Hojo Fan City

 

 

 

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Rated PG-13 - Prosa

 

Autore: Mistral '84

Status: In corso

Serie: City Hunter

 

Total: 6 capitoli

Pubblicato: 27-06-05

Ultimo aggiornamento: 15-07-05

 

Commenti: 4 reviews

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Songfic

 

Riassunto: Litigi. Parole velenose pronunciate senza riflettere. Un incarico perso. In poche parole, niente di diverso dalla solita routine della coppia di sweeper più famosa del Giappone: City Hunter. Ma questa volta Ryo si è spinto un po’ troppo in là, tanto da costringere Kaori a prendere una decisione drastica e definitiva per entrambi. Sempre che non succeda nulla per farla ritornare sui suoi passi. Dubbi, incertezze e un pizzico di romanticismo, sullo sfondo del quartiere Shinjuku di Tokyo.

 

Disclaimer: I personaggi di "All about loving you" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo.

 

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   Fanfiction :: All about loving you

 

Capitolo 4 :: Capitolo IV

Pubblicato: 15-07-05 - Ultimo aggiornamento: 15-07-05

 


Capitolo: 1 2 3 4 5 6


 

All about loving you  

 

Disclaimer: I personaggi di City Hunter sono di proprietà di Tsukasa Hojo e degli aventi diritto.  

Gli altri personaggi sono di proprietà dell’autrice.  

La canzone “All about loving you” è dei Bon Jovi. Tutte le altre canzoni citate sono di proprietà dei rispettivi autori.  

 

Aprile 2005  

Grazie come sempre a Esus per le correzioni e consigli.  

Mistral  

 

***  

 

Capitolo IV  

Subito dopo aver firmato il contratto, la stilista accompagnò Kaori alla sua nuova casa. Era una palazzina, situata in una via tranquilla ma elegante, sopra dei negozi, con tre appartamenti identici, di cui la sweeper avrebbe occupato quello centrale.  

L’appartamento di Kaori era relativamente piccolo, costituito da un soggiorno ampio e luminoso, con un angolo cucina più una camera da letto, ma alla ragazza piaceva molto. Era già arredato, cosa che non l’avrebbe costretta a fare i salti mortali per recuperare i suoi mobili senza rischiare di incrociare il suo ormai ex socio.  

“Ecco Kaori… questa sarà la tua nuova casa” disse Eriko sorridente, dopo aver finito di mostrarle la stanza da bagno, fornita di tutte le comodità. “Qui prima ci abitavo io, ma poi ho dovuto trasferirmi perché il mio ufficio era troppo lontano. Spero ti piaccia”  

“Eriko è… fantastica” balbettò la sweeper, continuando ad ammirare le finiture veramente pregevoli dell’appartamento “Davvero, non ho parole”  

“Sono proprio contenta di sentirtelo dire, sai?” sorrise la stilista “Ah, c’è un’altra cosa… ”  

“Dimmi pure” disse Kaori, andando a sedersi accanto all’amica, sul morbido divano blu.  

“Ti farò avere al più presto diciamo… un paio di armadi di vestiti, adatti un po’ per tutte le occasioni. Non che non mi piaccia come ti vesti, intendiamoci, anzi, hai molto più gusto della maggior parte della gente che gira in questa città, eh… però comunque…” Eriko ormai era partita per la tangente, in testa aveva solo il suo lavoro e andava avanti a parlare, incurante della faccia incredula di Kaori che non sapeva veramente che farsene di due armadi interi di abiti.  

Dieci minuti dopo, Eriko si interruppe, perché si accorse che a fianco a lei sul divano non c’era più nessuno: Kaori infatti già da un pezzo aveva rinunciato a interrompere lo sproloquio dell’amica e si era dedicata a osservare i graziosi soprammobili; in quel momento, in particolare, stava facendo brillare nel timido sole che era spuntato tra le nubi, un piccolo orsacchiotto Swarowski.  

Non sentendo più la voce dell’amica in sottofondo, la sweeper depose l’oggettino e si voltò verso di lei. “Scusa, Eriko, dicevi?”  

La stilista rimase un po’ interdetta. “Ma non mi hai ascoltato?!” sospirò “Vabbè, non importa, ti stavo solo elencando tutti i progetti a cui vorrei farti partecipare. Soprattutto mi piacerebbe che tu mi facessi da testimonial per lanciare…”  

“Eriko, ti prego! Me lo spiegherai a tempo debito!” la supplicò Kaori “Dimmi solo cosa devo fare domani”  

“Domani, eh? Allora…” la stilista si alzò e andò a frugare nella borsa alla ricerca dell’agenda. “Dunque, domani iniziamo a lavorare sulla campagna per lanciare la nuova linea di scarpe estive. Devi presentarti a questo indirizzo alle 9:30… tieni, questo è il badge per entrare”  

Kaori si rigirò tra le mani il tesserino magnetico e poi diede un’occhiata veloce al luogo dove avrebbe dovuto recarsi: fortunatamente era abbastanza lontano dalle zone che frequentava abitualmente Ryo… “D’accordo, 9:30 all’Hijima Palace. Sarò puntuale”  

“Non ne dubito!” sorrise Eriko “Vedrai che avrai un successone… te l’assicuro!”  

“Grazie Eriko” le sorrise di rimando l’altra “Non sai da che casino mi hai tolto offrendomi questo lavoro”  

“Andrà tutto bene, vedrai. Anche con…”  

“Non dire niente!” la sweeper alzò le mani e scosse la testa per farla tacere “Ti prego, meno ci penso e meglio è”  

“Ok, allora non diciamo più niente. Dai, adesso ti devo salutare che ho un mucchio di cose da fare… manderò al più presto i fattorini con quei vestiti, va bene?”  

Il viso di Kaori si deformò in una smorfia. “Va bene… ma guarda che basterebbe anche solo un armadio… no?”  

“No” rispose categorica l’altra “Due ho detto e due saranno. Non si discute! Ciao Kaori, ci vediamo domani!” concluse, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.  

Appena Eriko fu scomparsa, la sweeper trasse un sospiro e si lasciò cadere sul divano. “Non cambierà mai… ma è stata veramente un tesoro, quindi diamole questa soddisfazione…!”  

E, sempre domandandosi cosa mai ne avrebbe fatto di due armadi pieni di abiti, si accinse a chiamare Miki per raccontarle le ultime notizie.  

 

***  

 

Più o meno negli stessi minuti, Ryo stava rientrando nell’appartamento (ormai, senza la presenza di Kaori, non se la sentiva più di definirlo «casa») dopo una notte passata a contattare tutti i suoi migliori informatori – Umibozu compreso.  

E in quel momento era al telefono proprio con lui, per farsi riferire le ultime novità. “Cosa cazzo significa che non hai trovato niente?!” gridò nel cellulare “Non è possibile che sia sparita! Accidenti a te!, grande e grosso come sei non sei neanche in grado di trovare una donna!” E chiuse la comunicazione.  

Nervoso fino all’inverosimile, lo sweeper sbatté la porta e si buttò sul divano. “Kaori, dove cavolo ti sei andata a cacciare?! Sei stata solo una stupida a scappare così…” Man mano che parlava, la voce si stemperò sempre di più nell’amarezza, fino a spegnersi in un sussurro.  

Con gesti stanchi, si accese una sigaretta e tirò una profonda boccata, cercando inutilmente di calmarsi. Si rese conto che non avrebbe ottenuto nulla finché non fosse riuscito a riconquistare il sangue freddo e la lucidità che l’avevano sempre aiutato.  

Provò a recuperare un po’ di tranquillità nel ricordo del volto sorridente di Kaori, ripercorrendo i ricordi di tutti gli anni passati assieme…  

 

Eccoti, come un uragano di vita  

E sei qui, non so come tu sia riuscita  

A prendermi, dal mio sonno scuotermi  

E riattivarmi il cuore…  

 

Quanto l’aveva cambiato il suo piccolo Sugar Boy! Quando si erano conosciuti lui era soltanto un killer spietato e nulla più, viveva da solo come un cane e neanche il sodalizio con Makimura era riuscito a farlo uscire dal suo isolamento.  

C’era riuscita solo lei, con tantissima pazienza e un amore infinito che lui aveva deriso e mortificato chissà quante volte. Eppure lei era rimasta lì, accanto a lui, per sette lunghi anni… finché lui non aveva detto una parola di troppo, la più crudele delle sue bugie, le aveva detto di considerarla INUTILE…! Ryo ancora non si capacitava di quel che era successo, desiderava solo cancellare tutto e ricominciare da capo.  

Scosse la cenere della sigaretta nel posacenere sul tavolinetto di fronte a lui e trasse un profondo sospiro.  

Facendo scorrere gli occhi tra i mobili del salotto, altre immagini riemersero dai suoi ricordi…  

 

Eccoti, anche ora che non sei in casa  

E sei qui, mi parla di te ogni cosa  

Gli oggetti sembrano trasmettermi  

L’amore nello sceglierli… 1  

 

Già, i mobili… quante volte il loro salotto era andato distrutto per i più svariati motivi! Una bomba, un «saluto» un po’ troppo caloroso, una litigata, un aereo precipitato dentro casa, addirittura. E tutte le volte, con inesauribile pazienza (quasi quanta ne metteva per sopportarlo), Kaori aveva ricomprato tutta la mobilia, i soprammobili, i quadri… tutto. E ogni volta sceglieva l’arredamento con la stessa cura e lo stesso amore della prima.  

Guardando quei divani, quel tavolinetto, quell’armadio Ryo ripercorse la loro storia, storia di spettatori silenziosi di una vita a due fatta di litigi e riappacificazioni, di lunghe attese notturne e levatacce mattutine… quante cose avevano visto e sentito! Eh sì, perché la loro vita a volte era veramente assurda, tanto che a stento loro stessi riuscivano a capirla.  

Un sorriso increspò le labbra dello sweeper, mentre la sigaretta lentamente si spegneva tra le sue dita. “Sai mio piccolo Sugar Boy, la nostra è davvero la storia più incredibile che conosco!”  

Si alzò e si diresse lentamente verso la cucina. Ormai il momento di crisi era passato e, dopo un buon caffé (sempre che fosse riuscito a preparare qualcosa degno di questo nome!), Saeba si sentiva pronto a buttarsi di nuovo alla ricerca della socia.  

“Prima però devo scusarmi con Umi; avrò bisogno anche di lui per trovare Kaori, nonostante certe volte sia terribilmente irritante…”  

Al Cat’s Eye, Falco starnutì.  

 

***  

 

La mattina dopo, Kaori si svegliò un po’ più rilassata del giorno prima. Aprì gli occhi, solleticata dal sole che filtrava dalle veneziane abbassate, dette una veloce occhiata all’orologio e si tirò a sedere. Per un attimo si sentì di nuovo smarrita, come era accaduto la mattina precedente, e allo stesso modo, quando riprese il contatto con la realtà, ebbe un momento di sconforto.  

“Dai Kaori, forza! Oggi è il tuo primo giorno di lavoro, c’è il sole e sembra una bellissima giornata… vedi di darti da fare!” si auto-incoraggiò, rotolando giù dall’enorme letto a due piazze e dirigendosi verso il bagno.  

Ne riemerse un quarto d’ora dopo, avvolta in un accappatoio fresco di bucato, e si piazzò davanti allo smisurato armadio. “E adesso la cosa più difficile… che cavolo mi metto?” si domandò, aprendo le ante. “Dunque… questo no, questo neanche, questo non se ne parla manco morta… e che cacchio! Ma Eriko non poteva darmi dei vestiti NORMALI?! Se mi mettessi una cosa di queste e mi vedesse…” Non riuscì a finire il pensiero: le faceva troppo male. Decise di dimenticarsene e si ributtò a capofitto nella difficile scelta, entrando quasi dentro l’armadio.  

Alla fine optò per un paio di jeans, un maglioncino beige, giacchino di pelle marrone scuro e stivali col tacco basso in tinta; non troppo elegante ma nemmeno troppo sportivo, sì decisamente la scelta migliore. Rigirandosi davanti allo specchio, si stupì di sé stessa: quasi non si riconosceva… sorrise pensando a ciò che le aveva detto Eriko, che lei aveva buon gusto nel vestire. “Beh, avendo a disposizione abiti del genere chiunque riuscirebbe a vestirsi bene!”  

Soddisfatta, afferrò la borsetta e uscì di casa.  

 

Giunta di fronte all’Hijima Palace, un grattacielo modernissimo situato nel quartiere Shibuya [2], rimase un attimo smarrita davanti al grande portone di vetro, osservando la miscellanea di gente che si affrettava per la strada; c’era la signora intenta a fare shopping con le amiche, il manager in carriera, degli anziani con il giornale, una scolaresca in visita… e due ragazze in tenuta sportiva coi pattini ai piedi, dirette verso il parco lì di fronte. Nel riconoscerle, Kaori sorrise. «Certo che il mondo è proprio piccolo…»  

Inspiegabilmente più rilassata, entrò nel palazzo e venne indirizzata immediatamente verso i piani alti, dove, le spiegarono, c’era lo studio di posa. Una volta dentro, si trovò immersa in un turbinare di persone che si urlavano domande, risposte e ordini da una parte all’altra dell’immenso locale; la prima tentazione fu scappare via, ma, prima che potesse metterla in atto, venne letteralmente braccata da Eriko.  

“Ciao Kaori! Sei puntualissima, come sempre!” esordì la stilista, che quella mattina sembrava particolarmente euforica “Bene! Non perdiamo tempo, non vedo l’ora di scattarti decine di fotografie… sono sicura che saranno stupende!”  

La sweeper abbozzò un sorriso tirato: quel mondo le sembrava troppo grande e troppo vorticoso per lei. Si stava già pentendo di aver accettato…  

“Vieni che ti faccio vedere le scarpe che indosserai per le pose” continuava Eriko “Oh, non sono neanche tante, solo una cinquantina… dovremmo finire in capo a un paio d’ore, tu che dici?” L’altra aprì la bocca, forse per protestare, ma la stilista non gliene diede il tempo “No, ma penso ci metteremo anche di meno… dopotutto tu sei talmente bella che non ci sarà nemmeno bisogno di truccarti più di tanto… Kaori, non sai come sono felice!”  

Erano ormai arrivate in un angolo un po’ più appartato dello studio dove facevano bella mostra di sé innumerevoli paia di scarpe di tutte le fogge. Eriko continuava a parlare ma ad un certo punto, non ricevendo risposta, si interruppe. “Kaori? Che c’è? Perché non dici niente?”  

La sweeper sembrò ritornare sulla terra e, resasi conto che l’amica le stava parlando, agitò le mani, imbarazzata. “Eh? No, Eriko, tranquilla, non c’è niente! Solo che tutto questo è un po’ strano per me…”  

Eriko sembrò capire cosa la preoccupava, perché si fermò e le sorrise, incoraggiante. “Stai tranquilla, ok? Capisco che possa essere difficile all’inizio, lo è per tutti. Ancora di più per te che già sei timida di natura. Però devi credermi, andrà tutto bene”  

Kaori trasse un sospiro e sembrò rilassarsi, poi rispose al sorriso. “Ok, ci proverò”  

“Bene, allora iniziamo. Dunque, scegli un completo con il suo paio di scarpe e poi vai là nel camerino a cambiarti” le disse, indicandole un appendiabiti stracolmo “e appena Takehito sarà pronto cominciamo”  

La ragazza fece cenno di sì con la testa poi prese i primi abiti a portata di mano e si chiuse nel camerino. Ne riemerse poco dopo con indosso una minigonna bianca e un top azzurro che si chiudeva sulla schiena con una ragnatela di laccetti, coordinato a un paio di sabot a punta dal tacco vertiginoso. Era oltremodo imbarazzata. “Ehm… Eriko… mi sento terribilmente ridicola”  

La sitilista, come la vide, lanciò un gridolino eccitato. “Kaori sei bellissima!” esclamò, correndole incontro. Poi iniziò a battere le mani come una scalmanata e a saltellare per tutto lo studio delirando qualcosa a proposito di quanto fosse felice e di che enorme successo avrebbe avuto la sua amica.  

Kaori, dal canto suo, si passò una mano sulla faccia con aria affranta e trasse un profondo sospiro. “E’ irrecuperabile…” Si diede un’occhiata intorno e notò il fotografo e i suoi assistenti alle prese con un pezzo di scenografia che non voleva saperne di stare in piedi; comprese allora che non si sarebbe iniziato molto presto. Decise quindi di togliersi dai piedi per un po’ e, buttandosi sulle spalle una giacca, si diresse verso il set a fianco che raffigurava un prato con un altalena appesa ad un albero. Un riflettore che faceva un pochino di caldo era puntato proprio sull’altalena e la ragazza ne approfittò per scaldarsi; si sedette e iniziò a dondolarsi pigramente. Da bambina aveva sempre amato le altalene e, anche da adolescente, era capace di passare pomeriggi interi in giardino a pensare, cullata da quel movimento regolare.  

Nel momento in cui si immergeva nei suoi pensieri, era come se Kaori si isolasse dal mondo, tanto da non sentire neanche Eriko che la chiamava per cominciare le pose.  

Quando però la stilista la vide dondolare sull’altalena, le gambe raccolte e la testa rovesciata all’indietro a seguire delle immaginarie nuvole, si bloccò e rimase incantata ad osservarla: da lei si sprigionava un tale senso di pace e di bellezza che voleva a tutti i costi catturare in una fotografia. Chiamò il fotografo, il quale fece della ragazza sull’altalena l’unica e vincente immagine della campagna pubblicitaria di quell’estate.  

 

***  

 

All’incirca due settimane dopo, Ryo si trovava nell’affollata piazza antistante la stazione di Shinjuku; aspettava Umi con gli ultimi aggiornamenti sulle ricerche di Kaori. La rabbia mista a disperazione dei primi giorni aveva lentamente lasciato il posto ad un malinconia profonda che lo stava sprofondando nell’apatia. Però non si voleva arrendere. Sapeva di aver sbagliato e di non poter rimediare prima di aver ritrovato la socia e voleva sfruttare quel periodo anche per far chiarezza in sé stesso.  

Quella mattina, mentre aspettava l’amico sorseggiando un caffè in un bicchiere di carta (ci aveva quasi rinunciato a farselo da solo), osservava l’operaio arrampicato sull’edificio della stazione, intento a sistemare l’enorme cartellone pubblicitario girevole: un’ultima vite e avrebbe finito. Quando l’operaio scese con il montacarichi, avviò il meccanismo e il cartellone cominciò a mostrare a tutta Tokyo una bellissima immagine del Monte Fuji. Era la pubblicità di un’agenzia di viaggi che proponeva escursioni guidate. Lo sweeper lo degnò appena di un’occhiata distratta e tornò a concentrarsi sul caffè; lo avrebbe guardato di nuovo circa un minuto dopo, quando tutti gli elementi del cartellone, girando in sequenza da destra verso sinistra, avrebbero formato l’altra immagine, magari quella di una bella ragazza in topless. “E anche se fosse?” sorrise tra sé Saeba “Me ne fregherebbe qualcosa? …no, non credo…”  

Tuttavia, quando vide con la coda dell’occhio che i primi listelli avevano iniziato a ruotare, per pura curiosità alzò lo sguardo e osservò il formarsi di una scritta rossa su fondo bianco: Eri … Kitara … Summer … Shoes … Collection. Quel nome gli ricordava qualcosa. “Ma quella lì non è mica… certo! La compagna di classe rompiscatole di…” si incupì pensando alla socia e scosse la testa, come per cancellarla dalla sua mente.  

Nel frattempo il cartellone aveva completato la sua metamorfosi e ora mostrava una ragazza in altalena che esibiva un paio di sandali celesti con 10cm buoni di tacco. Ma Ryo non li notò nemmeno, ipnotizzato com’era dalle chilometriche gambe della giovane donna; non riusciva a capire perché, ma era convinto di conoscere bene quella ragazza… risalì il suo corpo con lo sguardo, ma dovette fermarsi alla linea decisa del mento: la modella aveva la testa riversa all’indietro e il volto non si vedeva. «Eppure io quella ragazza…»  

Prima che potesse formulare un pensiero coerente, il cartellone iniziò a girare di nuovo, questa volta partendo da sinistra e cancellò lentamente l’immagine della donna sull’altalena.  

Lo sweeper imprecò, ma non ebbe tempo di aspettare la nuova trasformazione perché la jeep di Falco si fermò sgommando accanto a lui. “Ryo! muoviti, salta su. Uno dei miei uomini mi ha detto che forse ha trovato una pista”  

Dimenticandosi immediatamente della modella misteriosa, Saeba si infilò con un balzo accanto al collega. “Ok Umi, andiamo!”  

 

 

 


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