Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated R - Prose

 

Auteur: Esus

Status: En cours

Série: City Hunter

 

Total: 3 chapitres

Publiée: 06-05-04

Mise à jour: 10-05-04

 

Commentaires: 5 reviews

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ActionRomance

 

Résumé: Due fratelli chiedono la protezione della coppia di sweeper più famosa del Giappone, che accetta il caso. Cosa succederebbe se, per proteggerli, Kaori fosse costretta ad uccidere?

 

Disclaimer: Disclaimer: City Hunter ©Tsukasa Hojo, Sueisha, Sunrise, Jump Comics, Star Comics e degli aventi diritto.

 

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   Fanfiction :: La quotidianità avvelena l'anima

 

Chapitre 2 :: 17-03-2003

Publiée: 08-05-04 - Mise à jour: 08-05-04

 


Chapitre: 1 2 3


 

Disclaimer: City Hunter ©Tsukasa Hojo, Sueisha, Sunrise, Jump Comics, Star Comics e degli aventi diritto.
 

Miaka e Kitao Akizuchi, come tutti gli altri personaggi nuovi che compariranno durante la storia appartengono a me.  

 

Dunque… avrei voluto aspettare prima di pubblicare anche il secondo capitolo, perché temo di non poter mantenere una velocità decente nel postare… a dire il vero anche il terzo è ormai sulla rotta di essere finito, ma ho la terribile abitudine di leggere e rileggere quanto butto giù. Niente di più facile che se rileggessi il primo capitolo, correggerei parti intere -.-!
 

Ad ogni modo, visto che ho ricevuto così tanti commenti in così poco tempo, mi sono fatta prendere la mano… come mio primo tentativo di scrivere una fic, direi che è stato fin troppo riuscito O_O! Veramente, non so proprio come ringraziarvi… il massimo che posso fare è rispondere adeguatamente ai vostri commenti, prima di lasciarvi alla storia!
 

Evy: sono contenta che ti sia piaciuto il mio inizio, come sempre molto in sordina… spero che questo capitolo postato così in fretta ti piaccia altrettanto!
 

Keuwa: eccoti accontentata. Spero che con questo capitolo, a tratti cervellotico, le tue aspettative non vengano deluse!
 

Rosi-chan: grazie, grazie e ancora grazie! Oltre al disegno, sei venuta a commentare anche il parto della mia fantasia (e ti assicuro che, per quanto AH stia facendo breccia nel mio cuore per altri motivi, anche io resto indissolubilmente legata a City Hunter)! Ti dirò, sono stata combattuta sul postare la fic… era la prima in italiano e non so se merita così tanta attenzione. In più, purtroppo per me, io sono perfettamente in grado di leggere e comprendere il francese (reminescenze di studi lontani) e leggo tranquillamente le fic, ma in quanto a tradurre, temo di non esserne in grado!
 

Ma rispondiamo al tuo appunto: effettivamente hai ragione, ho fatto un terribile miscuglio tra anime e manga. Non avrei voluto, ma ormai posso solo correggere e chiedere scusa. Il fatto è che l’unica cosa che avrei salvato in tutto l’anime era proprio il palazzo con i mattoni rossi: come impatto visivo mi è sempre piaciuto e mi ci sono legata, tanto da sovrascrivere l’immagine del manga (dove invece il palazzo è chiaramente intonacato – bianco presumo – e l’architettura è completamente anonima) con quella di questo edificio particolare e dal gusto un po’ retrò che secondo me si lega bene all’immagine di Ryo che mi sono costruita. Però, volendo restare fedele al manga, vedrò di correggere questa mia mancanza… grazie per avermela fatta notare!
 

Melusine: Sorry, but I’ll answer you in the only language that I can write without feeling a total idiot. I mean, I don’t speak English so well, but I hope you could understand me ^_^!
 

I’m a little surprise on seeing so much interest in my little fic, that is no so much beautiful… but I appreciate it, really. So, you talk about a translation… well, as I’ve said some line before, I don’t feel able to translate my fic in another language: I’ve always thought that I would need much more years to learn a language so well that I can write in it. I explain better: I think that every language’s got a lot of shades, just as Italian… and probably I don’t know much of my own language, just imagine of another one! But, if you can find someone who want to try to test her/his knowledge of Italian and translate it, I would be glad to reading it and maybe correct some misunderstanding. Think of it and let me know! A bientot!
 

p.s. I’ve read your fic “La Déchirure” and i’ve found it great… probably I’ll post you soon a review… doesn’t matter if I’ll write it in English?
 

Lifetree: I think you’ve read the lines before, so I hope that someone listens to your request and translate it… oh, yes! As I’ve said in my review to your history, I’ve read the other chapters (and the sequels too) and I’ve loved your plot… as you would probably say, c’est très interesant et bien écrit, bravo! A bientot!  

 

Ok, mi sono fatta un po’ prendere la mano, ma alla fine ero veramente contenta di leggere commenti tanto entusiasti. Quindi, senza altro indugio, vi lascio al prossimo capitolo!
 

Buona lettura!  

 

 

Tokyo, 17 marzo 2003  

 

- Kaori sono tornato… fammi un caffé, ma vero, sai che non mi piace quello istantaneo!- la voce squillante di Ryo perforò la quiete innaturale in cui era immersa la casa, in cerca della sola persona con cui aveva veramente voglia di parlare. Era soddisfatto per come era andata la nottata: aveva scovato il covo dei rapitori e aveva anche ideato un piano d’azione vincente. Gettò la giacca in un angolo, avanzando nella stanza in penombra, domandandosi perché non avesse ricevuto alcuna risposta. Eppure la sua mattiniera socia avrebbe dovuto essere in piedi da tempo… quel silenzio non era normale. Si avvicinò alla cucina, paventando il peggio: nonostante le avesse intimato di stare attenta, non era detto che i rapitori fossero tornati per finire il loro lavoro con successo. Varcò la soglia e si trovò di fronte ad uno spettacolo sconvolgente: il tavolo era completamente ricoperto da provette, vetreria da laboratorio ed, ad uno dei capi, stava il ricercatore, addormentato con la testa appoggiata al piano di legno lucido. Squadrò per qualche secondo l’uomo addormentato: il camice bianco, i guanti in lattice appallottolati in un angolo, le ciocche di capelli neri che spuntavano attraverso la stretta fasciatura, macchiata di sangue, che gli costringeva la testa e i lineamenti del volto tirati e pallidi lasciavano facilmente intuire come avesse passato la notte… come se quel dispiegamento di macchinari non fosse stato abbastanza eloquente. La sua attenzione però fu attirata dal tenue aroma di caffé che gli sfiorò le narici: si avvicinò alla macchinetta, accanto a cui stava anche la sua colazione, e si rese conto che la bevanda era ormai tiepida e le pietanza gelate… quindi, la sua compagna era sveglia, come aveva immaginato.
 

Sempre che, anche lei, avesse dormito.
 

Eppure non gli riusciva proprio di avvertire la sua presenza in casa. Sentendo la rabbia e la preoccupazione che montavano rapide nel suo animo, cercò di capire cosa fosse effettivamente successo in sua assenza. Si concentrò, ricordandosi di badare ai dettagli: mentre con il suo sguardo attento ribaltava la stanza, si avvicinò al tavolo e finalmente notò il “qualcosa” che gli mancava per mettere insieme il puzzle: accanto ai guanti bianchi che aveva visto all’inizio, stava una siringa ipodermica, con l’ago appoggiato ad un batuffolo di cotone. L’interno era sporco, unto da una sostanza giallastra pastosa, la stessa che stava dentro le varie provette sparse sul piano.
 

- Ehi tu, che hai fatto alla mia socia?!- tuonò, azzerando totalmente il proprio autocontrollo: afferrò Kitao per il bavero e lo sollevò con tutta la sua forza. Se non avesse risposto entro un battito di ciglia, avrebbe potuto anche spezzargli il corpo in migliaia di pezzetti per sedare la propria furia. L’uomo aprì gli occhi, assonnato e confuso: ma la sua espressione divenne presto di puro terrore non appena si scontrò con la rabbia assassina negli occhi dello sweeper. Lesse la totale mancanza di raziocinio e capì perché nessuno potesse vantarsi di aver incontrato due volte City Hunter ed essere ancora vivo: erano gli occhi di una belva sanguinaria, impietosi ed implacabili.
 

Cercò di riordinare le proprie idee, in cerca della risposta che l’uomo pretendeva da lui, ma con scarsi risultati: aveva troppa paura e si ritrovò a balbettare come una donnicciola.
 

- E’ stata lei ad obbligarmi! Io non volevo…- ecco, risposta sbagliata: la stretta del killer divenne ancora più ferrea, imponendogli di andare avanti – Ha voluto che le iniettassi il composto che abbiamo scoperto ed è andata a cercare mia sorella. Diceva che l’avevi trovata e che avresti sicuramente avuto bisogno del suo aiuto!- sputò fuori come meglio poteva.
 

Composto? Aiuto? Come poteva lei sapere che aveva stanato i rapitori? Ryo, preda di mille domande, recuperò parte della propria ragione: i muscoli delle spalle si rilassarono e la presa divenne meno brusca... Kitao avrebbe quasi sospirato di sollievo se non fosse che si trovava ancora a mezzo metro da terra. Intanto, lo sweeper, continuava a pensare, incurante della scomoda posizione in cui si trovava: vero, i loro clienti erano ricercatori ed avevano scoperto qualcosa di molto particolare per cui avevano ricevuto minacce e rischiavano la vita… dalla sua mente riaffiorò il ricordo della sua compagna che cercava di spiegargli tutto. Ma, ovviamente, non l’aveva ascoltata, preso come sempre dalle sue voglie libidinose.
 

- Spiegami tutto, senza omettere il minimo dettaglio o potrei non rispondere di me la prossima volta- la luce omicida divenne solo un debole bagliore latente sul fondo degli occhi e il ricercatore sapeva che non stava mentendo. Si sedette di nuovo sulla sedia, cercando di calmare il suo cuore in tumulto, mentre lo sweeper svuotava la macchina del caffé e ne preparava di nuovo.
 

- Come ben sai, io e mia sorella siamo due ricercatori: il nostro laboratorio è dedito, principalmente, allo studio degli amminoacidi e delle catene proteiche… insomma, niente di particolarmente strano, almeno, non in un istituto universitario in cui risiede una facoltà di biologia. E, durante i nostri test, abbiamo sviluppato diversi metodi di coltura per vedere gli effetti sulle proteine: uno di questi gel, sei mesi fa, ha prodotto dei risultati assolutamente inattesi. Durante la reazione arrivava a generare degli enzimi in grado di metabolizzare i metalli- Ryo lo scrutava con attenzione, iniziando ad intuire la portata della scoperta di quel piccolo laboratorio: porse una tazza all’uomo e attese che proseguisse a parlare. Egli accettò con gratitudine la bevanda e strinse il contenitore tra le mani per riscaldarsele.
 

- A questo punto abbiamo fatto altri esprimenti, utilizzando anche campioni umani. Certo, non era una cosa molto legale, ma eravamo presi dal furor della scoperta: ben presto fu chiaro che essa era a dir poco sensazionale. Se iniettato in un essere umano, questo composto rende praticamente invincibili: se si venisse colpiti da un proiettile, questo verrebbe assorbito dall’organismo e la ferita si cicatrizzerebbe immediatamente. Ora capisci perché non appena c’è stata una fuga di notizie, si siano fatti avanti numerosi compratori interessati ad avere con qualsiasi mezzo questa sostanza- Kitao fece una pausa: ora sarebbe arrivata la parte peggiore e non sapeva come avrebbe reagito Saeba. Doveva ancora parlargli degli “effetti collaterali” di cui aveva avvertito anche Kaori...  

 

***
 

 

- Ecco fatto- Kaori fissò la garza con una piccola spilla ed ammirò soddisfatta il proprio lavoro: la fasciatura era perfetta e la ferita alla testa, dopo che l’aveva ripulita, si era rivelata meno grave del previsto. Il ragazzo era stato zitto durante tutto il procedimento, ammirato dalla delicatezza del suo tocco e stordito dal suo profumo delicato e sensuale: si era trattenuto a stento dall’abbracciarla e stringerla a sé, bloccato principalmente dalla tensione che riempiva l’aria. Non era di sicuro il momento migliore per lasciarsi andare al delirio dei sensi, sua sorella era in pericolo.
 

- Grazie mille. Ora mi sento meglio- la donna annuì, dirigendosi verso il bagno per riporre la cassetta del pronto soccorso. Nella sua mente il piano a dir poco assurdo ideato qualche momento prima stava acquisendo sempre maggiori dettagli… ancora si era stupita della propria audacia: usare una cimice per controllare le mosse di Ryo!
 

Lei!
 

Non appena l’avesse scoperto, il suo socio sarebbe diventato una bestia… per fortuna che in quel momento non sarebbe stata lì ad assorbire la sua furia. Tornò nella propria stanza e recuperò il portatile che aveva nascosto nel doppio fondo dell’armadio: l’aveva comprato qualche mese addietro e viveva nel terrore che Ryo lo scoprisse. In quel caso avrebbe dovuto fornire spiegazioni che preferiva tenere per sé: immaginava le sue risate se gli avesse detto che lo voleva tenere d’occhio perché preoccupata per lui. No, non gli avrebbe mai mostrato questa sua ulteriore debolezza!
 

Tornò nella stanza del suo compagno e si accomodò sull’ampio letto matrimoniale dove Kitao era crollato addormentato e fece scorrere lo sguardo sulle pareti: le faceva sempre uno strano effetto vedere la stanza da quella prospettiva. Quante volte si era sdraiata su quelle coperte mentre lui era in giro a bere, sprofondando il volto nel cuscino impregnato del suo particolare profumo ed aspettando il suo ritorno… o per sorreggerlo quando entrava barcollante e trascinarlo faticosamente lungo le scale o, se si faceva troppo tardi, per scendere nel vicolo accanto e trovarlo riverso tra giornali, cartoni e sudiciume. Ogni notte le si stringeva sempre il cuore nel vederlo così, riverso, senza la scintilla di vita che animava tutti i suoi movimenti e che amava tanto: si chiedeva quale ombra si agitasse in fondo ai suoi pensieri per renderlo tanto inquieto e desideroso di dimenticare. Avrebbe tanto voluto che lui si fosse appoggiato a lei, non solo fisicamente, ma anche moralmente… le faceva male non poter alleviare in alcun modo la sua buia sofferenza.
 

Ryo riempiva letteralmente tutta la sua vita… i suoi giorni, le sue notti ed i suoi pensieri.
 

Si strappò violentemente dai suoi cupi vaneggiamenti: aveva una missione da compiere! Accese il portatile e lanciò il “Map”: il computer iniziò a ronzare furiosamente mentre cercava di avviare la connessione infrarossi e, nell’attesa, avviò la seconda parte del suo piano.
 

- Kitao, sveglia…- agitò delicatamente il ragazzo che si godeva il meritato riposo dopo tante emozioni: questi si agitò, contrasse il bel volto in una smorfia disgustata ed aprì gli occhi. Si trovarono a pochi millimetri, i loro sguardi incatenati: Kaori sentì un tuffo al cuore nel vedere la somiglianza impressionante con l’uomo che amava. Anche Ryo, appena sveglio, aveva quell’aria fragile e spaurita? D’altro canto, l’uomo era rimasto ipnotizzato da quelle iridi gentili che esprimevano una serie inafferrabile di emozioni: la sua mente si svuotò di ogni pensiero razionale, mentre il suo corpo agiva di propria volontà. Lentamente, si avvicinò alle labbra delicate di lei, chiudendo gli occhi… quale fu la sua sorpresa quando si ritrovò a baciare il vuoto!  

- Ma…- balbettò, tornando a mettere a fuoco il mondo. Kaori si era allontanata bruscamente attirata dal segnale di avvertimento del programma ed era china verso il monitor luminoso del portatile, in cui si vedeva una mappa dettagliata di Tokyo: era completamente dimentica della presenza dell’uomo accanto a sé e di quanto stava per accadere. Il suo unico pensiero era quello di individuare il punto luminoso che le indicasse la posizione del socio.
 

- Scusa se ti ho svegliato, ma ho bisogno di un favore da te- il ricercatore era sempre più stupito. Cosa mai avrebbe potuto chiedergli?
 

- Anche due, se posso- rispose, condiscendente, sapendo in cuor suo che non avrebbe minimamente apprezzato la richiesta.
 

- Devi sintetizzare il composto di cui mi hai parlato… e devi iniettarmelo- il silenzio cadde pesante nella camera in penombra. Il rumore sordo delle macchine penetrava dalla finestra socchiusa e le luci della città danzavano sulla parete, creando curiosi giochi di luci ed ombre colorate. Kitao guardava, completamente incredulo, la ragazza che aveva davanti: gli occhi, nel volto tirato, illuminato dalla luce impersonale del computer, sembravano sue laghi profondi in cui si stava perdendo. Ma nella sua mente una voce urlava un rifiuto netto a quella richiesta assurda.
 

- No- Kaori rimase un attimo spiazzata, ma si immaginava una risposta del genere. Senza dire una parola, osservò l’uomo alzarsi e dirigersi fuori dalla stanza: non sarebbe stato facile convincerlo, ma non aveva altra scelta… anche a costo di minacciarlo, avrebbe ottenuto quanto desiderato. Gli lasciò qualche minuto per riflettere, prima di seguirlo a sua volta: ne approfittò per andare nella sua stanza a cambiarsi, abbandonando il computer sul letto. Prima di scendere, gettò uno sguardo distratto alla sveglia: 4.45.
 

L’alba era vicina.  

 

- Kitao…- l’uomo picchiò con violenza un pugno sul piano del tavolo e si volto verso di lei, urlando con veemenza.
 

- Mi rifiuto di fare una cosa del genere!- il ricercatore era sconvolto dalla richiesta della ragazza: iniettarle quella robaccia direttamente in circolo, senza diluirla e senza che prima fossero state completate tutte le verifiche di laboratorio. La donna gli sorrise dolcemente, ma i suoi occhi erano oltremodo determinati: avrebbe fatto vedere al suo socio che si sbagliava a darle sempre dell’inetta, non se lo meritava, non dopo gli enormi progressi che aveva fatto negli ultimi anni. E poi, non poteva rischiare che lui rimasse ferito mentre affrontava da solo un’intera milizia di mercenari addestrati.
 

- Non mi interessa il tuo rifiuto, Kitao: sono io che decido, qui- e sollevò eloquentemente la propria colt a sostegno della sua affermazioni – Quindi, mentre preparo la colazione a Ryo che tornerà tra un paio d’ore, tu fai il santo piacere di darti da fare!- e si voltò verso i fornelli, infilando l’arma nella cintura di cuoio della tuta mimetica che aveva indossato nel frattempo. L’uomo osservò la schiena della sweeper, rapito da tanta determinazione: sembrava incredibile che quella ragazza all’apparenza fragile e gentile, nascondesse un coraggio ed una fierezza così grandi. Ma gli faceva male sapere che le sue azioni avevano il solo scopo di salvare un altro uomo, che riteneva più importante della sua stessa vita. Che aveva di speciale quel Saeba?
 

Continuò a fissarla, mentre recuperava i materiali per lavorare e un’idea si fece largo nella sua mente: e se l’avesse tramortita e legata per impedirle di andare? Come aveva detto lei stessa, il suo socio sarebbe stato presto di ritorno e ci avrebbe pensato lui a piegare le sue intenzioni suicide. Silenzioso più che poteva, si avvicinò ad una sedia e la afferrò saldamente per lo schienale: Kaori continuava a dargli le spalle, intenta nelle proprie faccende… o, almeno, così credeva. La ragazza aveva intuito da tempo cosa stava per fare il suo cliente: stando con Ryo, anche il suo intuito si era un poco affinato e di certo non poteva ignorare un tentativo di assalto tanto maldestro.
 

- Fossi in te, non lo farei. Non amo chi cerca di prendermi di nascosto alle spalle e tu non sei neanche un professionista: anche io mi sono resa conto dei tuoi intenti- il suo stupore si scontrò con le iridi nocciola della donna che, appoggiata al piano in formica della cucina, lo osservava con le braccia conserte: la sua espressione era quella di una madre che scopre il figlio con le mani nel barattolo di marmellata. I suoi occhi esprimevano benevolenza e gentilezza e lui capitolò.
 

- Va bene, come vuoi. Ma sarà il caso che ti avverta dei possibili effetti collaterali- Kaori sorrise, girandosi di nuovo verso il piano cottura dove stava bollendo il riso.
 

- Puoi dirmi tutto quello che vuoi, anche che rischierò la vita per colpa di quell’intruglio, ma non mi interessa: io aiuterò Ryo- E se per caso avesse fallito anche questa volta, si disse, tra sé e sé, se ne sarebbe andata sul serio. Kitao, ormai vinto, iniziò a sintetizzare la sostanza, mentre le forniva le spiegazioni del caso.
 

- Beh, sappi che non sappiamo esattamente cosa ti succederà con questa roba in circolo nel sangue: i nostri esperimenti per ora si sono fermati solo a porzioni di tessuto umano: oltre ad alterare la mappa cromosomica, potrebbe interagire con il tuo sistema nervoso, modificare la tua personalità o dio solo sa che altro- la mano della sweeper si bloccò a mezz’aria: la voce distaccata del ricercatore le era cascata in testa come una doccia fredda. Lui non stava minimamente scherzando: catturò, così, tutta la sua attenzione.
 

- Va’ avanti- lo esortò.  

- Una cosa la sappiamo di per certo: assorbire troppo metallo all’interno dell’organismo può causare un avvelenamento da metalli… ed, il peggiore, è l’avvelenamento da piombo- la donna annuì e si fece sempre più attenta, mentre il ricercatore le elencava i sintomi che avrebbe dovuto tenere d’occhio. Era veramente un rischio enorme quello che aveva intenzione di correre, ma non si sarebbe tirata indietro: stavolta avrebbe protetto lei Ryo, fosse stata anche l’ultima cosa che avesse fatto in vita sua.  

 

***
 

 

- Insomma, è come se aveste scoperto l’elisir per l’immortalità… e credo di capire che non siate stati poi tanto pronti a venderlo, soprattutto a qualcuno i cui scopi erano dichiaratamente bellici- commentò lo sweeper, riportandolo bruscamente alla realtà.
 

- Già. Però, vedi, oltre a questo, ci sono svariati motivi per cui non volevamo cedere la formula: prima di tutto, non avevamo ancora fatto alcuna prova su un essere umano vivente, ma solo su primati e su cadaveri, quindi non sappiamo se potrebbe creare interazioni particolari con il sistema nervoso centrale. Inoltre, se si viene colpiti in parti vitali non funziona certo come una corazza, si muore in ogni caso. E poi…- deglutì rumorosamente, cercando di farsi forza – alla lunga gli effetti per un’elevata concentrazione di metallo nell’organismo sono devastanti e conducono direttamente alla morte- il volto di Ryo sembrava essere stato scolpito nel marmo: conosceva gli effetti dell’avvelenamento da piombo e pensare che Kaori avrebbe potuto dover subire una tale fine...
 

- E in tutti questi mesi che cosa avete fatto invece di scoprire tutti i possibili effetti?- si informò, mantenendo la sua proverbiale impassibilità, sebbene dentro il suo animo fosse in tumulto. Doveva restare professionale fino in fondo, o non sarebbe mai riuscito a salvarla.
 

- Beh, abbiamo cercato di elaborare una specie di antidoto: vedi, questo composto comporta pesanti stravolgimenti anche a livello cromosomico e penso che anche tu sappia che un’alterazione genetica è un processo irreversibile . Quindi stavamo sviluppando una sostanza che potesse essere iniettata per invertire il procedimento innescato dalla prima, fino a ricondurre l’organismo ad una situazione di normalità… ormai manca molto poco, dovevamo testare proprio la soluzione sintetizzata da me e mia sorella- il ricercatore, con la morte nel cuore, osservò lo sweeper alzarsi e posare le tazze, ormai vuote, nel lavandino. Era inutile rivelargli quello che aveva capito da solo: aveva notato il suo sguardo vacuo in direzione della siringa che giaceva, ormai inutile, sul tavolo. Kaori, infatti, conscia delle sue ridotte capacità, aveva insistito per avere la certezza che in qualsiasi caso avrebbe portato a termine l’incarico: se anche fosse stata colpita, la sua cliente sarebbe stata tratta in salvo. A nulla erano valse le minacce e le suppliche di Kitao e Ryo immaginava perfettamente cosa fosse passato per la testa dalla propria socia… si maledisse mentalmente per la propria stupidità.
 

- E come faceva Kaori a sapere dove avevano portato tua sorella?- l’uomo non aveva neanche più la forza di reagire: si limitò ad alzare un braccio ed ad indicare la porta della stanza dello sweeper. Lui, senza pensarci due volte, si precipitò in camera da letto, spalancando con irruenza la porta socchiusa: l’aroma vanigliato della sua socia aleggiava ancora nell’aria, segno indiscutibile del suo passaggio… l’uomo assaporò per qualche istante quel profumo che lo faceva sentire bene, prima di notare qualcosa di strano: nel mezzo del suo letto stava un portatile, identico a quello che avevano installato sull’auto. Si avvicinò fino a sfiorare le lenzuola, ben sapendo quello che avrebbe visto: una mappa di Tokyo con un piccolo segnale rosso che lampeggiava. In questo momento indicava casa sua e, più precisamente, il salotto. La spiegazione gli balzò rapida alla mente.
 

Gli aveva attaccato addosso una cimice!
 

Ma, quando? E, soprattutto, come? Lui non si era accorto di nulla… la rabbia montò nuovamente nel suo animo: si era fatto giocare come un pivello e dalla propria compagna!
 

Poi, ricordò. Fu peggio che ricevere una delle sue potenti martellate.
 

La pelle del suo braccio ricordava ancora il tocco delicato delle mani della socia, come se quella notte fosse stata marchiata a fuoco. Era stato in camera di Kaori, poco dopo l’attacco, quando poi lui aveva perso il controllo e con le sue urla l’accusava di essere un’incapace. Corse verso la sala e si diresse senza alcuna esitazione verso la giacca abbandonata in un angolo: la sollevò e vide il trasmettitore all’interno del risvolto. La ragazza s’era levata la trasmittente che lui aveva sempre premura di metterle addosso, camuffata nei bottoni delle sue camice, e gli aveva ricambiato la premura. Aveva pensato già a tutto, poco ma sicuro… strinse tra le dita il fragile apparecchio, distruggendolo.  

 

La giovane si nascose tra l’erba secca, con tutti i sensi all’erta. In lontananza si intravedeva la sagoma spoglia di una fabbrica, ovviamente dismessa: un enorme scatola metallica, con vetrate a shed rotte in più punti ed un enorme piazzale polveroso davanti. Controllò rapidamente la situazione, prima di penetrare attraverso un taglio nella rete metallica: gli spigoli tranciati rilucevano ancora e sembravano stati tagliati di fresco… probabilmente stava seguendo il percorso che il suo socio aveva fatto quella notte stessa. La maglia della tuta mimetica si impigliò nella recinzione, obbligandola a lottare per liberarla, e si maledisse per la propria goffaggine: un elefante in una cristalleria avrebbe sicuramente fatto meno danni di lei. Accortasi che stava facendo troppo rumore, si acquattò a terra, talmente vicina al suolo da sentire l’odore secco della terra riarsa: per l’ennesima volta, e di testa sua per giunta, si stava ficcando nei guai. Doveva stare attenta: dopo tanti anni aveva sicuramente imparato come muoversi senza farsi sentire e non poteva certo fallire in quel momento, pena la sua vita. Stavolta Ryo non sarebbe corso a salvarla in extremis. Un sorriso amaro curvò le labbra delicate della ragazza nel rievocare il suo compagno: come minimo era già tornato ed aveva torchiato il povero Kitao, scoprendo tutto. Ma ormai non poteva proprio far nulla per fermarla: anche se si fosse precipitato lì seduta stante, sarebbe arrivato quando tutto era già finito.  

Convinta che tutto fosse tranquillo, estrasse un coltello da caccia dal fodero appeso alla cintura e continuò ad avanzare tra gli arbusti, diretta verso l’edificio silenzioso. Improvvisamente, un bagliore attirò la sua attenzione: qualcun altro era nascosto nell’erba e quello sembrava proprio il riflesso del sole sulla canna di un fucile. Aumentando esponenzialmente le proprie precauzioni, si avvicinò facendo un ampia deviazione circolare per capitare alle spalle del suo misterioso avversario; tuttavia, non fu abbastanza lesta: il soldato avvertì la sua presenza ed aprì il fuoco. Kaori scartò di lato, lanciando la propria arma: la lama si conficcò per tutta la sua lunghezza nella fronte del malcapitato, mentre lei avvertì una fitta al braccio dove il proiettile l’aveva raggiunta. Rapido, il sangue iniziò a sgorgare, imbevendole la manica; con un gesto meccanico, strappò il tessuto, per potere avvolgere la ferita e bloccare l’emorragia, ma quale fu il suo stupore nel vedere la pelle richiudersi pian piano, cancellando ogni traccia dei fori di entrata e uscita del proiettile. Con circospezione, mosse l’arto, constatando che non avvertiva alcun dolore: allora il farmaco di Kitao funzionava sul serio! Esultò e si avvicinò alla propria vittima: la radio che portava al fianco gracchiava rumorosamente, chiedendo che fosse mai successo.
 

- Tutto a posto: era solo un gatto- rispose la donna, camuffando la propria voce nella speranza di non bruciarsi definitivamente l’effetto sorpresa.
 

- Imbecille, e ti pare il caso di fare tutto sto casino per una stupida bestia? Guarda che rischiamo solo di tirarci addosso tutta la polizia del Giappone!- Kaori rise, immaginando Saeko e tutto il suo distretto piombare come la legione straniera sulla piccola fabbrica e sgominare la banda di malfattori. Si ricompose.
 

- Hai ragione. Starò più attento. Passo e chiudo- e gettò la radio tra l’erba alta: ora aveva poco tempo, prima che laggiù si insospettissero sul comportamento strano della loro sentinella. Si soffermò a guardare il cadavere che giaceva accanto a lei: aveva ucciso un uomo per la prima volta nella sua vita.
 

E non sentiva niente.
 

Non era sconvolta… né distrutta… non si sentiva un verme per aver annullato la vita di un altro essere umano.
 

Magari dipendeva dal fatto che erano molti anni che viveva a fianco alla morte, condividendone spesso il tortuoso ed oscuro cammino, giocando con essa, sfidandola, inseguendola e sfuggendole. Oppure, più semplicemente, perché al momento non aveva tempo per fermarsi a pensare, si disse a mo’ di giustificazione. Si impiastrò il braccio col nerofumo per non farlo spiccare nell’erba in maniera eccessiva e rubò il coltello del mercenario non avendo il coraggio di estrarre il proprio. Quindi, riprese ad avanzare.  

 

Doveva far presto.
 

Il volto teso, guidava come un pazzo attraverso il tremendo traffico cittadino dell’ora di punta: scalò dalla quinta alla quarta, facendo salire di giri il motore, e si gettò nella corsia opposta per sorpassare buona parte della coda. Ignorò le clacsonate che gli vennero rivolte dagli automobilisti inferociti e fermi da ore e si infilò in un pertugio tra un autotreno ed un autobus pubblico. Inchiodò, mentre cercava di recuperare il proprio cellulare dalla tasca della giacca, per poi infilarsi tra le due file ordinate e proseguire nella sua folle corsa. Compose a memoria un numero senza neanche guardare la tastiera e, non appena avvertì qualcuno sollevare il ricevitore dall’altra parte, attaccò ad urlare.
 

- Saeko, devi assolutamente farmi arrivare subito dall’altra parte della città!- sbraitò, mentre si infilava nella corsia d’emergenza. L’ispettrice rimase sorpresa dal tono sconvolto dello sweeper, che lui sfoderava solo nelle “grandi occasioni”, ma cercò di mantenere un certo distacco. Guardò l’orologio: le sette e mezza.
 

- A quest’ora? Ryo, guarda che per i miracoli devi chiamare a qualche piano più su...- sentì l’uomo ringhiare, mostrando come non avesse apprezzato la sua battutaccia.
 

- Senti, non ho tempo per le idiozie: se è necessario, vieni tu stessa a farmi da scorta… tanto più che un motivo per muoverti te lo fornisco subito: io so dove sta il gruppo autonomo dell’Oman. Devo dirti altro?- la donna si alzò di scatto, intuendo che l’uomo non le stava mentendo. Se era rimasto invischiato con quella gente, significava che molto probabilmente la stessa Kaori era finita nei guai. Ecco il perché di tanta urgenza. Senza pensarci due volte, fece segno ad uno dei suoi attendenti di avvicinarsi e lo istruì rapidamente: il poliziotto, fattosi bianco in volto nell’apprendere la notizia, partì a mobilitare tutte le squadre. Lei si limitò a prendere le chiavi della sua porche rossa, la borsetta ed il soprabito… e si ricordò di essere ancora al telefono.
 

- Allora, dove sei?- Ryo sorrise: quella donna sapeva il fatto suo e questo era sicuramente un bene. Non per niente era stata l’assistente di Maki! E, conoscendo la sua ambizione, non si sarebbe fatta scappare un colpaccio del genere… quasi sicuramente, se non ci fossero stati i fratelli Akizuchi, sarebbe presto venuta lei a chiedergli di scovare la banda. Continuò il suo slalom in quella giungla di lamiere, cercando un cartello qualsiasi con cui dare un’indicazione precisa della propria posizione.
 

- Tangenziale est, direzione centro, uscita 23- la poliziotta sospirò, valutando la distanza: non ci avrebbe messo molto a raggiungerlo.
 

- Bene, fermati e smettila di spaventarmi gli altri automobilisti. Arrivo subito- e riattaccò. Lo sweeper inchiodò di colpo, rientrando poi nella corsia d’emergenza: spense la macchina ed accese una sigaretta per ingannare l’attesa. Ma, dopo un paio di tiri, sentì il rumore di una sirena: quando Saeko diceva “subito”, era da prendere alla lettera. Ben presto una macchina sportiva rossa gli si affiancò e partirono a razzo, fendendo rapidamente il traffico dei pendolari del mattino in direzione della zona industriale.  

 

Kaori si appoggiò alla lamiera rovente, sospirando. Era arrivata a destinazione, senza ulteriori intoppi, ma ora doveva trovare un punto d’accesso alla struttura. Strisciò rasente la parete, attenta a togliere dal proprio cammino cocci di ceramica, rametti e qualsiasi cosa potesse causare rumore: era tranquilla e serena, come se non si fosse trovata nella sua prima missione da sola. Oppure, proprio perché doveva contare solo su sé stessa, riusciva a pensare con maggiore lucidità…
 

Raggiunse il retro e trovò una porta secondaria: si sporse attraverso il vetro inserito nell’anta e scrutò l’interno: l’accesso conduceva ad un piccolo ufficio polveroso, completamente deserto. Facendosi coraggio, strinse la maniglia tra le dita e varcò la soglia.
 

Si chiuse l’uscio alle spalle, sempre prestando attenzione a non fare rumore e si avvicinò alla scrivania che occupava gran parte del piccolo locale: sul piano impolverato si stagliavano dei fogli ricoperti da formule chimiche scarabocchiate da una mano tremante.
 

Trasalì, nell’avvertire qualcuno avvicinarsi. Si guardò intorno, alla ricerca di un nascondiglio, mentre il rumore di passi di faceva via via più forte, gettandola nel panico. Nella stanza non vi era altro mobilio ad esclusione della scrivania e sarebbe stato un azzardo usarla come rifugio; finalmente, sulla parete, notò una bocchetta dell’aerazione che sembrava abbastanza larga da consentirle il passaggio. Rapida, si avvicinò alla griglia di protezione e la scardinò, senza fatica, dalla guida: la inserì nel tubo, per poterla rimettere al suo posto e, quindi, si issò con la sola forza delle braccia. Si stupì di questa sua nuova prestanza fisica: probabilmente era uno degli effetti collaterali della sostanza che le era stata iniettata… appena tornata lo avrebbe comunicato a Kitao, sicuramente gli avrebbe fatto comodo saperlo. Ricollocò la grata al suo posto giusto in tempo per celare la sua presenza a due uomini che erano entrati nell’ufficio. Erano vestiti con pesanti tute mimetiche color ocra, di quelle adatte ai terreni desertici, e portavano dei mitra carichi appesi alle spalle, pronti per essere imbracciati.
 

- Te lo sei sognato, non c’è nessuno qui- il più giovane dei due girò anche intorno alla scrivania, per sicurezza, mostrando come nella stanza non ci fosse nessuno.
 

- Pensala come vuoi, ma è entrato qualcuno, ne sono certo- dissentì l’altro, guardando con aria pensosa la porta, prima di voltarsi verso la griglia di aerazione. A Kaori si mozzò il fiato, temendo di essere stata vista… non era nella posizione migliore per difendersi da un attacco, se ne rendeva perfettamente conto. Non osava neanche allontanarsi ulteriormente, pena il rischio di essere sentita; chiuse gli occhi e attese.
 

I secondi passarono, lentamente, ma i mercenari non sembravano intenzionati a lasciare la stanza: la sweeper stava iniziando a considerare seriamente l’idea di eliminarli, quando, la radio gracchiò, ferendo il silenzio di tomba.
 

- Che fine avete fatto? Invece di star lì a ciondolare, datevi da fare! Quell’imbecille di John non risponde più… andate a vedere se si è addormentato sotto il sole!- tuonò una voce maschile dal marcato accento straniero.
 

- Si, signore, subito- fu la laconica risposta data mentre già si precipitavano all’esterno. Aveva i secondi contati ormai, non poteva permettersi ulteriori indugi; silenziosa come un gatto, iniziò a scivolare nel condotto d’alluminio, cercando di orientarsi in quell’oscurità polverosa.  

 

- Sono qui? Sicuro?- Ryo e Saeko stavano accucciati nell’erba alta, scrutando la situazione.
 

- Certo che sono sicuro. Ho mai sbagliato?- confermò lo sweeper, rasentando la presunzione. Tuttavia, se lo poteva permettere. City Hunter non aveva mai sbagliato un colpo, era famoso proprio per quello: implacabile coi nemici, infallibile nelle proprie missioni. Tanto bravo da essere contattato dalle stesse forze dell’ordine per risolvere i casi più spinosi. La poliziotta annuì, condiscendente, e si allontanò per tenere buone le squadre schierate, in attesa dell’ordine di fare irruzione.
 

Saeba fissò con aria lasciva il corpo della donna, lasciandosi andare ad una smorfia eccitata… che svanì in fretta, nell’urgenza del momento. Aveva un compito da svolgere, per dare una botta all’ispettrice avrebbe avuto tutto il tempo dopo!
 

Furtivo come un’ombra, avanzò nella sterpaglia, sollevando piccole nuvolette di terriccio secco e fine come borotalco: ben presto i suoi pantaloni scuri furono imbrattati ed immaginò le urla che gli avrebbe lanciato contro Kaori al momento di lavarli. Santo cielo, quella ragazza aveva sempre di che lamentarsi!
 

Sorrise, immaginando la socia che, con i lineamenti stravolti, gli lanciava contro l’ennesima filippica: il sangue come sempre gli si rimescolò e la sua concentrazione venne meno per un istante. Proprio in quel momento vide qualcosa di strano: quasi gli prese un infarto nel vedere chiazze di sangue che macchiavano il manto erboso bruciato dalle gelate invernali. Dimenticando ogni prudenza, si gettò in avanti, per scontrarsi con un cadavere in tuta mimetica… il cadavere di un uomo!
 

Lentamente, lo voltò e rimase sconvolto nel vedere com’era morto: piccoli insetti si erano già avventati sulla ferita nella fronte, impastandosi con il sangue rappreso. Lo abbandonò al suo destino, raccogliendo una manica intrisa dello stesso liquido, che apparteneva ad una tuta che conosceva bene: Kaori era stata lì e, con ogni probabilità, dopo esser stata ferita, aveva freddato il suo assalitore. Strinse con forza il tessuto, sentendo la rabbia aumentare esponenzialmente: alla fine era stata costretta ad uccidere… e crudelmente, per giunta! Gli era quasi impossibile crederlo, ma il cadavere che aveva di fronte valeva più di mille parole.
 

Aveva fallito. La sua socia si era sporcata le mani.
 

Makimura avrebbe potuto fulminarlo con una maledizione, se lo sarebbe ampiamente meritato.
 

Ed, oltre tutto, aveva ancora meno tempo del preventivato: probabilmente aveva già assorbito almeno un proiettile, ponendo una seria ipoteca sulla sua salute.
 

Un rumore di voci concitate lo costrinsero a mettersi in guardia. In un primo momento pensò di dileguarsi senza far nulla, ma con la scoperta del cadavere del mercenario sarebbe sfumato l’effetto sorpresa, quindi si risolse ad eliminare il problema. Estrasse il coltello dalla fronte del soldato ed un fiotto di sangue schiattò fuori, macchiandogli il fondo dei pantaloni, nonostante il tizio fosse morto da un pezzo: scoccò un’occhiata disgustata all’uomo, prima di raddrizzarlo seduto in qualche modo e nascondersi nell’erba.
 

- John, tutto bene?- ovviamente il soldato non ottenne risposta. Si avvicinò e prima che potesse sfiorare la spalla del suo ex compagno, si trovò addosso Ryo, balzato felinamente su di lui: lo sweeper era talmente abituato a rappresaglie ben peggiori di questa che gli tagliò la carotide senza neanche guardare, prima di gettarsi sul suo compagno. E, mentre il primo cadeva, i due si ritrovarono a terra, lottando furiosamente: tutto si era svolto tanto rapidamente che il mercenario non era stato in grado di imbracciare il fucile in tempo e sparare al nemico, comparso da chissà dove. Pugni furiosi fendevano l’aria in entrambe le direzioni, andando spesso a segno: entrambi erano evidentemente valenti combattenti, ma dalla parte di Ryo c’era un’esperienza molto più temprante. Ben presto furono completamente coperti di un impasto ruvido, fatto di polvere e sangue, che fece perdere la presa allo sweeper sul manico del coltello: la lama brillò, colpita dal sole, mentre carambolava qualche passo più in là. La reazione fu fulminea: entrambi cercarono di raggiungere l’arma, ma il testa a testa si concluse come da copione: il giapponese afferrò per primo il coltello e aprì un largo squarcio nell’addome del proprio avversario. Lo scuro sangue venoso iniziò a scorrere lentamente lungo la mimetica del mercenario che, incredulo, cadde in ginocchio con un mugolio soffocato; tuttavia, le ferite di quel tipo erano famose per essere dannatamente dolorose, quindi Ryo lo finì pietosamente con un netto taglio della gola. Soddisfatto, pulì le mani e la lama sui pantaloni delle proprie vittime, e riprese ad avanzare.  

 

Finalmente era arrivata a destinazione: facendo la stessa operazione di prima, si calò nella stanza, andando a nascondersi rapidamente dietro ad un mucchio di casse di legno chiaro. Osservò l’ambiente, avvolto nella penombra: radenti le pareti erano addossati scatoloni ed imballaggi vari, mentre, al centro, proprio sotto le vetrate incrostate dalle polvere e dagli anni da cui penetravano pochi raggi solari, la superficie era sgombra. Ad un tavolo stava Miaka, intenta a sintetizzare qualcosa che ricordava molto la sostanza giallastra che suo fratello le aveva dato qualche ora prima, mentre, su due sedie di legno scuro, erano accomodati due militari che la tenevano sotto tiro, senza perdersi neanche un suo movimento.
 

Kaori si chiese che fine avessero fatto gli altri… per essere una milizia le sembravano un po’ pochi e temeva brutte sorprese. Finalmente si mosse, cercando di guadagnare un punto di osservazione migliore, ma non voleva avvicinarsi troppo: se erano della stessa pasta del suo socio, avrebbero di certo avvertito il momento in qui avrebbe armato la sua pistola. Si sporse di nuovo, ma non vide nessun altro: ormai rassicurata, uscì allo scoperto, sparando al primo dei due soldati che si schiantò a terra, mentre una pozza di sangue vermiglio si allargava in corrispondenza della testa. La ricercatrice urlò, lasciando cadere a terra le proprie provette, ma, nel riconoscere Kaori si rasserenò e, assecondando un suo muto ordine, si nascose sotto il tavolo. Il secondo militare imbracciò il mitra e sparò una manciata di colpi che colpirono la ragazza allo stomaco: una fitta dolore si propagò per tutto il suo corpo, mentre avvertiva un flusso caldo scendere lungo le gambe. Cadde in ginocchio, sentendosi molto debole ma, ben presto le ferite si rimarginarono e si attenuò anche il male: sollevò, fiera, il capo e per un lungo attimo si guardarono negli occhi. Negli occhi azzurri di lui si leggeva sgomento e sorpresa… era poco più che un ragazzo e non si capacitava che la donna fosse ancora viva e vegeta; lei, però, invece di limitarsi a disarmarlo o ferirlo, lo freddò con un preciso colpo in mezzo agli occhi. Non avevo altra scelta, si disse: o lui, o me. Osservò con distacco i due corpi, mentre la sua cliente riemergeva dal suo nascondiglio, incredula: Kaori si era fatta iniettare il farmaco dell’invincibilità? Un brivido di eccitazione le scese lungo la schiena, ma fu presto spazzato dalla preoccupazione: la ragazza era strana, diversa dal solito e temeva che gli effetti collaterali del ritrovato non fossero solo quelli. Si avvicinò con circospezione, impaurita senza neanche sapere perché. La sweeper le rivolse un sorriso incoraggiante, prima di irrigidirsi nuovamente: in un attimo le fu addosso, scaraventandola a terra, mentre una raffica di colpi attraversava l’aria fino ad un secondo prima tranquilla.
 

- State attenti, è l’assistente di City Hunter!- urlò uno dei soldati, nascondendosi dietro ad una casa. Nuovi colpi ferirono il terreno intorno alle due ragazze, sollevando terriccio e pezzi di legno: Miaka urlò, spaventata, mentre Kaori la trascinava in un angolo. Dietro di loro si allungò una striscia di liquido scuro: la ragazza era stata di nuovo ferita, questa volta alla schiena. Si rimproverò mentalmente: non fosse stato per la sua idea di utilizzare la nuova scoperta, sarebbe già morta un sacco di volte… che razza di incapace, Ryo l’avrebbe già rimproverata un sacco di volte e a ragione. Un dolore sordo proveniente dalla nuca le impediva di concentrarsi bene, tanto da renderle difficile la messa a fuoco visiva: iniziava a vedere abbastanza sfuocato…probabilmente aveva perso troppo sangue, si disse, mentre le ferite si chiudevano.
 

- Kaori, tutto bene?- le chiese Miaka, notando il suo eccessivo pallore.
 

- Si, tranquilla. Mi riprendo subito, dammi il tempo di riposarmi un attimo… vedrai che ti tireremo fuori di qui- le sorrise, sentendosi sempre peggio: ora iniziava anche ad avere tremende fitte nell’addome. Probabilmente iniziava a sentire i primi effetti di tutte le pallottole che aveva inglobato. Kitao l’aveva avvisata riguardo ai rischi che correva, il peggiore dei quali era l’avvelenamento da piombo: effettivamente i sintomi c’erano tutti.
 

Non aveva proprio altro tempo da perdere.
 

Raccogliendo le ultime forze, si sporse dal nascondiglio per valutare la situazione: con un rapido conto, valutò di essere sotto il tiro di almeno una ventina di uomini, posti sui vari lati della stanza. Riepilogò le pallottole che aveva a disposizione e si decise: imbracciò con foga forse eccessiva l’arma e prese la mira, incurante dei colpi che le fischiavano vicino alle orecchie.
 

- Stai giù e non muoverti per nessun motivo!- intimò alla propria cliente, che obbedì senza fiatare. Ignorò l’ennesimo proiettile che le penetrò nella spalla e sparò alla rinfusa, decimando non si sa come la forza nemica… ma, ormai, era allo stremo delle forze. La vista le si fece sempre più confusa e appoggiò la fronte sudata alla cassa dietro cui si stava nascondendo, sentendo l’intensità del fuoco degli avversari farsi via via più debole.
 

Ryo
 

Il suo socio era finalmente arrivato. Svenne, sapendo che non aveva più nulla da temere.  

 

Le impronte sul terriccio erano immediatamente leggili, come se fossero state illuminate da un faro potentissimo: lo sweeper riconobbe la suola degli stivali di Kaori e di affrettò a cancellare ogni possibile traccia per evitare che fossero individuate da un’eventuale ronda. Seguendo il suo stesso percorso, arrivò alla porta sul retro: entrò nel piccolo ufficio a cui scoccò un’occhiata superficiale e si avvicinò alla porta che dava direttamente all’interno del corpo di fabbrica. Dal serramento filtrava dell’aria stantia ed umida, impregnata dell’odore ferroso del sangue… la lotta era già incominciata, evidentemente e, dalla tensione che avvertiva, non era neanche finita. Quindi, la sua socia era ancora viva! Si concesse un attimo di sollievo, capendo di essere arrivato in tempo, prima di riprendere la concentrazione… ed ecco, il tuonare delle armi da fuoco riempì l’aria, squassandola come un tornado: rapido, si gettò nel corridoio, avvertendo l’odore bruciante della polvere da sparo che gli feriva ancora più prepotentemente l’olfatto.
 

Il corridoio era completamente buio ed il soffitto alto permetteva al suono di rimbombare, saltellando da una parete all’altra, amplificando oltre il verosimile gli scoppi della battaglia in corso: Ryo correva basso sulle gambe, le dita della mano sinistra che sfioravano il suolo per eliminare qualsiasi ostacolo che avrebbe potuto generare rumore e palesare la sua presenza.  

E, rapida com’era iniziata, la sua corsa si arrestò. Si acquattò dietro ad un angolo e sporse lentamente la testa: due soldati stavano proprio lì davanti a lui, talmente intenti a prendere la mira da non notare la sua presenza. Le sue dita andarono rapide alla tasca della giacca e strinsero il sottile cavo d’acciaio che vi aveva riposto prima di uscire: era un altro vecchio trucco che aveva imparato ai tempi della guerriglia e che veniva sempre utile per uccidere un nemico senza far rumore. Il suo sguardo brillò di una luce malevola e primordiale mentre arrivava alle spalle delle sue inconsapevoli vittime: strinse il cappio attorno al collo del primo, talmente forte che il sangue sprizzò intorno come una pioggia finissima, mentre dalla trachea usciva, sibilando, l’ultimo soffio d’aria dei polmoni.
 

- Sakuya, ma che…- la frase dell’altro mercenario rimase per sempre tronca, mentre la sua testa rotolava sul pavimento.
 

Meno due.
 

Si guardò in giro, per valutare quanti altri nemici avrebbe dovuto eliminare: la milizia era ben disposta e tutta concentrata ad attaccare un insieme di bancali sul lato opposto del magazzino, ma non sarebbe stato poi un problema prenderli di sorpresa. Nel mezzo della stanza, notò due cadaveri immersi in un lago di sangue, probabile fonte dell’odore che aveva sentito prima: entrambi erano stati colpiti alla testa, senza alcuna possibilità di scampo. Si chiese se era stata proprio la sua socia a sfoderare tanta freddezza e crudeltà: proprio lei che gli aveva insegnato a non uccidere nessuno…  

Il cuore gli si strinse in petto al solo pensiero, ma non potevano esserci dubbi al riguardo: anche se la mira non era precisa, Kaori, rintanata nel suo angolo, proseguiva nella propria strage personale, mentre i soldati sembravano non capacitarsi della sua furia distruttiva.
 

Si fece coraggio e continuò ad avanzare, eliminando via via tutti i mercenari superstiti che si trovavano sul suo cammino: più lui fosse stato rapido e prima avrebbe bloccato la sua socia, per liberarla da quel demone che sembrava possederla. Lento, ma inesorabile, si avvicinava al punto da cui proveniva quella pioggia di proiettili, notando un numero maggiore di dettagli: la donna era pallida e sudata e faticava palesemente a reggere la sua arma. Ormai le braccia erano appoggiate mollemente alla cassa che aveva davanti, non faceva neanche più nulla per schivare i colpi di mitra… ma la cosa che lo colpì e lo preoccupò maggiormente furono i suoi occhi: quegli occhi generalmente caldi e fieri, ora erano iniettati di sangue e privi di emozioni, incastonati nel viso cereo di una macchina per uccidere, non certo della ragazza innocente ed indifesa con cui aveva convissuto per tutti quegli anni.
 

Miaka era senza parole: la luce priva di umanità che leggeva negli occhi di Kaori la spaventava ancora più di quanto avessero fatto i suoi rapitori e fu quasi sollevata quando vide che perdeva i sensi.  

 

Finalmente i mercenari erano stati abbattuti o ridotti all’immobilità e Ryo poté avvicinarsi alla coppia di donne.
 

- Oh, Kaori, mi dispiace…- la loro cliente piangeva disperatamente, stringendo tra le braccia la sua socia e mormorando ripetutamente quanto fosse addolorata per quello che le era successo. Lo sweeper si sentì mancare nel vedere lo stato della sua compagna: mollemente abbandonata tra le braccia della ricercatrice, le dita ancora strette intorno all’impugnatura della pistola, era pallida oltre ogni immaginazione e il volto era contorto in una smorfia di sofferenza che non le conosceva. Con delicatezza, la tolse a Miaka, asciugandole la fronte imperlata di sudore gelato e avvertendo con dolore il suo respiro leggero e quasi inesistente: era solo colpa sua se lei ora stava in quello stato, ne era ben cosciente. Non avrebbe dovuto trattarla così duramente…
 

Era sempre la stessa storia: con lei non riusciva mai ad essere gentile, o cercava sempre di farla irritare o non riusciva a controllare le sue reazioni sempre estreme. Era grande il potere che aveva su di lui e sui suoi sentimenti e neanche se ne rendeva conto: la sua piccola innocente partner, pensò con un sorriso.
 

La giovane ricercatrice osservava ammutolita la scena, sentendosi a disagio di fronte a quel sentimento così forte e totalizzante che vedeva svelato sotto i propri occhi, senza alcuna remora. L’amore di Saeba era letteralmente palpabile in quell’istante: era totalmente vulnerabile e privo di barriere… e lei stessa si rendeva conto di quanto potesse essere raro vederlo così.  

- Si riprenderà?- la voce roca dell’uomo la riportò bruscamente alla realtà dolorosa del momento.  

- Non lo so. Io farò di tutto per sintetizzare l’antidoto definitivo in breve tempo… ma per ora dovremo occuparci del suo avvelenamento- ammise, sapendo che la promessa che gli aveva appena fatto avrebbe dovuto mantenerla, pena la sua vita. Gli occhi di Ryo si colmarono di tenerezza e preoccupazione, mentre si alzava per andare verso l’uscita della fabbrica: strinse contro il suo petto il corpo esanime della partner, che mugolò qualcosa di incomprensibile, mentre la cliente li seguiva a debita distanza. Intanto il sibilo assordante delle sirene della polizia invadeva l’aria e il sentiero sterrato che portava allo stabile era letteralmente invaso da automobili che sollevavano un gran polverone: di lì a poco la zona sarebbe stata gremita da uomini in uniforme. Dovevano sparire e portare Kaori al sicuro dove avrebbe potuto essere curata adeguatamente e Ryo conosceva una sola persona che avrebbe potuto nasconderli. 

 


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