente torna al suo posto, questo era il ragionamento di Ryo. Ma adesso, con Kaori, lui si sentiva in dovere di farsi perdonare per la sua cattiveria e per il male che le aveva fatto.  

 

Dentro di sé sapeva che Kaori l’aveva già perdonato, aveva capito che quella donna non riusciva a serbare rancore a lungo, sensibile com’era. Ma lui desiderava lo stesso porgerle le sue scuse. Come fare, senza cadere nella banalità e nel romanticismo, che non facevano parte del suo carattere?  

 

Perso nei suoi pensieri, Ryo raggiunse il salone. Non appena lo vide, Seamus gli corse incontro, si aggrappò con le manine al tessuto del plaid e gli chiese se Kaori stesse meglio.  

Kaori stava benissimo, era lui che stava per avere un attacco di cuore, quando lei l’aveva abbracciato…  

Ryo sorrise a Seamus, rassicurandolo e dicendogli che presto Kaori sarebbe completamente guarita.  

 

Non si accorse della presenza di Yuki finchè lei non parlò.  

“Che diavolo è successo alla normanna?”, chiese, con finto disinteresse.  

“È scivolata sulle scale e ha sbattuto la testa sul pavimento.”  

La sgradevole risata di Yuki riempì il salone.  

“Quanto è deficiente! Mi fa davvero pena! Come fai a voler bene ad una donna del genere, Seamus?”  

Accarezzò i capelli scuri del bambino, fingendo dolcezza, ma Seamus le tirò un morso sulla mano, facendola urlare.  

“Kaori sta male, come ti permetti di ridere? Sei solo una cretina!!”  

Seamus non avrebbe permesso a nessuno, né tanto meno a Yuki, di ridere della sua Kaori,.  

 

La donna strinse gli occhi, poi assunse un’aria di superiorità.  

“Cosa posso farci io se quella stupida non è in grado di scendere nei sotterranei senza cadere?”  

 

 

Ryo era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma quell’ultima dichiarazione di Yuki attrasse la sua attenzione. Qualcosa non quadrava. Improvvisamente capì. Strinse gli occhi, cercando di non farsi vincere dalla rabbia. Quando parlò, la sua voce era calma, ma dentro di sé ribolliva.  

“Come fai a sapere che Kaori è caduta mentre scendeva nei sotterranei?”  

 

Yuki impallidì, poi cominciò a balbettare.  

“L’hai…l’hai detto tu poco fa…hai detto tu che è caduta…”  

“Io ho detto che è caduta dalle scale, non ho specificato dove. Il che, Yuki, mi porta a pensare che tu sappia più di quello che dici.”  

 

Yuki non rispose. Era ammutolita, e guardava Ryo con terrore.  

L’uomo la prese per un polso, poi la condusse verso i sotterranei. Doveva verificare una cosa.  

Dopo aver esaminato tutti gli scalini, lo trovò. Era un pezzo di corda spezzato, trattenuto ai lati da due chiodi conficcati nella pietra. Al buio era impossibile accorgersi della sua presenza.  

 

Una furia sorda cominciò a montare dentro di lui.  

Kaori…la sua Kaori…aveva rischiato di morire a causa della donna che ora era accanto a lui.  

 

“Perché l’hai fatto, Yuki? Potevi ucciderla.”  

“Era quello che volevo.” La sua voce era atona, fredda, priva di sentimento. Ryo la lasciò andare. Quella donna lo disgustava.  

“Anche se non ci fosse stata Kaori, tra noi non sarebbe mai successo niente, Yuki. Niente. Mi hai sentito?”  

Avvicinò il suo viso a quello di lei, la trafisse con un’occhiata gelida.  

“Tra noi si è trattato solo ed esclusivamente di sesso. E non è stato nemmeno tanto entusiasmante. Io non ti avrei mai sposata. Nemmeno se fossi stata l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra.”  

 

Lo sguardo di Yuki rimase indifferente, come se non l’avesse nemmeno sentito.  

“È per quella normanna, vero? Quella puttana…ma voglio proprio vedere se la vorrai ancora, dopo che Cormag si sarà divertito un po’ con lei…”  

 

Cormag. La sua guardia. Cosa voleva dire?  

 

“Che diavolo intendi?”  

Yuki rise, in preda ad una crisi isterica. Ryo la scosse violentemente, terrorizzato.  

“Che altro hai combinato, brutta puttana??”  

 

Ormai anche Ryo era fuori di sé dalla preoccupazione. Incapace di sopportare quella risata gelida, lasciò perdere Yuki e corse nel salone. Si precipitò verso la camera da letto di Kaori. Doveva trovarla. Doveva proteggerla a tutti i costi. Se le fosse capitato qualcosa, Ryo sarebbe potuto morire dal dolore.  

 

 

 

PS: era scontato che fosse stata Yuki a mandare il bigliettino, lo so…ma non mi andava di elaborare intrecci misteriosi e complicati…spero che il capitolo sia comunque di vostro gradimento! Un bacione, alla prossima! Fly 87  

 

 

 

 

CAPITOLO 19  

 

Dopo la “fuga” di Ryo, Kaori era rimasta nella camera a crogiolarsi, con un sorriso che le arrivava da un orecchio all’altro. Era davvero felice, finalmente era riuscita a scorgere il lato più umano e sensibile di Ryo.  

 

Era riuscita a capire il motivo della sua apparente freddezza e del suo distacco. Aveva paura, paura di affezionarsi a qualcuno e di essere deluso, paura di lasciarsi andare per poi rimanere ferito.  

 

Probabilmente non aveva ricevuto molte manifestazioni di affetto da piccolo, ed è normale che ciò che non conosciamo ci spaventa. Ma lei gli sarebbe stata vicino, avrebbe vinto a poco a poco le sue resistenze, sarebbe riuscita a fargli ammettere ciò che probabilmente lui non sapeva ancora, e cioè di essere innamorato di lei.  

Soddisfatta, rilassata, contenta, Kaori lentamente scivolò nel sonno, il volto di Ryo ben impresso nella sua mente.  

 

Sognò un bigliettino ripiegato, appoggiato su un cuscino. Il messaggio contenuto nel bigliettino riguardava Seamus, ed era stato scritto da Ryo…  

 

Kaori aprì gli occhi di scatto, emergendo dal sonno agitato in cui era scivolata. Ora finalmente ricordava il particolare che dava senso a tutto il resto, il tassello mancante del puzzle.  

 

Il bigliettino.  

 

Ryo le chiedeva di scendere nei sotterranei, perché doveva parlarle di una cosa riguardante Seamus…ma se Ryo non sapeva niente del bigliettino, evidentemente non l’aveva scritto lui, ma qualcuno che voleva che lei scendesse quelle scale. E probabilmente nemmeno la sua caduta era casuale, ma qualcuno le aveva teso una trappola. Qualcuno che non la voleva al castello, qualcuno che la odiava profondamente. Qualcuno che aveva voluto ucciderla.  

 

Yuki.  

 

Kaori aveva paura, adesso. Quella donna era ossessionata da Ryo, avrebbe fatto di tutto affinché l’uomo fosse suo. E, giudicandola un ostacolo al suo piano di conquista, aveva deciso di eliminarla definitivamente…  

 

Doveva alzarsi, doveva dirlo subito a Ryo. Forse avrebbe potuto fare del male anche a lui…quella donna era pazza, si rese conto Kaori. Amava Ryo in maniera morbosa, e la gelosia l’aveva resa una potenziale assassina…  

 

Raddrizzò velocemente il busto, e questo movimento brusco le causò un violento capogiro. Rimase immobile finchè la stanza non smise di girare attorno a lei, poi cautamente sporse le gambe dal materasso e si alzò.  

 

Non era molto stabile, ma le bastava arrivare alla porta e poi magari mettersi a urlare…qualcuno l’avrebbe sicuramente sentita.  

 

Con le gambe che le tremavano, un po’ per lo sforzo e un po’ per la paura, si avvicinò alla porta. La spalancò e fece per attraversare l’uscio, quando un uomo si parò davanti a lei.  

 

Lo riconobbe subito, si trattava della guardia che aveva cercato di fermarla la prima volta che aveva tentato di fuggire dal castello di Ryo. La guardia che lei aveva graffiato sul collo. Se ricordava bene, si chiamava Cormag.  

 

Era stata una vera fortuna incontrarlo proprio davanti alla sua porta. Freneticamente, si aggrappò al suo braccio, pronunciando parole senza senso, tanta era la paura che succedesse qualcosa a Ryo. Poi si impose di calmarsi…respirò profondamente per due o tre volte…inspirando ed espirando molto lentamente, ad occhi chiusi.  

 

Quando li riaprì, pronta a raccontare tutto alla guardia, si accorse che lui la stava spingendo nuovamente nella sua stanza. Forse Ryo aveva già capito tutto, e le aveva mandato Cormag affinché la proteggesse…  

Kaori si lasciò condurre docilmente nella camera, poi il soldato chiuse la porta dietro di loro. Immediatamente Kaori si accorse del grosso errore di valutazione che aveva fatto.  

 

Lo sguardo lascivo del guerriero si era posato sul suo corpo, coperto esclusivamente dalla camicia.  

Quello sguardo libidinoso e osceno la fece rabbrividire dal disgusto.  

Si allontanò da lui il più possibile, frapponendo l’enorme letto fra lei e il corpo eccitato della guardia.  

 

Doveva parlare, doveva cercare di distrarlo il più possibile. Era inutile gridare, lo capiva benissimo nonostante il terrore. La pesante porta di quercia era chiusa, e rendeva la stanza praticamente insonorizzata.  

“Che cosa volete da me?”, chiese, la voce tremante nonostante tutto.  

 

La guardia rise, e perfino quella risata suonò pericolosamente oscena alle orecchie di Kaori.  

“Lady Yuki mi ha detto che posso divertirmi un po’ con voi. Dopotutto, dovete farvi perdonare per questi”, disse, mostrando i graffi sul collo.  

 

“Se mi fai del male, Ryo ti uccide.” La sua voce era ferma, questa volta. Era fermamente convinta di ciò che diceva.  

 

“Ma se è stato proprio lui a chiedere a Yuki di farmi venire in questa stanza a farti visita! Non sarei mai salito senza il consenso del signore.”  

 

“No Cormag. Ascoltami, Yuki ti ha ingannato. Ryo non sa niente di questa storia, te lo assicuro. Ti prego credimi, ti sto dicendo la verità.”  

 

Il guerriero sorrise.  

 

“Ma guarda un po’, Yuki aveva ragione. Mi aveva avvisato che avresti inventato questa storiella per farmi desistere, ma io non me la bevo dolcezza. Adesso vieni qui.”  

 

Improvvisamente si lanciò addosso a Kaori, trascinandola sul letto. Presa alla sprovvista da quel gesto così rapido e inaspettato, Kaori non potè far altro che gridare.  

 

Intrappolata contro il corpo solido e muscoloso del guerriero, la donna si sentì morire. Non poteva essere vero, non poteva succedere proprio a lei…  

 

Ma l’uomo era inclemente. Le sue mani sudice le strinsero i seni, facendole male, le sue labbra oscenamente umide di saliva le baciarono il collo e le labbra senza dolcezza, spinte solo dalla lussuria.  

 

Kaori sentiva la testa girare, si opponeva con tutte le sue forze ma il guerriero aveva alle spalle anni ed anni di duro allenamento, era troppo forte per lei, stava per soccombere…  

 

Si dimenò più forte, scalciando, piangendo, quando si accorse che un ginocchio dell’uomo si era insinuato tra le sue cosce serrate, tentando di separarle. Nonostante la sua resistenza, l’uomo riuscì nel suo intento. Kaori si accorse che stava armeggiando con la cintura e si stava slacciando il feileadh…  

 

Le lacrime ormai erano incontrollabili…la sua mente ripeteva il nome di Ryo all’infinito, ma lui non c’era, non avrebbe potuto impedire che il peggio accadesse…  

 

La porta della camera si spalancò, sbattendo violentemente contro il muro.  

 

Cormag sobbalzò, mentre guardava l’uomo sulla soglia. Capì di essere finito. Il suo signore aveva lo stesso sguardo che gli aveva visto in battaglia appena prima di uccidere il nemico. E il nemico, in quel momento, era lui. Cormag cominciò a pregare in silenzio un Dio in cui non aveva mai creduto. Poi vide la spada di Ryo alzarsi sopra il suo capo e calare con una velocità sorprendente.  

 

“Ryo!”  

 

L’urlo di Kaori lo fece tornare in sé. Cosa stava facendo? Stava per uccidere un uomo sotto i suoi occhi. La vendetta avrebbe potuto aspettare, ma Kaori no.  

 

Lasciò cadere la spada, precipitandosi verso di lei. Vedendola riversa sul letto, con il collo arrossato e gli occhi pieni di lacrime, la rabbia montò nuovamente in lui. Ma si controllò, comprendendo che Kaori aveva bisogno del suo conforto adesso, non della sua furia cieca.  

 

La abbracciò strettamente, facendole quasi male.  

Lei ricambiò con pari intensità, nascondendo il viso contro il suo collo.  

Restarono stretti così per quella che a loro sembrò un’eternità, senza parlare.  

 

“Ti ha violentata?” Doveva chiederglielo, doveva sapere.  

 

Lei si scostò quanto bastava per guardarlo negli occhi, e in quelle pozze così sincere e brillanti lui lesse la risposta ancor prima che lei la pronunciasse a voce alta.  

 

“No. Sei arrivato giusto in tempo. Tu…tu mi hai salvata, Ryo.”  

 

Sentendola tremare, Ryo la strinse nuovamente e le accarezzò dolcemente la schiena.  

“È tutto finito adesso. Ci sono io qui con te. Nessuno ti farà più del male, te lo prometto.”  

 

“Ryo…” Il suo era solo un sussurro vicino al suo orecchio.  

“Dimmi tesoro…”  

 

Tesoro. Com’era dolce quella parola pronunciata da lui…  

 

“Quel soldato…Cormag…non ucciderlo. Yuki ha raggirato anche lui. Gli ha detto che l’ordine di violentarmi era venuto direttamente da te. Se avesse saputo la verità, non l’avrebbe mai fatto.”  

 

Cormag, che era rimasto immobile a fissare i due, sentì quelle parole. Dopo tutto il male che lui le aveva fatto, quella donna non voleva che morisse…ora capiva come era riuscita a conquistare il suo signore…  

 

Si inginocchiò davanti a Kaori, con la testa china.  

“Vi chiedo perdono, signora. Non merito la vostra clemenza. E non sono più degno di essere un vostro guerriero, signore”, disse, rivolto a Ryo. “Ho tradito la vostra fiducia e non me lo perdonerò mai. Andrò via dal castello oggi stesso.”  

 

“Ti affido un compito ben più importante, Cormag. Assicurati che Yuki stia lontana da questo castello. Voglio che non metta mai più piede qui dentro. Riportala a casa sua, e dì a suo padre di farla curare. Quella donna è pazza. Ah…e riferisci a Lord Green che se dovessi vedere di nuovo sua figlia qui, non esiterò a dichiarare guerra a lui e a tutto il suo clan e non mi darò pace finchè non li avrò sterminati tutti, uno ad uno, fosse l’ultima cosa che faccio su questa terra. Assicurati che afferri il messaggio.”  

 

“Bene signore. Grazie per la sua clemenza. Mi scusi ancora, signora. Con permesso”.  

 

Così dicendo, inchinandosi ancora una volta, il guerriero andò via, lasciandoli soli.  

 

CAPITOLO 20  

 

Rimasero abbracciati per interminabili minuti, godendosi la reciproca vicinanza. Nessuno dei due voleva infrangere quell’atmosfera delicata ed eterea che si era creata intorno a loro.  

 

Le parole erano superflue, inutili.  

 

Ciò che contava era essere insieme. Ryo era stato pericolosamente vicino a perdere Kaori, per ben due volte. Ora voleva solo stringerla tra le sue braccia e sentire il suo morbido corpo contro il suo.  

 

Kaori non era più spaventata adesso. Ryo la stava abbracciando spontaneamente, non sembrava riluttante né infastidito. Il suo slancio di affetto era sincero e lo spavento e la rabbia che aveva visto sul suo viso quando era entrato nella stanza e aveva visto Cormag su di lei non potevano essere simulati.  

 

Ryo fece per ritrarsi, in modo da poterla guardare negli occhi. Doveva assolutamente chiederle scusa per il comportamento tenuto qualche sera prima…  

 

Ma Kaori interpretò male quel gesto, pensando che lui volesse sottrarsi dal suo abbraccio. Lo strinse più forte, impedendogli di allontanarsi dal suo corpo bisognoso di affetto e rassicurazione.  

 

Ryo rise sofficemente, mordicchiandole l’orecchio, mentre lei gli affondava le dita nei capelli.  

 

“Kaori…”, mormorò al suo orecchio.  

 

“Mmh?”  

 

Il suo pigro mugugno lo eccitò, ma doveva assolutamente mantenere il controllo. Per adesso…  

 

“Per quanto riguarda quella sera…”  

 

Il suo respiro le solleticava la pelle, facendola increspare.  

 

“Shhh…è passato ormai. Non importa…”  

 

“Ma devo dirtelo…voglio farlo, davvero. Quella sera io…”  

 

Si interruppe, cercando le parole per andare avanti. Ma era distratto, le mani di Kaori stavano facendo cose magnifiche sul suo collo e sulle sue spalle…  

 

“Ehm …Quella sera io non sono andato da Yuki. Né quella sera, né mai, da quando tu sei qui. Ero furioso per il tuo rifiuto, frustrato perché il mio corpo voleva te. Se fosse stato solo sesso, mi sarebbe andata bene qualsiasi donna. Invece io volevo proprio te, Kaori. Né Yuki né nessun’altra. Solo te. Cosa pensi che significhi tutto questo?”  

 

Lui lo sapeva benissimo, cosa significava, ma non aveva il coraggio di confessarlo ad alta voce. Se l’avesse fatto, la sua capitolazione sarebbe stata definitiva. E lui non era ancora del tutto pronto…  

 

Kaori non rispose. Ryo le stava chiedendo del tempo per abituarsi a quei sentimenti a lui sconosciuti, e lei non aveva fretta.  

 

Gli accarezzò la guancia ispida con le labbra, lasciando una scia di baci infuocati a partire dalla mascella, per poi avvicinarsi con deliberata lentezza alle sue labbra.  

 

Ryo la lasciò fare, godendosi la dolce tortura alla quale Kaori lo stava sottoponendo.  

 

Infine le labbra della donna incontrarono quelle dell’uomo, stuzzicandole con la punta della lingua.  

 

Ryo la prese per i fianchi, mentre Kaori gli circondava il collo con le braccia, rendendo il bacio più profondo.  

 

Le loro lingue si incontrarono, sfiorandosi, intrecciandosi, in un bacio che stava diventando sempre più erotico.  

 

La bocca di Kaori era umida e calda, le sue mani gli accarezzavano la nuca, procurandogli dei brividi lungo tutta la colonna vertebrale.  

 

Ryo piegò la testa di lato, approfondendo il bacio. La testa di Kaori cedette sotto la pressione delle labbra dell’uomo, rovesciandosi all’indietro.  

 

I loro polmoni avevano bisogno di ossigeno, ed era una richiesta che non poteva essere ignorata, nonostante l’unione delle loro labbra fosse stata per entrambi un’esperienza sublime.  

Non era la prima volta che si baciavano, ma una nuova consapevolezza rendeva quel bacio unico…  

 

Le loro labbra si separarono, ma Ryo e Kaori continuarono a scambiarsi piccoli baci a fior di labbra e morsi sensuali ma mai dolorosi.  

 

Le mani di Kaori gli accarezzarono il torace, slacciando i primi bottoni della camicia e insinuandosi al di sotto di essa, smaniose di godersi appieno il contatto con la sua pelle e i suoi muscoli.  

 

E anche Ryo non rimase certo inattivo…fece scivolare le mani aperte sul fondoschiena della donna, deliziosamente arrotondato, spingendo il bacino di lei verso il suo, rendendola consapevole della portata del suo desiderio.  

 

Kaori gemette, tornando a baciarlo con passione sulle labbra.  

 

Si separarono, entrambi con il fiato corto, quando si accorsero che qualcuno stava bussando con insistenza alla porta.  

 

Ryo guardò Kaori, che gli stava fissando le labbra con uno sguardo sognante. Poi lei alzò lo sguardo e gli sorrise, gli occhi brillanti.  

 

“Credo che dovresti aprire la porta.”  

 

“La porta? Quale porta?”  

 

Il seno di Kaori aveva tutta la sua attenzione, adesso…  

 

Kaori gli mise due dita sotto il mento, costringendolo a guardarla negli occhi.  

 

“La porta che è dietro di te, Ryo. C’è qualcuno che sta bussando alla porta.”  

 

“Ah, certo, quella porta. Allora io…ehm…apro la porta, certo, la porta.”  

 

Ryo si diresse un po’ spaesato verso la fantomatica porta, mentre Kaori lo guardava, sorridendo con dolcezza e un pizzico di malizia.  

 

Era Cormag. Al guerriero non sfuggirono la camicia aperta di Ryo e i suoi capelli spettinati.  

 

“Mi dispiace se la disturbo, signore…”, disse con un ghigno, mentre Ryo, al colmo dell’imbarazzo, si passava una mano nei capelli per cercare di darsi un contegno.  

 

“È successo qualcosa?”  

 

“Si, signore. Sono venuto per informarla che Lady Yuki è morta.”  

 

CAPITOLO 21  

 

“Cosa? È morta? E come è successo, di grazia?”  

 

Ryo era costernato. Non che la notizia lo sconvolgesse particolarmente, dopo tutto quello che la buonanima di Yuki aveva combinato, ma la sua morte, avvenuta mentre era sua “ospite”, poteva avere gravi risvolti politici.  

 

Lord Green stravedeva per la sua unica figlia, come avrebbe preso la notizia delle sua morte? Quasi sicuramente avrebbe scatenato un pandemonio e avrebbe dichiarato guerra a lui e al suo clan. La situazione si era decisamente rovesciata…  

 

“L’abbiamo trovata nella sua stanza, signore. Si è suicidata utilizzando il cianuro di mercurio.”  

 

Il cianuro di mercurio era un sale che, con la combustione, produceva vapori di mercurio e composti cianidrici che avevano il potere di provocare una gravissima intossicazione a chi li inalava.  

 

Da quello che ricordava, aveva sentito dire che l’intossicazione da cianuro era molto dolorosa…Yuki non si era risparmiata le sofferenze, pur di morire con un colpo di scena , riflettè Ryo.  

 

Egocentrica fino alla morte…  

 

“Fate costruire una bara. Voglio che il corpo di Lady Yuki sia trasportato al più presto al castello di suo padre. E assicuratevi che le finestre della sua camera rimangano aperte per almeno un paio di giorni. Il veleno dovrebbe essersi completamente dissolto nell’aria, ma la prudenza non è mai troppa.”  

 

“Certo, signore, sarà senz’altro fatto. Con il vostro permesso.”  

 

La guardia fece un inchino e si congedò.  

 

Ryo chiuse stancamente la porta. Ora che aveva cominciato ad essere più tranquillo e rilassato grazie a Kaori, ecco che la situazione precipitava…  

 

Perché a lui non era concessa un po’ di pace? Tregua…chiedeva solo questo…  

 

Kaori era rimasta nella stanza, ma aveva sentito tutto.  

 

E così Yuki si era suicidata…da un certo punto di vista le faceva pena, quella donna aveva amato Ryo a modo suo, ma aveva varcato il sottile confine tra amore ed ossessione…  

 

E ne era morta. Pace all’anima sua. Amen. Kaori si fece mentalmente il segno della croce, ma non potè evitarsi di pensare che almeno adesso la donna non avrebbe più fatto del male a nessuno.  

 

Guardando Ryo, però, si accorse che probabilmente ciò non era vero. Dopo aver congedato Cormag, Ryo era rimasto fermo sulla soglia, una mano appoggiata sulla maniglia, l’altra abbandonata lungo il fianco. Aveva le spalle incurvate, il capo chino, e quando si girò a guardarla, la profonda angoscia che gli lesse sul viso le fece salire le lacrime agli occhi.  

 

Cosa era successo? Il suo volto era stanco, le rughe intorno agli occhi più marcate, sembrava invecchiato di dieci anni in un colpo solo.  

 

Aprì le braccia, desiderosa di confortarlo e vedergli nuovamente sul viso quell’espressione scanzonata che amava tanto.  

 

Ryo vide mille emozioni passare sul viso di Kaori. Quella donna non aveva segreti, il suo viso rivelava anche i suoi pensieri più reconditi. Era una donna incapace di mentire, e la sincerità era una delle qualità che Ryo apprezzava maggiormente in una persona.  

 

Kaori gli aveva aperto le braccia. Quel gesto così semplice e spontaneo lo fece quasi piangere. Nessuno l’aveva mai guardato così, con quel misto di amore, preoccupazione, affetto materno.  

 

Era stanco, Ryo. Stanco di combattere battaglie inutili, stanco di doversi macchiare le mani di sangue che è impossibile lavare via. Stanco di troncare vite, stanco di vivere in un mondo dove o uccidi o vieni ucciso.  

 

Per un attimo, con Kaori tra le braccia, aveva creduto di potersi lasciare il passato alle spalle, di poter chiudere il mondo esterno fuori dalla porta della sua stanza. Ma adesso quel mondo, con le sue dure leggi di onore e vendetta, aveva sfondato quella porta, insinuandosi come un malefico alito d’aria tra lui e la donna che aveva di fronte.  

 

Ma lei gli aveva spalancato le braccia, donandogli la possibilità di affogare il dolore nel suo caldo ventre muliebre. Gli stava offrendo tutto di lei, lo capì guardandola.  

 

Sentendosi in colpa per il suo egoismo, Ryo accettò con riconoscenza il conforto che lei gli stava offrendo.  

 

La abbracciò, poi cominciò a baciarla con disperazione, come se fosse l’ultima volta.  

 

I vestiti scivolarono giù lentamente, presto sostituiti dalle loro mani frenetiche.  

 

Si esploravano, curiosi, ma con quel retrogusto amaro che aveva ormai intaccato la gioia di quella scoperta intima e reciproca.  

 

Ryo accarezzò ogni anfratto e ogni centimetro del corpo di Kaori, sentendolo tremare.  

 

L’amore di quella donna era incondizionato, lui se ne rendeva conto, e non era sicuro di meritarlo.  

 

La prese tra le braccia, deponendola delicatamente sul letto.  

 

Coprì il corpo della donna con il suo e lei, sentendolo pronto, aprì le gambe.  

 

Ryo si fermò un attimo, guardandola negli occhi, scrutando il suo viso per rintracciare qualsiasi segno di paura o di insoddisfazione.  

 

Ma nei suoi occhi, sul suo viso, lesse solo tantissima fiducia e un amore talmente onesto che ne fu quasi spaventato.  

 

Lei gli sorrise, accarezzandogli la guancia con una mano.  

 

Quel gesto celava una tenerezza infinita, al di fuori della sua comprensione.  

 

Ryo abbassò la testa, poggiandola sul suo seno. Rimase immobile, mentre lei gli accarezzava i capelli, con un fare materno che lui mai aveva sperimentato.  

 

Perché Kaori era tutto per lui. La sua confidente, la sua amante, la madre che gli era mancata durante l’infanzia. Lei era tutto questo e molto di più.  

 

Depose un bacio sul suo seno, all’altezza del cuore, che sentiva battere più rapidamente.  

 

Poi si sollevò sulle braccia e si insinuò tra le sue cosce socchiuse. La sua apertura era scivolosa e umida, lo accolse senza difficoltà.  

 

Si fermò, sentendo la resistenza della barriera che stava per lacerare, testimonianza inconfutabile della sua innocenza. Lei gli stava offrendo la sua verginità, il suo corpo, si stava accollando la sua angoscia, la sua disperazione, senza chiedere nulla in cambio.  

 

Solo quel sorriso, infinitamente dolce, e quegli occhi fiduciosi, e il bisogno di piangere si fece impellente.  

 

Penetrò lentamente in lei, fermandosi per permetterle di abituarsi a quell’intima invasione.  

 

Fu Kaori a prendere l’iniziativa, sollevando il bacino contro il suo, fidandosi solo del suo istinto, perché la danza dell’amore è antica quanto il mondo e per questo l’istinto conta più dell’esperienza.  

 

Muovendosi sopra di lei, sempre più rapidamente e a fondo, Ryo nascose il volto contro la sua spalla. Lei lo abbracciò, continuando a tenerlo stretto anche quando crollò sopra di lei, appagato, esausto.  

 

La sua mano, che si muoveva tra i suoi capelli, accarezzandogli la testa, aveva il potere di calmarlo.  

 

Lei aveva il potere di calmarlo.  

 

La sua disperazione si era quasi del tutto dissolta, ma adesso Ryo si sentiva colpevole.  

 

Si sentiva come se l’avesse usata.  

 

In realtà non era così. I loro corpi erano impregnati non solo di sudore, ma anche di sentimento, così presente da essere quasi palpabile.  

 

Lui aveva amato quella donna, non solo fisicamente.  

 

L’aveva amata. E la amava ancora. L’avrebbe amata per sempre.  

 

“Scusami.”  

 

Quasi non si accorse di aver pronunciato quella parola ad alta voce.  

 

“E per cosa?”  

 

Kaori era tranquilla, non gli serbava rancore, continuava ad accarezzargli i capelli.  

 

“Non volevo che accadesse così. So quanto sia importante la prima volta per una ragazza. Io…mi dispiace di non essere stato l’amante tenero che tu magari sognavi. Ma voglio che tu sappia che non è stato solo sesso. Non questa volta. Non con te.”  

 

Non rispose, ma Ryo sentì che era emozionata. Felice.  

 

Poi Kaori pronunciò solo due parole, essenziali nella loro semplicità, che sarebbero rimaste per sempre impresse nel cuore e nella mente di Ryo.  

 

“Ti amo.”  

 

CAPITOLO 22  

“Ryo?”  

 

“Si?”  

 

“Mi togli una curiosità?”  

 

“Certo.”  

 

Erano sul letto, avevano invertito le posizioni, e ora Kaori era allungata sul corpo di Ryo, la sua guancia premuta contro il suo petto, una mano di Ryo le accarezzava la schiena nuda, l’altra era intrecciata alla sua. Avevano fatto l’amore due volte quella notte, e ora si stavano godendo l’intimità che segue la passione. Ogni tanto si scambiavano baci e tenere carezze, e Kaori apprezzava particolarmente quei momenti, quando la dolcezza si sostituisce alla passionalità.  

 

“Dove hai dormito le notti scorse?”  

 

Ryo le depose un bacio sui capelli, poi sorrise.  

 

“Nelle stalle, con il mio cavallo. E ho pure dovuto sopportare la visione di Atlantis che si accoppiava con una giumenta, mentre io ardevo dalla voglia di fare l’amore con te!”  

 

La dolce risata di Kaori riempì la stanza, e Ryo si sentì l’uomo più fortunato del mondo.  

 

La vita era stata avara di gioie con lui, e continuava ad esserlo, ma un tesoro ben più grande era racchiuso tra le sue braccia, nel corpo di una normanna dai capelli color del fuoco.  

 

“Io invece ogni notte ti aspettavo sotto alle lenzuola, e quando mi rendevo conto che non saresti venuto, ne rimanevo terribilmente delusa, anche se cercavo di convincermi che non era così.”  

 

“Sono proprio uno stupido…una donna eccezionale mi aspettava nuda sotto le lenzuola, e io mi accontentavo di dormire con il mio cavallo…”  

 

“Lo pensi davvero?”  

 

“Cosa, che sono uno stupido?”  

 

“No, che io sono una donna eccezionale.”  

 

Kaori poggiò i gomiti sul petto di Ryo, sollevando la testa per guardarlo negli occhi.  

 

Si fissarono a lungo, in silenzio.  

 

Poi Ryo la baciò, e fu un bacio appassionato ma allo stesso tempo pieno di dolcezza.  

 

“Certo che lo penso. Tu sei la donna più dolce, pura ed altruista che io abbia mai conosciuto. Seamus ti adora, e io ti…io ti…”  

 

Si interruppe. Perché non riusciva a pronunciare quelle parole? Chiuse gli occhi.  

 

“Ecco, io ti…considero molto importante per me.”  

 

Ryo si maledì per la sua vigliaccheria…Allora era stupido davvero…ovvio che la considerava molto importante, ma doveva spiegarle anche il perché…  

 

Se Kaori era rimasta delusa dalle sue parole, tuttavia, non lo diede a vedere.  

 

Gli prese il viso tra le mani, accarezzando con i pollici le sue labbra.  

 

Ryo ne approfittò per mordicchiarle le dita, facendola rabbrividire d’anticipazione.  

 

Lo torturò con piccoli baci sulla bocca, lievi e giocosi, mentre lui avrebbe voluto approfondire il contatto tra le loro labbra.  

 

All’ennesimo tentativo di Kaori di ritrarsi, Ryo sollevò il capo, le mise una mano dietro la nuca e la attrasse prepotentemente a sé.  

 

Il bacio che ne seguì fu indescrivibile, ne riemersero entrambi senza fiato, ma consapevoli di volere di più.  

 

Kaori si tirò a sedere a cavalcioni sul suo stomaco. Vedendola nuda, fiera come un’amazzone e con quello sguardo innamorato negli occhi, Ryo gemette.  

 

Voleva che fosse sua ancora una volta, fisicamente e spiritualmente.  

 

Una luce birichina brillò negli occhi della donna.  

 

Ryo non sapeva se esserne esaltato o spaventato…  

 

Ma di certo era eccitato.  

 

Kaori aprì le mani e con le palme cominciò ad esercitare carezze circolari sul suo petto. Le sue unghie gli stuzzicarono i muscoli, facendoli contrarre.  

 

Il sangue abbandonò la testa di Ryo per migrare a sud.  

 

Le dita affusolate di Kaori gli grattarono lo stomaco, scendendo più in basso con estrema lentezza.  

 

“Kaori…lo sai che stai giocando ad un gioco pericoloso, vero?”  

 

La sua voce era roca, lo stava facendo impazzire…  

 

“Amore mio…ormai dovresti saperlo che mi piace il rischio…”  

 

“Ah si?”  

 

La guardò con sfida, mentre lei chiudeva la mano attorno alla sua erezione. Ryo sobbalzò, non si aspettava una mossa così ardita da una ragazza timida come Kaori.  

 

La guardò negli occhi, e seppe che la sua audacia derivava esclusivamente dall’amore che lei provava nei suoi confronti. Non sapeva perché, ma ne fu quasi commosso.  

 

Sentendo che stava per perdere il controllo, con un colpo di reni Ryo ribaltò le loro posizioni.  

 

Kaori strillò, colta di sorpresa.  

 

“Vediamo se adesso sei ancora così sicura di te, tesoro…”  

 

Lei sorrise, con un misto di malizia e tenerezza che ogni volta lo stupiva.  

 

Poi sollevò il bacino, permettendo al corpo eccitato di Ryo di affondare nella sua umida femminilità.  

Entrambi gemettero.  

 

Era bellissimo fare l’amore con Kaori, pensava Ryo.  

 

Perdersi in lei, nella sua dolcezza, nel suo amore infinito…  

 

Le sue spinte si fecero sempre più veloci e aritmiche, i loro sospiri di piacere saturarono la stanza.  

 

Raggiunsero l’apice nello stesso istante, i loro corpi si intendevano alla perfezione.  

 

Ryo non aveva mai sperimentato un tale livello di appagamento.  

 

Si rese conto dell’enorme abisso che intercorre tra il sesso e l’amore.  

 

L’atto in sé non cambia, ma le sensazioni che lo accompagnano sono totalmente differenti.  

 

Il sesso è ginnastica, l’amore è danza.  

 

Il sesso soddisfa solo il corpo…ma l’amore appaga i sensi e lo spirito.  

 

E l’amore di Kaori era come un battesimo, lo stava liberando dal male, dal peccato, dall’odio e dal rancore.  

 

La perfezione è divina e non umana, ma Ryo si rese conto che con Kaori accanto avrebbe potuto raggiungere ciò che tutti si affannano a cercare, ma quasi nessuno riesce a trovare: la felicità.  

 

 

 

Erano solo due ore che non vedeva Ryo, e già le mancava da morire.  

 

L’intensità del sentimento che provava verso quell’uomo le faceva paura.  

 

Sorrise tra sé e sé, ripensando con tenerezza a quando Ryo, pieno di imbarazzo, le aveva detto di tenere a lei e di considerarla importante.  

 

Era grande e grosso, non aveva paura di niente, ma quando si trattava di esternare i suoi sentimenti si trasformava in un bambino timido e impacciato…  

 

Ma Kaori amava anche questo lato del suo carattere. Non le aveva mai detto “ti amo”, ma a Kaori non interessavano le parole, contavano i mille gesti che lui ogni volta faceva per lei…la dolcezza con cui la copriva con il lenzuolo, prima di addormentarsi, la tenerezza con cui aveva terso le sue lacrime, quando Ryo le aveva raccontato che presto avrebbe dovuto combattere contro l’esercito di Lord Green…  

 

Cercò di non pensare al futuro, ma il bisogno di vedere Ryo si fece ancora più pressante.  

 

Lui gli aveva detto che avrebbe portato Seamus al fiume per allenarlo con la spada, quella mattina.  

 

Così Kaori si avviò verso il fiume, e si immobilizzò quando sentì delle voci.  

 

Una era più bassa, più roca, l’altra era più squillante, infantile.  

 

Ryo e Seamus.  

 

Ansiosa di vedere l’uomo, Kaori avanzò fino a scoprire uno dei guerrieri più valorosi della Scozia prono nell’erba, tenuto fermo dal piede di un orgoglioso e trionfante bambino di appena cinque anni che brandiva una piccola spada di legno.  

 

“Visto?? Ce l’ho fatta, ti ho sconfitto!! Ho sconfitto uno degli uomini più forti della terra!!”  

 

Seamus era al settimo cielo.  

 

“Pietà, valoroso cavaliere. Risparmiatemi la vita, ve ne prego, e vi sarò per sempre debitore.”  

 

Il bambino assunse un’aria dubbiosa, tenendosi il mento con una mano e facendo finta di pensarci.  

 

“E va bene, Lord Ryo, per questa volta sarò buono e vi risparmierò la vita. Ma la prossima volta non esiterò a finirvi!!”  

 

“Grazie, cavaliere. La prossima volta starò più attento ed eviterò di combattere con chi mi supera in bravura e coraggio.”  

 

Ryo si rialzò, scompigliando i capelli di Seamus.  

 

Poi sollevò lo sguardo e si accorse della presenza di Kaori.  

 

Le sorrise, e quel gesto bastò per dissipare l’angoscia della donna.  

 

Anche Seamus si accorse di lei, le corse incontro e le stampò un umido bacio sulla guancia.  

 

“Kaori, Kaori, lo sai che ho sconfitto Ryo??  

 

Kaori lo guardò con tenerezza. Aveva i vestiti sporchi di terra, ma il suo visino era raggiante. E il merito era di quell’uomo che ora la stava fissando con quei profondi occhi neri…  

 

“Bravissimo Seamus! Ma vedi, Ryo sta invecchiando, devi stare attento a non fargli troppo male!”  

 

Il bambino rise, poi cominciò a correre in direzione del castello.  

 

“Mi raccomando, fate i bravi, piccioncini!”  

 

Kaori arrossì e Ryo la osservò intenerito. Era così bella, così pura, così irrimediabilmente sua.  

 

Le cinse la vita con le braccia.  

 

“Chi è che sta invecchiando?”, le disse, simulando un tono piagnucoloso e offeso.  

 

Kaori lo abbracciò di slancio, e Ryo poggiò la schiena contro il tronco di un albero, stringendola, sospirando felice.  

 

“Dai, amore, non dirmi che te la sei presa. Lo so che detto così, senza un minimo di tatto, la cruda verità può far male, ma…”  

 

Si interruppe, cominciando a ridere. Ryo le stava facendo il solletico.  

 

“Basta Ryo, ti prego basta”, disse, con le lacrime agli occhi.  

 

“Va bene, smetto, ma tu cosa mi dai in cambio?”  

 

Il suo tono era petulante. Sembrava un bambino capriccioso, e Kaori lo amava come non mai.  

 

“Chiudi gli occhi.”  

 

Lui obbedì, poi sentì le morbide labbra di Kaori premute contro le sue.  

 

“Sono perdonata?”  

 

“Quasi…dammene un altro e ti perdono del tutto…”  

 

Si scambiarono un altro bacio, poi un altro, e un altro ancora, e ancora…  

 

Finirono stesi sull’erba, felici, abbracciati.  

 

Poi Kaori si decise a porgli la domanda che le frullava in testa da qualche giorno.  

 

“Ryo?”  

 

“Dimmi.”  

 

“Posso scrivere una lettera a mio fratello? Solo per dirgli che sto bene e di non preoccuparsi. E poi devo dirgli di annullare le nozze con Mick…”  

 

Ryo si irrigidì, ma la sua risposta poteva essere una sola.  

 

“Va bene. Ma non dirgli dove sei. Vorrei tenerti qui con me un altro po’…”  

 

Kaori non rispose, ma si strinse maggiormente a lui, quasi con disperazione.  

 

Entrambi cercavano di vivere giorno dopo giorno, assaporando ogni attimo che trascorrevano insieme, senza pensare al futuro.  

 

Ma il futuro, con il suo carico di dolore e di decisioni difficili, incombeva su di loro, diventando sempre meno futuro e sempre più prossimo presente.  

 

CAPITOLO 23  

 

“ Ciao fratellone, come va? Immagino non benissimo, visto che sono mancata da casa per più di due settimane. So per certo che ti sei preoccupato molto per me, e mi dispiace tantissimo per questo.  

 

Ma io sto bene, e il mio unico rimpianto è quello di non averti scritto prima. Non posso dirti dove sono, spero che mi capirai come hai sempre fatto.  

 

Mi manchi tanto Hide, ma stai tranquillo, nessuno mi ha fatto del male qui dove sono adesso. Volevo anche avvisarti di mandare via tutti i miei pretendenti, sempre che ne sia rimasto qualcuno dopo tutto questo tempo, e soprattutto di annullare le nozze con Mick.  

 

Io voglio sposarmi per amore Hide, e ora che ho capito il significato di questa parola, ho anche compreso che voglio bene a Mick come ad un fratello. Non lo amo e non potrei mai amarlo, perché la mia anima appartiene ad un altro uomo, e gli apparterrà per sempre…so di aver addolorato sia te che Mick, ma ti prego di non cercarmi finchè non tornerò a casa di mia volontà.  

 

Un abbraccio, tua  

Kaori ”  

 

 

Hideyuki rilesse per l’ennesima volta il bigliettino contenente il messaggio di sua sorella, stringendolo con rabbia nella mano.  

 

Aveva atteso sue notizie per giorni e giorni, mentre la speranza si affievoliva sempre di più e la sua mente elaborava immagini di sua sorella in preda ad atroci sofferenze.  

 

Invece quel bigliettino l’aveva spiazzato. Era indubbiamente di Kaori, riconosceva la sua scrittura elegante e sottile. Ma il contenuto di quel messaggio l’aveva fatto infuriare.  

 

Non era possibile che Kaori si fosse innamorata in due settimane. Lei, con la sua innocenza e la sua dolcezza, credeva fosse amore, ma l’uomo responsabile del suo rapimento la stava solo prendendo in giro.  

 

Probabilmente era perfino riuscito a portarsela a letto, raggirandola con promesse e belle parole. Kaori era sempre stata una ragazza troppo buona e gentile, troppo fiduciosa nel prossimo. Non doveva essere stato difficile per quel bastardo abbattere le deboli difese di sua sorella.  

 

Ryo Saeba.  

 

Aveva dovuto pagare profumatamente il messaggero che gli aveva recapitato la lettere di Kaori, ma alla fine era riuscito a corromperlo. E l’uomo gli aveva detto che quel messaggio proveniva dal castello di Ryo Saeba. Uno squallido scozzese aveva rapito sua sorella sotto il suo naso, facendole chissà che cosa.  

 

Probabilmente l’aveva costretta con la forza a scrivere che era felice con lui, mentre in realtà soffriva terribilmente.  

 

Hideyuki era per indole un uomo pacato e calmo, ma stravedeva per Kaori, anche se non era la sua vera sorella.  

 

Suo padre l’aveva trovata in un bosco, un mucchietto che aveva scambiato per stracci, fino a quando la bambina aveva cominciato a piangere e Lord Makimura non era riuscito ad abbandonarla. L’aveva portata al suo castello, e da allora Hideyuki e Kaori erano cresciuti insieme, come se fossero a tutti gli effetti fratello e sorella.  

 

La rabbia cominciò a montagli dentro, come un fiume in piena. Afferrò un cigno di cristallo che abbelliva la sua scrivania e lo scagliò con rabbia contro la porta, immaginando che fosse la testa di Saeba.  

 

Gliel’avrebbe fatta pagare cara, a quel bastardo. Si sarebbe pentito amaramente di aver osato poggiare le sue viscide mani di ribelle sulla delicata Kaori.  

 

Era quasi morto, quando quel giorno sua sorella non era tornata al castello. Era andata a fare la sua consueta passeggiata mattutina in riva al lago, con la sua ancella Miki.  

 

Hideyuki era sempre stato contrario, perché sua sorella sarebbe stata vulnerabile a qualsiasi attacco, sia che si trattasse di briganti che di nemici dei normanni.  

 

Ma fino ad allora non era mai successo niente, e Kaori sapeva essere davvero molto testarda se ci si metteva.  

 

Ma poi non lei non era rientrata a pranzo. Inizialmente pensava che sua sorella fosse soltanto agitata, perché quella sera avrebbe dovuto decretare il nome del suo futuro sposo. Forse aveva bisogno di stare da sola, o di confidarsi con la sua ancella senza uomini intorno.  

 

Lui aveva fatto addobbare il salone, preparare i cibi migliori, aveva invitato al suo castello menestrelli e danzatori, e perfino giocolieri per intrattenere gli ospiti. Voleva che tutto fosse perfetto per il fidanzamento ufficiale di Kaori.  

 

Ma lei non era ancora rientrata al tramonto, e Hideyuki aveva cominciato a preoccuparsi.  

 

La sua preoccupazione si era trasformata in ansia, poi in terrore, quando Kaori non era tornata nemmeno per la cena.  

 

Hideyuki aveva mandato dei servi a cercarla nei pressi del lago, ma non l’avevano trovata. I servi gli avevano riferito di aver notato le impronte di due paia di zoccoli che si dirigevano verso nord, ma poi le tracce degli aggressori si erano perse quando avevano attraversato il corso d’acqua.  

 

Hideyuki non dormiva da quella notte. Da allora, aveva dato ordine di cercare Kaori in lungo e in largo, offrendo laute ricompense a chi fosse stato in grado di fornire loro delle indicazioni utili per ritrovare sua sorella. C’erano stati soltanto impostori e falsi allarmi, e la speranza di ritrovarla si affievoliva sempre di più, nonostante lui continuasse ostinatamente a cercarla.  

 

Si aggirava nei dintorni del lago come un pazzo, a qualsiasi ora del giorno e della notte, tramando vendette sempre più atroci e violente per chiunque si fosse permesso di rapire la sua amata Kaori.  

 

Tutti i pretendenti della sorella avevano abbandonato il castello, una volta saputa la notizia.  

 

Solo Mick gli era rimasto accanto, solo lui l’aveva aiutato a non impazzire sul serio. Hideyuki stimava molto il guerriero normanno, lo apprezzava per la sua lealtà nei confronti di Kaori. Probabilmente ne era innamorato davvero.  

 

La disperazione l’aveva sopraffatto più volte, quando si ritrovava a pensare contro la sua volontà che Kaori potesse essere stata uccisa. Ma lui sentiva che era ancora viva, e anche quando lo sconforto lo vinceva, riusciva a trovare sempre un appiglio, un debole spiraglio che gli ridava conforto e speranza.  

 

E finalmente, quel giorno era arrivato quel bigliettino. Quando si era accorto che gliel’aveva scritto Kaori, il sollievo l’aveva investito violentemente, facendolo piangere, lasciandolo spossato.  

 

Poi però aveva letto le parole di sua sorella e lo sgomento aveva ceduto il posto alla gioia.  

 

Lei gli chiedeva di non preoccuparsi, di annullare il matrimonio con Mick perché aveva trovato l’amore nel luogo dove si trovava.  

 

Cioè al castello di Saeba, anche se lei non aveva voluto o potuto scriverlo.  

 

Questo significava che si era innamorata di Saeba?  

 

Era decisamente impossibile. Sua sorella non avrebbe mai tradito la sua gente, non si sarebbe mai alleata con un traditore scozzese.  

 

Sicuramente il bastardo l’aveva costretta con la forza a scrivere quelle cose, per farlo desistere dall’intento di salvare sua sorella. Ma lo scozzese aveva fatto male i suoi conti. Lui non avrebbe mai lasciato Kaori nelle sue mani luride di sangue normanno. Lui l’avrebbe salvata a tutti i costi.  

 

Si precipitò fuori dalla stanza, chiamando Mick.  

 

Il guerriero accorse subito, e Hideyuki gli fece leggere le parole di Kaori.  

 

Mick ne rimase molto amareggiato, anche se cercò di non darlo a vedere. Lui aveva passato ogni singolo giorno a pensare a lei, a come sarebbe stato bello stringerla tra le braccia, ad immaginarla radiosa e felice il giorno delle loro nozze…e si era terribilmente preoccupato quando lei non si era fatta viva quella sera…aveva pensato che Kaori non lo volesse più, che fosse fuggita con un altro uomo…  

 

Però tutto lasciava presupporre che si fosse trattato di un rapimento e non di una fuga volontaria, e lui per un attimo aveva provato una punta di euforia, salvo poi pentirsene immediatamente…  

 

Quelle giornate senza Kaori erano state interminabili per lui. Si era reso conto di amarla profondamente. Gli mancava terribilmente l’allegra risata della ragazza, la sua spontaneità, la sua dolcezza, la sua disponibilità, i suoi occhi espressivi e ridenti.  

 

Gli mancava tutto di lei.  

 

E anche lui era stato spesso sopraffatto dallo scoramento, anche se aveva cercato di non far trasparire la sua sfiducia per non gettare ancora maggior sconforto sulle spalle già pericolosamente ricurve di Makimura.  

 

Aveva avuto paura per lei.  

 

Ma adesso Kaori scriveva di annullare le nozze, perché si era innamorata e il suo cuore apparteneva ad un altro uomo. Perché gli aveva fatto questo?  

 

Senza rendersene conto, strinse gli occhi e accartocciò il bigliettino già spiegazzato nella sua mano.  

 

Hideyuki si accorse del suo turbamento, e immediatamente comprese a cosa fosse dovuto. Gli mise una mano sulla spalla, con fare quasi fraterno.  

 

“ Non preoccuparti, Mick. Sono sicura che quel bastardo di Saeba l’ha costretta a scrivere quelle cose. Kaori non si innamorerebbe mai di uno scozzese. È una ragazza molto romantica e sensibile, sognava il suo principe azzurro, e ti pare che uno scozzese possa essere tenero e romantico con una bella donna normanna?”  

 

Mick rimase in silenzio, analizzando le parole di Hideyuki, ma sgranò gli occhi quando sentì quel nome.  

 

“Saeba, hai detto? Intendi Ryo Saeba?”  

 

“Si. Lo conosci già, per caso?”  

 

Lo sguardo di Mick si fece duro.  

 

“Io e quello scozzese abbiamo un conto in sospeso.”  

 

“Benissimo, questa sarà l’occasione giusta per saldarlo. Ovviamente vinceremo noi, non temere. Radunerò le truppe, poi partiremo domani stesso. La pagherà cara, quel maledetto.”  

 

Mick annuì, poi tornò a leggere il bigliettino. Il discorso di Hideyuki non faceva una piega, ma lui si sentiva a disagio.  

 

Aveva la spiacevole sensazione che la felicità e l’amore che si sprigionavano dalle parole di Kaori non fossero simulati o costretti, ma spontanei e autentici.  

 

CAPITOLO 24  

 

Al castello dello scozzese, intanto, c’era sentore di battaglia imminente nell’aria.  

 

Ryo e Umi trascorrevano mattinate e pomeriggi interi ad esercitarsi con la spada, e ad allenare i soldati.  

 

I guerrieri erano stanchi, ma galvanizzati ed entusiasti dalla possibilità di misurarsi in battaglia contro i nemici.  

 

Kaori e Miki trascorrevano sempre più tempo assieme, sentendosi entrambe trascurate dai rispettivi compagni, che avevano smesso la maschera di teneri ed appassionati amanti per indossare quella di coraggiosi e indomiti guerrieri.  

 

Tuttavia le due donne non erano in collera con Ryo e Umi; si rendevano conto che una dura prova li attendeva, e i due guerrieri non volevano farsi trovare impreparati.  

 

Lord Green disponeva di un potente esercito, nonché dell’appoggio dei signori scozzesi più influenti. E Ryo era sicuro che avrebbe smosso mari e monti pur di vendicare la morte di sua figlia…  

 

Lo scozzese odiava ammetterlo, ma questa volta era preoccupato davvero. I suoi uomini erano valorosi combattenti, ma sarebbero stati in netta minoranza numerica, in uno scontro contro il padre di Yuki.  

 

Non era sicuro di farcela…ma sarebbe morto in battaglia, piuttosto che arrendersi.  

 

Se avesse perso, almeno l’avrebbe fatto da vero scozzese.  

 

Ma se avesse vinto…avrebbe potuto finalmente essere felice con Kaori…per sempre….  

 

 

 

Era notte inoltrata, e Ryo non era ancora tornato. La stanza era fredda e vuota senza di lui.  

Lui, che con un solo sorriso riusciva a riscaldarle il cuore…  

 

Kaori l’aspettava sotto alla pesante coperta di pelliccia, come ogni notte da più di una settimana, ormai.  

 

Sapeva che a momenti la porta si sarebbe aperta piano, e con un tuffo al cuore avrebbe visto la sua imponente figura stagliarsi alla debole luce della luna.  

 

Lui sarebbe entrato, senza fare rumore, forse temendo che lei fosse già addormentata.  

 

Ma Kaori non sarebbe mai riuscita a chiudere occhio senza prima ricevere il bacio della buonanotte da Ryo…  

 

E lui lo sapeva bene, ma era una sorta di rituale che avevano, intimo e segreto.  

 

Poi lui avrebbe cominciato a togliersi la spada, si sarebbe sfilato la camicia e la fascia di plaid che avvolgeva i suoi fianchi e sarebbe scivolato sotto le lenzuola, accanto a lei.  

 

L’avrebbe abbracciata, avrebbe avvicinato il suo corpo morbido al suo, ben più duro e muscoloso.  

 

Lei avrebbe poggiato la testa sulla sua spalla, amando il suo odore, il suo calore, amando tutto di lui.  

 

E lui avrebbe cominciato ad accarezzare con dolcezza e lentezza il suo braccio, dall’omero alla punta delle dita, in un verso e nell’altro, e un dolce torpore l’avrebbe avvolta.  

 

Poi lui le avrebbe baciato le labbra, leggero come un soffio, e tutte le preoccupazioni per il futuro sarebbero scomparse, e lei avrebbe chiuso gli occhi, scivolando dolcemente nel sonno, stanca e felice.  

 

La maniglia cominciò lentamente ad abbassarsi.  

 

Eccolo.  

 

Il battito del cuore di Kaori aumentò il suo consueto ritmo.  

 

La porta si aprì, silenziosa.  

 

Eccolo.  

 

Ryo entrò nella stanza.  

 

Eccolo.  

 

Era stanco, e Kaori sapeva che aveva bisogno di lei, delle sue coccole e della sua dolcezza.  

 

Si tirò a sedere, coprendosi il corpo nudo con la coperta.  

 

Lui la guardò, con uno sguardo indecifrabile, poi si avvicinò a lei.  

 

Si spogliò velocemente, salì sul letto e la sovrastò con il suo corpo.  

 

La coperta li divideva ancora.  

 

Ostacolo inutile, che Ryo eliminò con uno strattone.  

 

Si stese su di lei, attento a non farle male.  

 

Poi poggiò la testa contro il suo seno, rimanendo immobile, in attesa.  

 

La risposta di Kaori non si fece attendere. Sapeva che Ryo non aveva ricevuto molte manifestazioni di affetto, da piccolo, e spesso la sorprendeva chiedendole di coccolarlo come farebbe una mamma con il suo bambino.  

 

Cominciò ad accarezzagli i capelli, le spalle ancora contratte.  

 

I muscoli di Ryo si rilassarono a poco a poco, distendendosi.  

 

Rilasciò un sospiro assonnato e soddisfatto contro la pelle lattea di Kaori.  

 

Con il dorso della mano, lei gli accarezzò il mento e la guancia.  

 

La battaglia era lontana adesso, Lord Green non poteva più intaccare quella notte, quel momento dedicato solo a loro due.  

 

Ryo e Kaori in quella stanza, e tutto il mondo fuori.  

 

Le palpebre di Ryo si fecero pesanti, ma prima c’era una cosa che andava assolutamente fatta.  

 

Si sollevò sulle braccia, accarezzando le labbra di Kaori con le sue.  

 

Poi tornò ad appoggiarsi al suo seno.  

 

Kaori lo abbracciò nuovamente.  

 

Si addormentarono così, insieme, paghi, felici.  

 

 

Il giorno dopo, Ryo fu svegliato da urla concitate che provenivano dal cortile.  

 

“Ma che diavolo sta succedendo?”  

 

Kaori si stiracchiò, ancora assonnata. Stava facendo un sogno meraviglioso che vedeva lei e Ryo protagonisti…  

 

Perplessa, si sedette a gambe incrociate sul letto. Per quale motivo Ryo aveva imprecato?  

 

Si girò verso di lui, che si era alzato e si stava dirigendo, ancora nudo, verso la finestra della camera, che dava proprio sul cortile.  

 

“Amore? Cosa succede?”  

 

Ryo non rispose. Perché i suoi soldati erano così agitati? Indicavano la collina con il dito, urlando e gesticolando. Che fosse successo qualcosa di grave? Si riscosse, sentendo la mano di Kaori che si era poggiata sulla sua spalla.  

 

“È successo qualcosa?”  

 

Nuovamente non rispose, rimanendo inebetito a guardarla. Di prima mattina, con i capelli arruffati e quello sguardo morbido e assonnato, era così eccitante, così sexy…  

 

La prese per la vita, abbassò il capo e le diede il suo personale buongiorno...  

 

Sempre allacciati, un po’ baciandosi un po’ ridendo, arretrarono verso il letto. Le ginocchia di Kaori toccarono il bordo del materasso, e lei vi si lasciò cadere sopra, tirandolo su di sé.  

 

Erano così impegnati che non si resero conto che qualcuno stava praticamente sfondando la porta a pugni.  

 

“Ryo…”  

 

“Mmmh?”  

 

Il suo collo era delizioso…  

 

“La porta…”  

 

“No, ancora?? Ma uffa, non si può mai stare tranquilli in questa camera…”  

 

Il suo sguardo era teneramente imbronciato. Kaori rise, poi gli stampò un bacio sulle labbra.  

 

“Vai a vedere chi è…poi riprenderemo da dove abbiamo interrotto…”  

 

Il suo sguardo ardente fece venire i brividi a Kaori.  

 

Sempre guardandola, mangiandola con gli occhi, Ryo si avvicinò alla porta.  

 

Non fece in tempo ad aprirla, che si ritrovò il pugno di Umi a qualche millimetro dal suo naso.  

 

Vedendolo sulla porta, Kaori urlò. Era nuda…che vergogna…  

 

Sentendo il suo grido, Umi arrossì, comprendendo di aver interrotto qualcosa.  

 

“Scusami Kaori…spero di non avervi disturbato…comunque non ho visto niente, sai che non potrei anche volendolo…”  

 

Nonostante questo però, il suo testone pelato fumava…  

 

Kaori sorrise con tenerezza…lei e Miki erano state davvero fortunate a trovare due uomini come Ryo e Umi…  

 

“Certo che hai disturbato scimmione!! Io e Kaori ci stavamo augurando una buona giornata!!”  

 

Ecco che il suo tono tornava ad essere quello di un bambino petulante…  

 

“Smettila di scherzare, stupido. Ci stanno attaccando!”  

 

“Cosa?? Ma non avevi detto che Lord Green era a Londra e ci avrebbe messo almeno una settimana per organizzare il suo esercito ed attaccarci?”  

 

Ryo era teso…non si aspettava di dover combattere così presto…  

 

“Le mie informazioni erano esatte come sempre, brutto depravato. Infatti non è Lord Green che ci sta attaccando.”  

 

“Cosa? Ma chi allora?”  

 

La preoccupazione di Ryo si era leggermente affievolita…ma era curioso di sapere contro chi avrebbe dovuto misurarsi in battaglia questa volta…  

 

Kaori nel frattempo si era avvicinata alla finestra.  

 

Dei cavalli stavano scendendo la collina a tutta carica, puntando contro il castello di Ryo.  

 

A capo dell’esercito nemico vi erano due guerrieri.  

 

Le sembravano familiari, anche se non riusciva a distinguerli bene.  

 

Uno era alto, con i capelli biondi.  

 

L’altro un po’ più basso, con i capelli scuri.  

 

Il respiro le si bloccò in gola per qualche secondo.  

 

Ma quello era…Mick! E allora l’uomo che guidava l’esercito era…  

 

“Mio fratello!!!”  

 

 

 


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