Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated G - Prosa

 

Autore: Paola

Status: Completa

Serie: City Hunter

 

Total: 1 capitolo

Pubblicato: 23-09-09

Ultimo aggiornamento: 23-09-09

 

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General

 

Riassunto: Paralizzato e incapace di ragionare, lo sweeper divenne improvvisamente spettatore immobile della propria paura più grande...

 

Disclaimer: I personaggi di "Titolo da cambiare" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo.

 

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   Fanfiction :: Tra sogno e incubo

 

Capitolo 1 :: Tra sogno e incubo

Pubblicato: 23-09-09 - Ultimo aggiornamento: 23-09-09

 


Capitolo: 1


 

Pannolini, ciucci e biberon lo circondavano, stava vagando tra i reparti di un negozio pré-maman? Che diavolo ci faceva in un negozio pré-maman? Come era riuscita Kaori a convincerlo a mettere piede in un luogo del genere?  

Era forse finito nel girone dell’inferno destinato agli scapoli impenitenti?  

Davanti ad ogni completino per bambini gli occhi entusiasti di Kaori si illuminavano come abbaglianti.  

“Non è un amore?” domandava retoricamente di fronte ad ogni cosa che attirasse il suo istinto materno. In risposta Ryo emetteva profondi sospiri di negazione.  

“Potresti almeno collaborare…” lo riproverò “Prima scelgo, prima potremo uscire da qui, no?”  

“Non capisco… perché mi trovo qui dentro?” continuava a chiedersi incredulo lo sweeper.  

“E’ per il bambino di Shoko, dai su…fai il bravo…” lo imboccò Kaori.  

Le commesse carine, dove erano le commesse carine? Si chiedeva il city hunter guardandosi intorno. Era venuto per loro, un posto del genere, aveva pensato, doveva esserne sicuramente pieno.  

Invece niente. Ovunque carrozzine, girelli, lettini, bambini, giocattoli, addetti alle vendite uomini. Uomini, già uomini. Per Ryo la faccenda si faceva sempre più frustrante. Inoltre Kaori sembrava non avere la più pallida idea di cosa voler acquistare e lo tartassava di domande, come se lui fosse un esperto di articoli per l’infanzia.  

“Se gli comprassi un giocattolo, una palla o uno di questi carillon… che ne dici? Eh Ryo?” domandò la sweeper amletica davanti all’ennesimo scaffale di cianfrusaglie bambinesche.  

Ma Ryo non rispose e così Kaori si voltò e lo vide: era rimasto indietro. Intrappolato tra due pancioni da nono mese e un passeggino doppio, pallido in volto sudava abbondantemente. Neanche fossero figli suoi.  

Kaori gli lanciò un’occhiata impietosa, a quanto pare avrebbe dovuto arrangiarsi da sola.  

Quando uscirono dal negozio Ryo era ancora cereo in viso.  

“Non voglio entrare mai più in un posto del genere” mugugnò portandosi una mano sugli occhi, nel disperato tentativo di obliare visioni mostruose di bambini petulanti e di madri ingrassate e stressate alle prese con il loro moccio.  

“Poverino!” replicò Kaori, più divertita che preoccupata.  

“Odio i bambini!”  

“Su, non esagerare, sono così carini e adorabili!” esclamò la sweeper divertita.  

Ryo non nascose una smorfia di disgusto.  

“Stai scherzando, vero?” chiese serio.  

Kaori scoppiò in una risata.  

“Sei un esagerato!”  

“Esagerato io? Sono dei mostri, sporcano, fanno i capricci, si infilano le dita nel naso…”  

“Sbaglio o fanno le stesse cose che fai tu?”  

“Cosa?!? Vorresti paragonarmi ad un moccioso?” domandò scandalizzato.  

“E perché non dovrei? Ti comporti sempre come un bambino!”  

“Ma non è…”  

Ma non è assolutamente vero, stava per ribattere, ma la frase gli morì fra le labbra, perché imminente avvertì un pericolo.  

Kaori vide il volto del partner farsi serio e si bloccò sul posto all’istante.  

“Che succede?” domandò preoccupata.  

“Siamo circondati”. C’erano cecchini appostati in diversi palazzi e la strada era inspiegabilmente deserta.  

Tre uomini vennero loro incontro estraendo un’automatica dalla giacca. Ryo non diede loro neanche il tempo di sfiorare il grilletto, impugnata la sua Python sparò tre colpi e centrò i bersagli, ma era solo l’inizio. Una pioggia di proiettili si abbatté sui due city hunter.  

Lo sweeper afferrò la collega per un polso e la scaraventò dietro un’auto. Per un po’ avrebbe dovuto essere un buon riparo. Scaricò l’intero caricatore sui cecchini appostati sul tetto del palazzo di fronte e ricaricò la Magnum. Dietro la macchina crivellata dai colpi che si susseguivano incessanti, Kaori tremava. Era terrorizzata. Ryo se ne accorse, ma continuò a sparare. I suoi proiettili attraversavano l’aria centrando gli obiettivi con assoluta precisione. In breve tempo i nemici furono ridotti considerevolmente nel numero, ma continuavano ad essere troppi, troppi, veramente, anche per lui. Cominciava ad avvertire la stanchezza, lo stress, doveva rimanere concentrato, un errore e sarebbe stata la fine, non poteva permettersi di sbagliare. C’erano bossoli ovunque, quante volte aveva ricaricato la pistola? Aveva perso il conto.  

“Dobbiamo andarcene!” esclamò Ryo ad un certo punto. Aveva fatto fuori tutti i cecchini appostati sui tetti, ne era certo. Adesso avrebbero avuto più libertà di movimento, rimanevano solo quattro uomini, trincerati dietro un’automobile sul lato opposto della strada.  

“Al mio segnale corri verso il vicolo alla mia destra, sono pochi metri, dovresti farcela, ti coprirò io”.  

“E tu?”  

“Non preoccuparti, io me la cavo sempre!” esclamò accennando un sorriso rassicurante. Un istante e si gettò fuori dal nascondiglio attirandosi addosso il fuoco avversario. Si lanciò tra i proiettili in direzione della tana nemica. Quando fu a pochi balzi dagli uomini armati urlò alla collega di fuggire.  

Ubbidiente Kaori volò in direzione del vicolo indicatogli dallo sweeper, gli occhi puntati su di lui. Lo vide far fuoco, evitare le tonnellate di piombo che di rimando gli venivano vomitate addosso. Poi più nulla, l’ombra del suo nascondiglio l’avvolse. Trattenne il respiro e aspettò. Due, tre, quattro lamenti di dolore, infine il silenzio.  

Era tutto finito? Kaori emerse lentamente fuori dal vicolo e di nuovo poté vedere Ryo. Era in piedi, immobile, la pistola ancora in pugno, in ascolto, ancora in allerta, troppo silenzio, quasi un abisso irreale.  

Kaori fece qualche passo. Ryo rassicurato ripose la pistola nel fodero, non c’era davvero più nessuno, ma si sbagliava. Un uomo immobile e silenzioso si celava agli occhi e alle orecchie dei due sweeper, appostato dietro il parapetto di una terrazza. Il cecchino non aveva sprecato neanche un proiettile durante il conflitto appena trascorso e ciò lo aveva reso ancor più invisibile. Stava aspettando il giusto momento per entrare in scena, ma questo Ryo non poteva saperlo. Così, quando finalmente decise di saltare fuori dal proprio riparo, mirando e puntando dritto al suo bersaglio, lo sweeper rispose al fuoco troppo tardi, quando il proiettile del cecchino aveva già iniziato la sua inesorabile corsa.  

Paralizzato e incapace di ragionare, lo sweeper divenne improvvisamente spettatore immobile della propria paura più grande. Osservò Kaori vacillare, afflosciarsi a terra. Senza un grido o un lamento, la vide portarsi una mano alla ferita, palpare il sangue che ne usciva copioso.  

In quell’istante dilatato Ryo avvertì il dolore trasformargli le ossa in sabbia, il sangue in un fiume di ghiaccio. Una lama affilata gli penetrò nel petto, affondandogli nelle carni, lacerandogli l’anima.  

Cominciò a correre e ad urlare in quel vuoto irreale. Quasi scivolò sulla vasta chiazza di sangue che estendeva velocemente i propri confini. Spostò la mano di Kaori dal foro d’entrata del proiettile. Il colpo le era esploso nel fegato. Fredda e pallida, la sweeper fissava il cielo mentre il sangue scorreva a rivoli.  

Il terrore, come non ne aveva mai provato nella sua vita, scaraventò Ryo in un limbo, in un tempo eterno, dove i movimenti erano lenti e l’unico suono era il respiro affamato di ossigeno di Kaori. La prese tra le braccia, la strinse forte a sé nel disperato tentativo di trattenerla in questo mondo.  

Pronunciò il suo nome con un filo di voce, le accarezzò il viso, la pregò di non morire, di non lasciarlo, ma il sangue caldo di lei continuava a inzuppargli i vestiti.  

“Perdonami…” le ripeteva, “ti amo…” le sussurrava tremando.  

La cullò dolcemente stretta tra le braccia finché non sentì il suo respiro ansimante cessare e allora la supplicò ancora di restargli accanto, di non abbandonarlo, ma lei non rispose. Le sollevò il capo, si insinuò tra quegli occhi divenuti ciechi e il cielo lontano. A illuminare i pallidi lineamenti di Kaori, ora, c’era solo il sorriso stanco e ambiguo della morte.  

“Kaori…” ripeté inebetito dal dolore.  

Il timore di averla persa per sempre gli bruciò dentro come un acido, mentre l’anima gli andava in frantumi, sentì le lacrime scivolargli sul viso.  

Fu allora che Ryo spalancò gli occhi alla gelida notte.  

Disteso, ascoltò il cuore battergli ferocemente, non solo in petto, ma anche in testa e nelle orecchie. Si mise a sedere e le lacrime che aveva versato nel sonno gli corsero lungo le guance. Per quanto irreale, il terrore provato lo aveva colpito come uno schiaffo. Completamente sudato, si accorse di tremare come un bambino. Ancora impigliato nelle immagini di quell’incubo, si sentì attraversare da una sensazione di vuoto, si ritrovò come sospeso a mezz’aria, su un baratro, sul nulla.  

Provò un infantile bisogno di affetto, di una carezza, di una parola di conforto che gli riscaldasse il cuore, tuttavia, ironicamente, l’unica persona che poteva dargli tutto ciò, era l’unica che non avrebbe mai voluto mettere in pericolo con la sua vicinanza.  

Lanciò un’occhiata alla sveglia rendendosi conto che era ancora notte fonda. Aveva bisogno di bere, di annacquare il dolore nell’alcool.  

Si alzò e si diresse in cucina, la luce era accesa. Scostò la porta e la vide, Kaori, le sue spalle, le sue gambe lunghe, i suoi movimenti lenti, le chiome arruffate.  

“A quanto pare, neanche tu riesci a dormire… Ti va qualcosa di caldo?” gli domandò voltandosi e sorridendogli.  

Di colpo il bruciante dolore che gli attraversava l’anima svanì.  

Annuì senza rendersene conto. Felice di vederla lì, felice di poter ascoltare ancora la sua voce.  

Se non l’avesse trovata in cucina, sarebbe andato dietro la sua porta per ascoltare il suo respiro, e forse, perché no, sarebbe entrato, per vederla dormire, poiché dopo quel sogno, dopo quell’incubo, gli era presa una gran nostalgia di lei.  

Stare con Kaori gli infondeva tranquillità, dimenticava tutte le sue paure, le sue incertezze. Perché gli faceva questo effetto?  

Il city hunter si domandava questo mentre osservava la partner ai fornelli preparargli una cioccolata calda.  

“Perché non riesci a dormire?” indagò Ryo.  

“Penso sia colpa tua!”  

“Mia?”  

“Già, ho dormito questo pomeriggio e adesso non riesco a chiudere occhio!”  

“Ed io che cosa c’entro?”  

“Secondo te, di chi è la colpa se ho dovuto recuperare il sonno perduto in questi giorni?” lo interrogò minacciosa versando la bevanda nelle tazza.  

Dimenticava che, nel tentativo di salvaguardare le grazie dell’ultima cliente, Kaori aveva perso parecchie ore di sonno per tenerlo a bada.  

“E tu? Perché non riesci a dormire?”  

“Incubi...” rispose lui vago.  

“Che c’è? Non ti funzionava più il mokkori?” domandò Kaori ironica.  

“Spiritosa!” le fece eco Ryo.  

Erano di altro genere gli incubi che lo tormentavano, ma per adesso, voleva solo dimenticare.  

“Va meglio ora?” chiese lei premurosa.  

Ryo rispose accennando un sì con la testa, completamente disarmato, inerme, indifeso di fronte a quella donna.  

“Su, ora andiamo a nanna!”esclamò tirandolo per il braccio.  

“Kaori, vuoi smetterla di trattarmi come un moccioso?”  

“Perché? Non mi sembra che tu sia mai cresciuto!”  

”Kaori!” la riprese lui.  

“Che c’è? Che ho detto? Non è la verità? Ti comporti sempre come un bambino.”  

Lo sweeper non rispose, stordito da una sensazione di déjà-vu.  

“Sappi però che potrai contare sempre su di me… Qualunque incubo tu abbia avuto, era solo un sogno. Io ti proteggerò! Sono la tua partner dopotutto, no?” disse puntandogli contro un’occhiata disarmante.  

Ryo arretrò. Se gli fosse venuta troppo vicina, non sarebbe riuscito a resistere alla tentazione di abbracciarla, baciarla, coprirla di carezze per perdersi nella sua dolcezza.  

Seguì la partner sino al corridoio che conduceva alla sua stanza.  

“E’ tardi. Buonanotte” lo salutò Kaori aprendo la porta della sua camera.  

“Buonanotte” rispose lui stranamente impacciato.  

La ragazza schiuse le rosse labbra in un sorriso.  

Ryo non resistette oltre, si chinò su di lei e la baciò su una guancia, il più vicino possibile alle labbra, col desiderio di rimanerle per sempre accanto per proteggerla, affinché i suoi incubi non si avverassero.  

Si staccò da lei lentamente, sfiorandole delicatamente i capelli. Ora lei era lì, a pochi centimetri dal suo viso, addossata allo stipite della porta, che lo fissava in silenzio, immobile, con guance di porpora.  

“Buonanotte” le sussurrò, battendo in ritirata, prima che la collega potesse dar segno di una qualsiasi reazione.  

E lei restò ferma, stupita e imbambolata. Ecco che il sonno le era di nuovo passato…  

 

 


Capitolo: 1


 

 

 

 

 

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