Hojo Fan City

 

 

 

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Rated PG-13 - Prosa

 

Autore: Mistral '84

Status: In corso

Serie: City Hunter

 

Total: 6 capitoli

Pubblicato: 27-06-05

Ultimo aggiornamento: 15-07-05

 

Commenti: 4 reviews

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Songfic

 

Riassunto: Litigi. Parole velenose pronunciate senza riflettere. Un incarico perso. In poche parole, niente di diverso dalla solita routine della coppia di sweeper più famosa del Giappone: City Hunter. Ma questa volta Ryo si è spinto un po’ troppo in là, tanto da costringere Kaori a prendere una decisione drastica e definitiva per entrambi. Sempre che non succeda nulla per farla ritornare sui suoi passi. Dubbi, incertezze e un pizzico di romanticismo, sullo sfondo del quartiere Shinjuku di Tokyo.

 

Disclaimer: I personaggi di "All about loving you" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo.

 

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What does HFC mean?

 

It's the name of the web site. HFC = Hojo Fan City.

 

 

   Fanfiction :: All about loving you

 

Capitolo 2 :: Capitolo II

Pubblicato: 28-06-05 - Ultimo aggiornamento: 28-06-05

Commenti: Un bicchiere di vino, luci soffuse e una canzone dolcissima in sottofondo. Occhi scuri che si riflettono nelle lacrime di una ragazza… Una flower-girl rivela a Ryo una verità semplice, ma così potente da spingere lo sweeper ad alzarsi per inseguire una nuova felicità.

 


Capitolo: 1 2 3 4 5 6


 

All about lovin’ you  

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.  

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.  

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.  

 

Ottobre 2004  

Grazie a tutti coloro che hanno letto il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto e che possa piacervi anche questo.  

Un grazie speciale poi a Esus che ha letto, corretto e commentato in anteprima anche questo capitolo. Senza il tuo aiuto sarebbe stato tutto molto più difficile… grazie 1000!  

Mistral  

 

***  

 

Capitolo II  

Erano ormai passate alcune ore da quando Ryo aveva lasciato il bar di Miki; il tumulto di sentimenti che era scoppiato dentro di lui dopo l’ennesimo litigio con Kaori però non si era ancora placato.  

Non riusciva a darsi pace: si sentiva un perfetto idiota per come l’aveva trattata. Ma come accidenti gli era saltato in testa di dirle che non aveva bisogno di lei?! È vero, aveva deciso di troncare quel loro rapporto troppo complicato, che da una vita ormai si trascinava sul filo del rasoio, sempre in bilico tra amicizia e amore, ma non voleva farlo in quel modo tremendo…  

Ryo si lasciò cadere pesantemente su una panchina. “Riuscirà a perdonarmi anche stavolta?” si appoggiò allo schienale, buttando indietro la testa e osservando il cielo “Sì… non può lasciarmi… non così…” cercò di convincersi lo sweeper, prima che la ragione prendesse di nuovo il sopravvento “Però non posso continuare a farla vivere con me… devi andartene Kaori. Devi, è per il tuo bene… anche se io non vorrei…”  

Ryo trasse un sospiro: era sempre la stessa storia, da anni. Dentro di sé sapeva che non la teneva con sé solo perché gli era stata affidata da Makimura né perché ormai era entrata nella sua routine quotidiana… no, il motivo era molto più profondo: lei gli era entrata nel cuore. Ma questo il grande Saeba aveva paura di ammetterlo e faceva finta che non ci fosse niente.  

Anche se negli ultimi tempi era sempre più difficile.  

Guardò nuovamente in alto, nel cielo che ormai andava perdendo il rosso violaceo del tramonto, cercando invano le prime stelle della sera.  

Sospirò di nuovo. “Devo farla finita, in un modo o nell’altro: non può continuare così. È giusto che lei viva una vita normale…”  

Una folata del gelido vento di febbraio trascinò con sé alcune foglie secche, facendole vorticare. Ryo le seguì per un po’ con lo sguardo: quelle povere foglie che si inseguivano sulle lastre di cemento della piazza deserta somigliavano molto ai sentimenti che si inseguivano nel suo cuore…  

Alla fine il vento sembrò decidersi a lasciarle in pace e le depositò ai piedi di un lampione poco distante, alla cui luce Saeba poté vedere il loro splendido rosso sanguigno. Com’erano più belle ora che riuscivano a mostrare il loro vero volto! Sorrise tristemente e si sorprese a pensare di nuovo alla sua socia, alla luce che lei aveva portato nella sua vita e nel suo cuore… quante cose gli aveva insegnato senza saperlo, con la sua sola presenza… Cancellò quel pensiero semi-inconscio scuotendo la testa: non voleva dare un seguito a quella riflessione, l’avrebbe condotto troppo lontano, su un terreno pericoloso che, vigliaccamente, preferiva evitare. Si alzò e si rimise a camminare, senza una meta precisa, tentando il più possibile di mantenere la mente sgombra.  

 

Si era ormai fatto buio e il girovagare aveva portato lo sweeper in una parte della città che non frequentava praticamente mai; era la zona più occidentalizzata della capitale, dove si trovavano un gran numero di piccoli locali, graziosi ma di poche pretese, in cui si mangiava all’europea, ascoltando musica pop. 1  

Ryo si guardò intorno e notò l’insegna di un ristorante, un poco nascosto tra i grossi platani che fiancheggiavano la strada e, seguendo il brontolio del suo stomaco, decise di entrarvi.  

“Non mi va di tornare a casa… non voglio vedere Kaori, almeno finché non avrò trovato un modo per scusarmi con lei e allontanarla dal mio maledetto mondo senza ferirla ancora…” Aveva deciso: la sua socia se ne sarebbe andata, anche se non credeva che lei si sarebbe arresa così facilmente.  

Decise di dimenticarsi ancora una volta del problema, come faceva ormai da anni, e si avvicinò a grandi falcate all’ingresso del ristorante; sulla porta trovò un cartello che annunciava entusiasta la presenza, per quella sera, di una giovane cantante.  

“La bellissima Iris” lesse “Chissà se è bella davvero come dicono… anche se non è che me ne freghi poi molto…” gli scappò un sorriso tirato “Se mi sentisse Kaori resterebbe di sasso!”  

Ma subito, al solo pensiero della sua partner, Ryo si rabbuiò e si sfiorò con due dita la guancia sinistra, dove la socia l’aveva schiaffeggiato quel pomeriggio, sentendola bruciare.  

“Non ci devo pensare!” si impose, scuotendo violentemente la testa “Quando tornerò a casa le parlerò e la convincerò ad andare via…”  

Continuando a ripetersi quella frase come un mantra, Ryo entrò nel locale e si guardò intorno. Il piccolo ingresso era rialzato rispetto al resto della sala, illuminata appena lo stretto necessario. Alle pareti, per quanto gli consentisse di vedere la semioscurità, Ryo scorse una collezione invidiabile di fucili e pistole, assieme a vecchie foto ingiallite. I tavoli, non molto numerosi ma quasi tutti occupati, erano disposti ad anfiteatro attorno ad un palco ancora vuoto.  

Quel posto aveva un’atmosfera molto particolare e ricordava allo sweeper il locale di un vecchio amico, che amava frequentare quando era ancora in America. «Beh, il locale di Charlie non era proprio così» rise tra sé «Però anche questo posto gli sarebbe piaciuto… chissà poi se è ancora là o se n’è andato come voleva…»  

Lo sweeper rimase impalato in cima ai pochi scalini a guardarsi attorno finché un cameriere non gli si fece incontro, invitandolo a prendere posto, proprio vicino alle scale da cui sarebbero dovuti passare gli artisti che si sarebbero esibiti.  

Una volta seduto, Saeba continuò a guardarsi in giro con aria assente: c’era qualcosa in quel locale che gli dava una sensazione di dejà-vu e lo riportava indietro nel tempo, ma non sapeva definire cosa fosse.  

Diede solo una veloce occhiata al menù, decidendo all’istante che non avrebbe preso nulla, al di fuori forse di un whisky, il massimo che potessero permettersi le sue tasche. Fece una smorfia seccata: era in uno dei ristoranti più belli in cui fosse stato di recente e non poteva nemmeno mangiare come si deve. E tutto perché era un maledetto idiota, lei glielo diceva sempre che… il suo cervello si rifiutò di continuare il pensiero. “Sarà il caso che da domani mi metta a fare sul serio col lavoro…”  

Dopo un po’, il proprietario del ristorante, un uomo canuto sulla sessantina, gli si avvicinò per chiedergli se andasse tutto bene, ma quando vide in volto quel giovane dall’aria cupa che sedeva solo davanti al palco, perse la sua abituale compostezza e sul suo faccione gioviale si allargò un caldo sorriso. “Ryo Saeba? Sei proprio tu?!” lo salutò, battendogli una mano sulla spalla con fare cameratesco.  

Lo sweeper sembrò scuotersi un attimo dal suo torpore ma dal suo bel viso non scomparve l’alone di tristezza che lo velava. “Scusi?”  

“Ryo! Non ti ricordi di me? Il vecchio Charles! Va bene, saranno passati… toh, 10 anni, o forse di più, ma non pensavo mi avessi dimenticato!”  

L’altro lo fissò, stringendo leggermente gli occhi e alla fine sorrise. “Charles Finch! Come ho fatto a non capire che questo posto non poteva essere che tuo?!”  

“Me lo chiedo anch’io… potrei offendermi visto tutte le volte che mi hai scroccato il pranzo, quando avevo il mio bel localino a luci rosse a New York! ”  

“Già…” un’espressione da maniaco comparve per un attimo sul viso di Saeba “…avevi proprio un posticino niente male Charlie… come mai adesso se passato a questo?” disse poi, tornando serio e facendo girare un dito nell’aria a indicare il locale.  

Anche il vecchio agitò una mano, come per scacciare brutti ricordi. “Lascia perdere, qui gli affari vanno bene e sono al sicuro… è più che sufficiente per essere felici alla mia età. Piuttosto, tu come stai? Hai già ordinato?”  

“No che non ho ordinato Charlie, e non ordinerò: non ho uno yen, come al solito! Sul come sto…” Ryo esitò un istante “…bene, come sempre”  

Finch gli agitò l’indice davanti al volto. “Tu non me la conti giusta, Saeba… avanti, per stasera offre la casa, ma mi devi dire cosa c’è che non va”  

Lo sweeper sbuffò, allungandosi sulla sedia e incrociando le braccia dietro la testa. “Va tutto bene vecchio mio, solo che da troppo tempo non ho un soldo e non ho una donna, tutto qui. Comunque grazie per la cena!”  

Il proprietario del ristorante trasse un sospiro, ma non insistette oltre. “Non mi convinci, ma ti conosco e lo so che quando fai così non c’è verso di strapparti una parola, quindi mi arrendo…”  

Ryo gli sorrise, riconoscente, e Charles lesse in quel sorriso sfuggente un grazie che il giovane non gli avrebbe mai detto; poi si allontanò, raccomandando a Saeba di godersi lo spettacolo dimenticandosi per un po’ dei suoi guai. “Se è una donna che ti manca, adesso ne vedrai una straordinaria, Ryo: mi raccomando, non saltarle addosso prima che sia scesa dal palco…!”  

Lo sweeper gli fece un cenno di assenso col pollice, ma dentro di sé sapeva già che con quella ragazza non ci avrebbe nemmeno provato, davvero non se la sentiva.  

«Eppure lo so che il problema non è solo quello…» si diceva intanto Charles, allontanandosi «Non è il solito Saeba. Ci potrei giurare, anche se non lo vedo da dieci anni»  

Intanto Ryo, sempre allungato sullo schienale della sedia, fissava il soffitto con aria assorta. Però si riscosse quando percepì che delle persone si stavano muovendo dietro di lui e cominciò a udire un brusio sommesso tra il pubblico. Si voltò e vide scendere da una scala un po’ nascosta nella penombra una ragazza, abbastanza piccola di statura, che sorrideva dolcemente. Aveva una camminata particolare che la portava ad ancheggiare in maniera evidente, risultando estremamente sensuale ma senza scadere nella volgarità. I capelli lisci, castano chiaro, le arrivavano oltre le spalle e si muovevano un poco ad ogni passo, circondandole il viso come in una nuvola e facendola sembrare un piccolo angelo.  

Al vederla, Ryo sorrise tra sé. «Charlie aveva ragione, è fantastica… e poi, quella camminata strana … mi ricorda qualcuno» Chiuse gli occhi, concentrandosi su quel movimento di fianchi, e alla fine focalizzò l’immagine: Kaori! Quella piccola ragazza, tanto diversa dalla sua socia, camminava esattamente come Kaori! «Allora anche lei mi fa quell’effetto…?! No, non è possibile! Non avrei resistito tutti questi anni senza saltarle addosso! Però…»  

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle prime note che cominciarono a venire dal palco. Iris si era messa proprio davanti a lui e Ryo notò che ogni tanto gli lanciava un’occhiata strana.  

La ragazza iniziò a cantare, con una voce dolce, da soprano. Lo sweeper la osservava, più concentrato su di lei che sulla sua esibizione; era vestita in modo molto semplice, con una corta gonna nera a godet e una camicetta bianca. Non portava gioielli, ad eccezione di un paio di lunghi orecchini d’argento a pendente che luccicavano ad ogni movimento e di una collanina pure d’argento con un piccolo ciondolo.  

Era decisamente bella, concluse Ryo; stava per cominciare a dedicarsi al cibo, lasciando perdere la cantante, quando un gesto di lei lo colpì…  

 

When I look at what my life's been comin' to  

I’m all about lovin’ you…  

 

Mentre diceva quelle semplici parole, Iris aveva portato una mano al collo, stringendo la catenina… nella quale era infilato un anellino d’argento. Negli occhi aveva un’espressione piena di malinconia e di rimpianto che non sfuggì allo sweeper: era così dannatamente simile alla sua, a quella che Miki gli doveva aver letto negli occhi quel pomeriggio al Cat’s eye…  

Continuò ad ascoltare, concentrandosi sulle parole della canzone.  

 

I've lived, I've loved, I've lost, I've paid some dues…  

 

Ryo sorrise amaramente. “Sembra la storia della mia vita… tranne per il fatto che io non ho mai amato…”  

Si versò un sorso di vino mentre la musica lo portava attraverso i ricordi, verso una figura che lui voleva sfuggire «Non è vero che non ho mai amato…» ammise poi in un sussurro, senza quasi sentire il suo stesso pensiero. L’immagine si fece più nitida.  

 

Baby, we've been to hell and back again  

Through it all you're always my best friend…  

 

La figura era sempre più vicina… era una donna, una donna di cui lo sweeper non poteva o non voleva vedere il volto. Eppure sapeva chi era… ma non voleva ammetterlo, perché farlo avrebbe implicato ammettere anche sentimenti che lui preferiva rinnegare.  

Alla fine Ryo si arrese, decise di smetterla di combattere contro sé stesso e tolse il velo di ipocrisia che copriva il viso di quella donna. E il suo cuore.  

“You’re always my best friend… Kaori…” si passò una mano tra i capelli, fissando il vuoto, rendendosi conto solo in quel momento di una serie infinita di errori “Kaori, dio mio, come hai fatto a restarmi accanto? Come ho fatto IO a trattarti così…? per tutti questi anni…”  

 

For all the words I didn't say  

And all the things I didn't do…  

 

Soltanto in quel momento, dopo anni passati a nascondersi, a credere che fosse meglio negare piuttosto che scoprire la parte più intima di sé, soltanto in quel momento, da solo in quel tavolino di ristorante, con una musica e una voce dolcissime di sottofondo, Ryo Saeba ammise a sé stesso che era uno stupido e un ingrato.  

“Oltre che uno stronzo e un vigliacco… mi vanto tanto di essere coraggioso, ma poi davanti a una donna non sono neanche in grado di dirle che tengo a lei. Sono capace solo di correre dietro alle altre e di umiliarla…”  

 

Tonight I’m gonna find a way…  

 

La decisione di mandar via Kaori che lo sweeper aveva preso entrando nel locale si stava già sgretolando davanti alla presa di coscienza di quello che provava per lei.  

“Devi piantarla Saeba. Vattene a casa, abbracciala e dille che le vuoi bene… se lo merita…” Lanciò un’occhiata alla ragazza che continuava a cantare, ringraziandola mentalmente per l’aiuto che gli aveva inconsapevolmente dato.  

Ryo buttò giù ancora un sorso di vino e poi si perse nei suoi pensieri. Non aveva ancora toccato cibo.  

La musica intanto continuava e la voce di Iris che saliva sempre più in alto lo riportò sulla terra; la canzone era quasi finita e il giovane, guardando la ragazza, si stupì nel vedere il suo viso solcato da una lacrima mentre finiva la sua esibizione e scendeva dal palco.  

Non riuscì a capire il perché di quella reazione e decise che l’avrebbe aspettata fuori dal locale per chiederle spiegazioni, oltre che per ringraziarla: in fondo glielo doveva, sebbene lei non lo sapesse.  

 

Nel suo camerino, al piano superiore del locale, Iris trasse un profondo sospiro, ripensando alla sua esibizione di poco prima: non le era mai accaduto di piangere cantando quel pezzo, cui pure era molto legata. Ma quella sera, lo sguardo di quell’uomo seduto sotto il palco l’aveva commossa.  

Non sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che le parole della sua canzone l’avevano toccato profondamente, l’avevano fatto riflettere e probabilmente gli avevano anche fatto prendere coscienza di qualcosa per lui molto importante…  

“Vorrei potergli parlare, sembra stia soffrendo molto…” Si sentì una stupida: di sicuro non l’avrebbe mai più rivisto, figuriamoci se avrebbe avuto la possibilità di fargli da confessore!  

Si lasciò scappare un sorriso, stringendosi i capelli in una coda di cavallo. “Smettila di fare la scema, Iris!” si rimproverò poi, afferrando il borsone con gli abiti di scena e aprendo la porta del camerino.  

Ma non fece neanche in tempo a mettere un piede nel corridoio che si fermò e si irrigidì, stupita: davanti a lei, appoggiato al muro di fronte stava proprio quell’uomo dall’aria tanto triste.  

“Co-cosa ci fa lei qui?” balbettò la ragazza, facendo scorrere lo sguardo su di lui. Ora che lo guardava meglio, non era ancora un uomo maturo, non doveva avere più di trent’anni… ed emanava un fascino incredibile. Indossava un semplice spolverino beige, dalla linea molto retrò, sopra un paio di jeans neri aderenti che gli fasciavano le cosce muscolose; le mani in tasca, la fissava con quei suoi profondissimi occhi scuri, colmi di tristezza, dall’alto del suo metro e novanta abbondante. Ma non diceva una parola.  

La ragazza, sempre più imbarazzata, ripeté la domanda e iniziò a rigirarsi tra le dita una ciocca di capelli che le faceva capolino su una spalla.  

Vedendola fare quel gesto, il giovane sorrise, ma senza gioia. “Anche lei lo fa sempre… è incredibile quanto vi somigliate”  

Iris continuava a non capirci niente, ma si rilassò, capendo che la sua intuizione era giusta: lui soffriva per una donna che, a quanto pareva, le somigliava. Sorrise comprensiva: “La tua compagna? Mi somiglia?” Non aveva detto di proposito «la tua ragazza» perché sentiva che sarebbe stato un passo falso.  

“Fisicamente no, è completamente diversa da te… ma avete gli stessi modi di fare, gli stessi movimenti, la stessa dolcezza…”  

“Grazie del complimento…” Iris fece una pausa e sorrise “Fai fatica a parlare di lei, vero?”  

Lui sussultò. “…”  

“Non chiedermi come l’ho capito, non lo so… chiamalo sesto senso se vuoi. Però ci ho preso, eh?” un'altra pausa “Sai, ti avevo già notato prima, quando cantavo… e mi sei sembrato molto triste”  

Il viso del giovane si rischiarò un po’. “Sei molto perspicace, piccola… posso sapere quanti anni hai?”  

“Venti… e il mio nome è Iris, come forse già sai. Tu come ti chiami?”  

“Ryo, piacere” rispose, tendendole la mano “Volevo farti i complimenti, non ho mai sentito nessuno cantare come te… me la concedi un’altra domanda?”  

“Ok, dimmi”  

“Perché hai pianto quando cantavi?”  

Iris prese un respiro profondo e si morse il labbro. “Ricordi tristi… guarda…” disse poi, tirando fuori una collanina dal dolcevita rosso senza maniche che indossava “Questo è un anello di fidanzamento… o almeno, lo era finché lui non mi ha lasciato. È successo più di un anno fa ma non ne sono ancora uscita del tutto… e quella era la nostra canzone”  

“Scusa, non volevo farti ricordare cose tristi”  

“No, figurati… è solo che non è stata una separazione facile per me” la ragazza mentre parlava guardava lontano, tormentandosi la collana “Mi sono lasciata dietro troppi rimpianti, troppi errori… è per quello che mi brucia ancora così tanto dopo tutto questo tempo”  

Rimpianti… quella parola colpì profondamente Ryo. Istintivamente seppe che se le avesse parlato di Kaori lei avrebbe potuto capirlo.  

“La mia socia… lei vive con me da sette anni e da sette anni si occupa di me… per lei io sono speciale, ma non me n’ero mai accorto… ” Ryo si incupì “Lei è fantastica, continua a rimanermi accanto come un angelo e non gliene frega niente, anche se sa perfettamente che io non sarò mai un santo o giù di lì, anzi…”  

Lo sweeper si appoggiò al muro e fissò il soffitto. Iris posò a terra la borsa e lo osservò in silenzio, consapevole di essere una persona fortunata: quell’uomo, che di sicuro parlava malvolentieri di sé, si stava aprendo completamente con lei, una sconosciuta.  

“Solo adesso, vedendoti piangere, ho capito di volerle bene… anzi, l’ho ammesso… perché in fondo l’ho sempre amata. Solo che ho sempre fatto di tutto per nasconderlo”  

“Perché?”  

“Perché, mi chiedi?” Saeba abbassò gli occhi su di lei e sorrise “Bella domanda. Forse perché ho paura e mi barrico dietro l’indifferenza… sai, le donne mi sono sempre piaciute, molto anche…” il sorriso si allargò un poco e il viso assunse un’espressione lasciva “e così corro dietro a tutte senza ritegno…”  

“…mentre con lei fai il menefreghista, vero?” concluse Iris.  

Lui tornò ad incupirsi. “Già, ma a volte sono anche peggio. Però lei pensa che in fondo sia dolce anche se all'occorrenza so essere forte… e continua ad amarmi in silenzio, non so da quanto tempo…”  

Iris lo guardò e vide che aveva gli occhi lucidi: stava facendo di tutto per non piangere ma in quel momento il suo volto era una maschera di puro dolore. Lo vide lasciarsi scivolare contro il muro e sedersi a terra e gli si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a lui. Stava ancora cercando le parole per aiutarlo quando lui prese a raccontarle la scena del pomeriggio al Cat’s eye.  

“…questa volta ho fatto veramente il bastardo: non avrei mai dovuto parlarle così… anche perché non l’ho mai pensato, anzi…”  

Iris stette un attimo in silenzio, soppesando le parole. “E perché non glielo dici, Ryo? Ascoltami, lei è innamorata di te e tu di lei, si capisce lontano un miglio. Ma tra voi sarà sempre un duello, lo sai? Siete fatti così…”  

Saeba piantò gli occhi in quelli chiari della ragazza, invitandola con lo sguardo a finire: era troppo importante per lui sapere cosa gli avrebbe detto.  

“Ma sono convinta che se le chiedessi scusa e le rivelassi cosa provi lei ti perdonerebbe… c’è qualcosa tra voi che va oltre il volervi bene, sembrate quasi una sola persona…” Iris fece una pausa, sedendosi accanto a lui. “Sai quello che si dice in città di City Hunter? Pare che siano una coppia di sweeper affiatatissimi, un uomo e una donna; nessuno li conosce, ma tutti sanno che sono imbattibili perché li unisce qualcosa di incredibile…” si interruppe, sembrava assorta nell’immaginare quei due.  

«Allora è questa la fama che abbiamo fuori dal mondo della mala…» pensò Ryo, rischiarandosi un poco. Lanciò un’occhiata di sottecchi alla ragazza ancora immersa nei suoi pensieri e sorrise, scuotendo leggermente la testa.  

Iris si riscosse all’improvviso. “Scusami se ho divagato! Non penso ti interessi sentir parlare di uno sweeper!”  

Ryo le sorrise, alzandosi in piedi e tendendole la mano per aiutarla. “Figurati, anzi… mi ha fatto un gran bene parlare con te, Iris… grazie”  

La ragazza rispose al sorriso. “Sono contenta che ti sia servito… su, adesso vai da lei”  

“Contaci… e grazie ancora. Ciao piccola flower-girl !” le disse Ryo, allontanandosi.  

Rimasta sola, Iris, raccolse la sua borsa e si incamminò lungo il corridoio dalla parte opposta, felice. «Non mi stupirei se fosse lui City Hunter…» si disse «E comunque la sua ragazza è davvero fortunata… spero siano felici»  

 

 

 


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