Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated G - Prosa

 

Autore: Paola

Status: Completa

Serie: City Hunter

 

Total: 10 capitoli

Pubblicato: 03-06-05

Ultimo aggiornamento: 02-12-05

 

Commenti: 12 reviews

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General

 

Disclaimer: I personaggi di "Dietro l'ingannevole velo delle apparenze" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo.

 

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   Fanfiction :: Dietro l'ingannevole velo delle apparenze

 

Capitolo 2 :: Il nostro nuovo incarico

Pubblicato: 05-06-05 - Ultimo aggiornamento: 05-06-05

Commenti: Sono stata veloce no? Grazie per i complimenti. Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Buona lettura allora :)

 


Capitolo: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10


 

Quando Ryo, alle undici e trenta passate del mattino, entrò ciabattando in cucina, Kaori stava leggendo il quotidiano locale sorseggiando un caffè fumante.  

Lo sweeper non ebbe tempo di fiatare che la ragazza alzò gli occhi dal giornale e glieli puntò contro aggrottando le sopracciglia. Se i suoi occhi avessero avuto il potere di perforarlo, lo avrebbero fatto.  

“Porco!” esclamò prima di riabbassarli sui fatti di cronaca.  

Kaori, pensò Ryo, era più che furente, al momento si limitava alle ingiurie verbali, ma la rabbia repressa, le andava aumentando e prima o poi sarebbe esplosa, e lui sarebbe stato la principale e unica vittima.  

“Meglio parlarle il meno possibile e starle alla larga per un po’ ” suggerì il cervello al city hunter, che preferì abbandonare la stanza, aspettando tempi migliori.  

Dal canto suo, Kaori decise, senza neanche avvertire il collega, di recarsi alla stazione di Shinjuku per vedere se vi fosse qualche richiesta d’aiuto.  

Camminava con passo svelto, non riusciva a togliersi dagli occhi la faccia depravata di Ryo, il solo pensiero di quello che le era capitato la riempiva di vergogna, ma gliel’avrebbe fatta pagare a quel maledetto, cercava solo il momento giusto.  

Intanto Ryo, dopo aver vagato su e giù per casa come un’anima in pena, decise di vestirsi e di andare, tanto per cambiare, in giro a rimorchiare. Era estate e il pensiero di ragazze e avvenenti donne dalle gambe scoperte e dalle vesti quasi del tutto inesistenti, riuscirono a fargli allontanare dalla mente il timore per l’incombente vendetta della collega, che pendeva sulla sua testa come una spada di Damocle.  

“Al diavolo Kaori!” pensò “Quella virago… Non capisco come tu abbia potuto spingermi a comportarmi in quel modo…” disse rivolto al suo "amico" “ Che fai? Cambi improvvisamente gusti?”, lo rimproverò. “Certo che a saperlo prima che Kaori dormiva nuda, una capatina ogni tanto…. Ma che dico? Cioè che mi fai dire? Quella è l’unica donna su cui non devi avere pensieri… E’ un maschiaccio, non è per niente femminile, va in giro con martelli di cento e passa tonnellate, non ha grazia e poi con la penombra, chissà che ti è parso di vedere… Le tavole sono più fornite di lei…”  

La conversazione durò un altro po’ e con la scusa di portare alla ragione il suo "amico" lo sweeper cercò di distogliere da Kaori soprattutto se stesso.  

La chiacchierata cadde del tutto quando Ryo arrivò nei pressi dello Studio Alta Building, lì il "fedele compagno dello sweeper" fu distratto da una piacevole visione.  

Che spettacolo aveva di fronte: profonde scollature che lasciavano intravedere seni traboccanti, top che scoprivano schiene abbronzate, gonne che mostravano gambe snelle.  

A Ryo sembrò di essere arrivato in paradiso, aveva solo l’imbarazzo della scelta.  

Si guardò in giro.  

“Ebbene, chi è la fortunata di oggi?” si domandò. Poi una donna avvolta da un abito rosso, con un provocante spacco sul lato sinistro,con un paio di gambe da togliere il fiato, quasi lo abbagliò con la sua bellezza.  

Puntato l’obiettivo, si precipitò su di esso senza perdere altro tempo.  

“Signorina, viene a bere qualcosa con me?” le chiese estasiato mentre ne ammirava il fondoschiena.  

Quando la giovane si voltò per rispondergli, portò alla fronte gli occhiali da sole, mostrandogli due occhi furbi, da gatta.  

“Ryo,” disse sorpresa “da quanto tempo”.  

Non appena la riconobbe lo sweeper sorrise come un ebete.  

“Reika” balbettò.  

“Che bello incontrarti, ” disse, avvicinandosi a lui, l’avvenente investigatrice, “sai in questi giorni sono piena di lavoro, fino al collo, non è che mi daresti una mano?” gli domandò con voce suadente, cosa che a Ryo faceva completamente perdere la testa, soprattutto se a parlare così era un bel corpo come quello che aveva davanti.  

“Naturalmente ti pagherei” aggiunse la ragazza piegandosi verso Ryo, lasciandogli intravedere il seno prosperoso, quasi a volergli suggerire che la ricompensa non sarebbe di certo stata in denaro.  

Per Ryo era stato il colpo di grazia, ormai era un burattino nelle sue mani.  

Mentre seguiva Reika come un docile cagnetto, lo sweeper si sentì sfiorare la spalla.  

“Ryo, dove credi di andare?” fece una voce imperiosa dietro di lui.  

Il ragazzo si voltò e si trovò di fronte una Kaori dall’aspetto bellicoso che non prometteva nulla di buono.  

“C’è qualcosa che non va, Kaori?” chiese Reika con voce da bambina innocente.  

“Certo. Ryo non ha tempo da perdere con te!”  

“Diglielo tu Ryo con chi vuoi stare” incalzò Reika accarezzando il volto del giovane mentre gli si appiccicava addosso.  

Kaori si sentì ribollire il sangue nelle vene per la rabbia. Se c’era qualcosa che non sopportava proprio era vedere Ryo fare il cascamorto con le donne, ma diventava una bestia quando, queste, invece di tenerselo lontano, se lo tiravano dietro.  

La ragazza strinse i pugni sui fianchi e si morse le labbra cercando di controllare la sua collera, cosa alquanto difficile dal momento che era già satura per via del comportamento degenerato tenuto dal collega quella notte.  

La goccia che fece traboccare il vaso, tuttavia fu vedere Ryo inginocchiato, intento a contemplare gli slip di Reika, da sotto la sua gonna.  

Kaori passò dal rosso, al fucsia e dal fucsia al viola.  

Tempo qualche secondo, la manesca assistente di city hunter prese uno dei suoi martelli più pesanti, lo roteò sopra la sua testa, e prima che Ryo potesse accorgersi di qualcosa fu sopra di lui.  

La donna al pari di una belva feroce si scagliò con violenza sullo Stallone di Shinjuku, che si conficcò sul marciapiede sotto il peso della potente arma. Ma la punizione non era ancora terminata: al martello seguì un konpetito di dimensioni enormi, una panchina e un lampione che la socia si era trovati a portata di mano.  

Reika assistette alla sfuriata a bocca aperta. Guardò quel che rimaneva di Ryo, quasi del tutto seppellito dentro il marciapiede e, infine, spostò gli occhi verso Kaori che furente pareva volesse infierire ancora sul già devastato corpo del collega.  

Salutò in fretta i due city hunter e se la defilò con la scusa di avere delle cose molto urgenti da sbrigare.  

Kaori trascinò ciò che restava del partner per il bavero della giacca e informandolo di aver, finalmente, trovato un lavoro, lo trascinò al luogo dell’appuntamento.  

Ryo vedeva stelle dappertutto e quasi non sentiva le parole della collega, che gli arrivavano all’orecchio come un lontano eco.  

 

Giunti al luogo dell’appuntamento, attesero l’arrivo della cliente.  

Già, era una donna, Ryo si rifiutava di lavorare per gli uomini, a meno che non ci fosse di mezzo una bella sorella o fidanzata, disposta a concedergli un paio di mokkori.  

Kaori sbuffava, seduta ad uno dei tanti tavolini del bar ristorante “Sunrise”, sorseggiava annoiata un’aranciata con una cannuccia.  

Ryo, seduto accanto a lei, si teneva la testa dolorante fra le mani.  

Non aveva neanche il coraggio di chiedere alla sua collega notizie sulla cliente, se gli fosse scappato qualche commento “piccante” lei gliele avrebbe nuovamente suonate.  

La cliente fu puntuale: alle sedici in punto si fece trovare davanti alla fontana che il proprietario del Sunrise aveva fatto costruire all’ingresso.  

Indossava una camicia di lino color panna e una gonna blu che le sfiorava le ginocchia. Aveva i capelli corvini raccolti in un toppè e un paio di occhiali da vista legati ad una catenella argentea intorno al collo.  

Kaori, che per farsi riconoscere si era legata un fazzoletto arancione intorno al polso, le fece segno di avvicinarsi con la mano. La donna, lentamente, arrivò al tavolo.  

“Dunque siete voi city hunter?” chiese la signora in blu.  

Ryo sentendo una voce a lui sconosciuta, alzò il viso per vedere a chi appartenesse.  

Si trovò di fronte una faccia già invecchiata dal tempo, con le zampe di gallina, le rughe d’espressione, le borse agli occhi, un naso aquilino e, vistosamente sporgente, un grosso neo sulla guancia destra. A volersi immaginare una cinquantenne più brutta, Ryo non sarebbe stato capace.  

La donna, invece, aveva davanti una faccia sorpresa dai connotati irriconoscibili: gonfia, rossa, piena di piccole ferite e cerotti.  

La delusione fu reciproca: Ryo al posto di un’avvenente fanciulla  

aveva trovato una cugina della befana; la signora, uno dei più temuti sweeper reduce da un evidente KO.  

 

La donna preferì discutere le condizioni del loro incarico in un luogo lontano da occhi indiscreti.  

Dopo tre quarti d’ora di strada, una limousine li condusse a destinazione.  

L’abitazione della signora, era una villa di due piani con grandi finestre e dal giardino perfettamente curato. All’interno era arredata con raffinatezza e buon gusto.  

Si accomodarono nello studio dove tra tappeti di seta, mobili antichi, opere d’arte e tende ricamate, appresero che la cliente,  

Yuka Kyota, era una persona a cui piaceva arrivare subito al nocciolo della questione.  

“Il motivo per cui l’ ho contattata, signor Saeba, è solo uno: voglio che lei protegga mia nipote, Haruko”  

La parola nipote ebbe in Ryo l’effetto di una miracolosa panacea, lividi e depressione sparirono, come anche l’idea di rifiutare l’incarico.  

Kaori guardò il collega rassegnata, poteva dargli tutte le mazzate che voleva ma quell’uomo non sarebbe mai cambiato.  

“Mi dica” chiese interessato “com’è sua nipote? Bella? Alta? Mora? Diciotto anni li ha già vero?”  

Kaori non fece in tempo ad assestargli una pedata che la porta dello studio si aprì ed apparve un angelo.  

L’angelo, Ryo non seppe definirlo in altro modo in quel momento, era una giovane di circa vent’anni, alta, bionda, abbronzata, dal corpo perfetto.  

Un raggio di sole filtrando da una delle finestre si era premurato di avvolgerla di luce sulla soglia, mettendone in evidenza i delicati tratti del viso.  

“Posso entrare zia?”  

“Entra pure, cara”  

La giovane si mosse verso il divano come se i suoi piedi non toccassero terra, ma scivolassero sul pavimento.  

“Chi sono questi signori, zia?” chiese con voce cristallina.  

“Lei è veramente magnifica” disse lo sweeper baciandole la mano, optando per un approccio di tipo galante “sono Ryo Saeba, sua zia mi ha incaricato di proteggerti” passò dal lei al tu senza neanche accorgersene, i formalismi non erano proprio fatti per lui.  

“E tu, invece chi sei giovanotto?” chiese rivolta a Kaori.  

E no? E che cavoli, la storia di venir scambiata per un ragazzo è vecchia. Uffa non era giusto, solo perché indossava un paio di jeans e una maglietta dovevano scambiarla per un “giovanotto”?  

A Ryo scappò un sorriso.  

La sweeper sbuffò e dopo aver salutato si presentò scandendo bene il suo nome “Sono KAORI MAKIMURA, la socia di Ryo” e per evitare i disguidi che la bocca del suo fantasioso collega, era capace di generare: una volta era stato così abile da farla passare per un suo fratello gay, la donna parò avanti le mani e tra lo stupore generale esclamò “Sono una donna e non sono mai stata a Casablanca”.  

Quando l’atmosfera fu di nuovo seria la befana, cioè la vecchia, la zia insomma, espose il problema.  

“Haruko, non è veramente mia nipote!”  

“Lo credo bene” pensò Ryo che a vederle sedute una accanto all’altra, poteva appurare la veridicità delle parole della vecchia.  

“Mio fratello l’adottò quattordici anni or sono. Le ha sempre voluto bene, non le ha fatto mai mancare nulla, e poi come si fa a non voler bene ad Haruko, anche io gliene voglio tanto” disse sorridendo accarezzando la nipote.  

“Già come si fa a non volergliene?” commentò silenziosamente Ryo soffermando lo sguardo nella scollatura della giovane, ma  

la collega gli mollò una gomitata riportandogli all’attenzione le parole della vecchia:  

“Purtroppo il mio carissimo fratello è morto anni fa insieme a sua moglie”  

“Come è accaduto?” chiese serio lo sweeper.  

“Un incidente… un triste incidente” si limitò a rispondere la vecchia zia mentre la nipote accanto, seria, teneva gli occhi bassi.  

“Ma non sono i genitori di Haruko il motivo per cui vi ho contattato” disse con voce dura. “Da circa dieci giorni qualcuno ha preso di mira mia nipote e temo voglia ucciderla”  

Haruko proseguì “Non credo zia, se avessero voluto mettere fine alla mia vita lo avrebbero già fatto, forse vogliono solo spaventarmi”.  

“Dio mio, Haruko, una macchina ha tentato di investirti, un impalcatura ti è quasi crollata addosso e ieri ti hanno persino puntato una pistola contro…”  

“Non avete avvertito la polizia?”  

“Certo, ma non mi fido di loro” disse la zia “cominciano a prendere sul serio qualcosa solo dopo che qualcuno sia ferito o peggio morto”.  

“Signorina, sua zia ha perfettamente ragione, se la sua vita è realmente in pericolo, deve assolutamente farsi proteggere, non vorrà mica morire così giovane?”  

“No, no… certo che no” disse timidamente guardando il pavimento.  

Ryo le afferrò allora le mani e inginocchiandosi di fronte a lei disse: “Si fidi di me, vedrà, con me accanto nessuno oserà torcerle un capello!”  

“Dunque accetta l’incarico?” domandò la zia senza scomporsi.  

Ryo accettava l’incarico senza riflettere un secondo di più sulla questione. D’altra parte, come poteva rifiutare davanti a tanta grazia?  

“Naturalmente!” disse. Poi, rivolto alla giovane “Haruko, verrai a stare da noi, vero? Nel nostro appartamento potrò proteggerti più accuratamente!” puntualizzò ispezionandone l’interno della camicia della ragazza, Kaori se ne accorse e gli lanciò un’occhiata a dir poco diabolica.  

Haruko un po’ perplessa cercò gli occhi della zia per trovarvi consiglio.  

“Penso sia un’ottima idea”, disse la signora Kyota rivolta a Saeba, “anche perché, come Haruko già sa, io devo partire per gli Stati Uniti e resterebbe qui tutta sola”  

A quelle parole Kaori non poté fare a meno di pensare che Haruko avesse proprio una bella zia, lasciare la vita della nipote, a cui tanto era affezionata, in mano a due perfetti sconosciuti, uno dei quali un sottosviluppato porco schifoso. È già, era proprio una zia premurosa!  

“Ma parto tranquilla, la lascio in buone mani” puntualizzò la signora, sorridendo alla nipote.  

“Si, in buone mani, se quelle di questo depravato si posso definire tali…” bofonchiò Kaori sottovoce.  

“Ha detto qualcosa signorina Makimura?” le domandò la signora.  

Maledizione alla sua boccaccia pensò Kaori correggendosi e abbozzando un sorriso che più falso non si poteva, “Si, si lasci fare a noi, sua nipote è in buone mani!”  

Se non fossero stati al verde come al solito, la sweeper avrebbe rifiutato l’incarico non appena la biondina aveva messo piede nella stanza, ma erano in magra e sputare sul lavoro non le pareva proprio il caso.  

La stessa limousine che li aveva condotti in quell’enorme villa, li ricondusse nel loro modesto appartamento, anche Haruko si unì a loro, dopo aver fatto la valigia, salutato la zia e auguratole buon viaggio.  

Durante il tragitto, Kaori sottopose ad una sorta di scansione ai raggi X la graziosa cliente.  

Era silenziosa, si limitava a rispondere alle domande nel modo più conciso possibile, spesso con un si od un no secchi, era proprio riservata, poi non ti guardava mai negli occhi, li teneva bassi e rispondeva alle avance di Ryo imporporando le pudiche guance.  

Quella ragazza era proprio un’ingenua, proprio la manna dal cielo per il suo collega, l’avrebbe circuita con facilità. Kaori sospirò, sarebbe stato un incarico duro da affrontare, non si sarebbe di certo annoiata, Ryo avrebbe approfittato di ogni suo secondo di distrazione per catapultarsi addosso alla giovane.  

 

 

 

 

 


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