Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated G - Prosa

 

Autore: Paola

Status: Completa

Serie: City Hunter

 

Total: 10 capitoli

Pubblicato: 03-06-05

Ultimo aggiornamento: 02-12-05

 

Commenti: 12 reviews

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General

 

Disclaimer: I personaggi di "Dietro l'ingannevole velo delle apparenze" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo.

 

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   Fanfiction :: Dietro l'ingannevole velo delle apparenze

 

Capitolo 7 :: La vera Angel

Pubblicato: 05-10-05 - Ultimo aggiornamento: 08-10-05

Commenti: Salve a tutti. Rieccomi di nuovo qui! Mi dispiace del ritardo, ma la pacchia è finita, l’università è ricominciata e gli esami anche. Questo capitolo è un po’ noioso, ma non sono riuscita a fare di meglio al momento… Magari prima o poi lo sistemerò...

 


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Sin da quando aveva conosciuto Angel, non aveva potuto fare a meno di osservarla, e non solo per via della sua bellezza, era stato soprattutto il suo sguardo sfuggente a catturare la sua attenzione. Aveva desiderato scoprire cosa nascondesse dietro quegli occhi smeraldo, sotto quella tranquillità apparente che le accarezzava i lineamenti. Ed ecco che adesso era stato accontentato.  

L’aveva di fronte la vera Angel, ed era una donna pallida, fragile, smarrita, che lo guardava con aria interrogativa.  

Si stava sicuramente chiedendo come aveva fatto a scoprire di sua sorella, dal momento che neanche Mick sapeva niente di lei.  

La vedeva respirare profondamente, in silenzio.  

Ryo conosceva benissimo il dolore dei ricordi, lo stesso che avvertiva Angel nel suo cuore in quel momento, come una ferita aperta che non voleva chiudersi.  

“Cosa farai dopo che ti avrò aiutato a catturare quell’uomo?”  

“Non lo immagini?”. Sorrideva. Un sorriso amaro per quella domanda dalla risposta ovvia, che le si poteva leggere negli occhi.  

Non più smeraldi, non più gemme preziose, ma una profonda e densa palude verde senza fondo, una solitudine immensa, dove serpeggiavano solo il rancore e l’odio.  

Angel desiderava solo una cosa da quell’uomo: la vendetta.  

Ryo emise un lungo sospiro. Sapeva che ciò che Angel stava cercando non le avrebbe alleviato il dolore, e neanche avrebbe cancellato di colpo il ricordo di quella notte, perché lui, quell’esigenza di riscatto, di rivalsa così difficile da frenare, quella ferita alimentata dal risentimento, l’aveva conosciuta più di una volta nella vita e la comprendeva perfettamente; proprio per questo qualsiasi parola detta in quel momento, per convincerla del contrario, sarebbe stata inutile.  

Angel doveva imparare a curare il proprio animo servendosi dei ricordi piacevoli, aspettando che la polvere del tempo ovattasse un po’ il dolore delle cicatrici.  

Lo sweeper infilò la mano in una tasca dei pantaloni e ne uscì una musicassetta.  

“L’ ho trovata in mezzo alla tua biancheria intima…” confessò senza imbarazzo porgendole il nastro.  

Angel lo guardò storto, ma Ryo fece finta di nulla e continuò: “Senza questa, non avrei mai scoperto di tua sorella Isabel. Te la restituisco, penso che, per te, sia importante…”  

Non si sentiva in dovere di dare spiegazioni a quell’uomo, anzi, non gliene doveva affatto, tuttavia c’era in lui qualcosa di rassicurante che la spronava a fidarsi, a confidarsi, a raccontargli un po’ di sé. Forse erano quegli occhi grigi così limpidi, che sembravano abbracciarla.  

Si ritrovò così a parlargli di Isabel, della sua infanzia, di quella musicassetta.  

Lei e sua sorella vi avevano registrato un radio-giornale, improvvisandosi giornaliste e presentatrici.  

Era un gioco. Era stata Isabel a inventarlo, per lei, durante un noioso pomeriggio di pioggia.  

Si erano divertite a raccontare i piccoli eventi che stavano loro intorno, delle notizie un po’ sciocche e un po’ bambine come lo erano loro, del resto. Avevano riso come matte quando, dopo la sigla di chiusura, riavvolgendo il nastro, avevano riascoltato le proprie voci, le proprie papere.  

E mentre Angel raccontava di sua sorella, della sua infanzia, il suo viso si faceva di nuovo dolce, i suoi occhi di nuovo sereni, seppure velati di malinconia. Ma era tempo di ritornare alla realtà, di indossare nuovamente la maschera seria ed efficiente con cui copriva le sue paure, i suoi pensieri, i suoi ricordi.  

“Cosa hai scoperto su Isabel?” domandò allo sweeper, la voce asettica e distante.  

“Quello che ho potuto leggere sui giornali: agente della narcotici trovata morta nel proprio appartamento. Overdose, ma si tratta di omicidio” disse citando uno dei titoli che ricordava aver letto.  

La notizia non era passata inosservata ai media, i giornalisti avevano avuto di che parlare, anche perché, Isabel, prima di essere uccisa, era riuscita a sollevare un gran polverone indagando su alcuni colleghi e politici corrotti, invischiati nel giro della droga. Il Principale indiziato dell’omicidio era un certo Scott McCarty, 38 anni, americano, agente della narcotici, collega di Isabel.  

Arrestato in seguito alle indagini dell’agente Rascal, era riuscito ad evadere di prigione, uccidendo quattro guardie carcerarie. A due giorni dalla sua fuga, Isabel era stata ritrovata morta nel proprio appartamento, mentre di McCarty si erano perse le tracce.  

“Sai Ryo, Isabel odiava la droga, provava pena per quanti perdendo se stessi, pensavano con quella di ritrovarsi, alleggeriti dai loro problemi e falsamente liberi. Come molti, alla narcotici, era a conoscenza dei traffici illeciti di McCarty. Quell’uomo rubava la droga sequestrata e la rivendeva al migliore offerente, ma era intoccabile: non veniva mai trovata nessuna prova a suo carico e i potenziali testimoni si trasformavano presto in cadaveri o, semplicemente, scomparivano, senza lasciare traccia.  

McCarty rendeva il loro duro lavoro inutile. A che servivano le retate, gli appostamenti, le indagini, i sequestri di droga?  

Isabel sapeva anche che McCarty non era il solo agente coinvolto e che ci doveva essere qualcuno o più di uno, che, puntualmente, dall’alto, dava loro una mano per rimanere puliti e intoccabili. Forse fu il più grosso errore della sua vita intestardirsi a volerli incastrare.  

McCarty era un tipo senza scrupoli, ambizioso e il suo passatempo preferito erano le donne. Isabel cercò di guadagnarne la fiducia, di farselo amico. Fu difficile, perché McCarty non era affatto uno sciocco, ed era anche un tipo piuttosto diffidente, ma Isabel era anche una donna giovane e affascinante e McCarty pur sempre un uomo con il debole per le belle donne. Quando fu certa di avere in mano tutte le prove necessarie per incastrare lui e i suoi amici, Isabel rese pubblica la sua indagine, fu come far scoppiare una bomba: per la narcotici fu un duro colpo, saltarono parecchie teste e per i politici coinvolti fu un terribile momento. McCarty venne arrestato, ma evase e volle vendicarsi. La uccise iniettandole in corpo un quantitativo di eroina bastevole per fare un viaggio senza ritorno, poi la spogliò e la depose sul letto…”. Angel chiuse gli occhi e abbassò lo sguardo, come a voler ricacciare un ricordo in un angolo buio della sua mente.  

“Il resto… il resto sto cercando di dimenticarlo” concluse.  

La voce di Angel si era mantenuta atona e inespressiva per tutta la durata della spiegazione, ma in quell’ultima frase Ryo aveva potuto avvertire un cambiamento di tonalità. Era come se i fantasmi che scorrazzavano senza pietà nella mente della ragazza, la loro scia di pensieri ossessivi e amari, l’enorme carico di rabbia e impotenza, di rancore e odio con cui la tormentavano, avessero avuto per un attimo la meglio, costringendola ad incrinare la voce quasi in un lamento.  

“Ti chiederai ora cosa l’Organizzazione Odino c’entri in tutto questo…” proseguì lei, riprendendo il controllo delle proprie emozioni. “Ad un anno dalla morte di Isabel, venni a sapere, durante una missione, che McCarty, in seguito alla fuga, non aveva perso tempo ed era entrato a far parte dell’Organizzazione Odino. Le sue conoscenze sul narcotraffico, il suo essere spietato e senza scrupoli, la sua ambizione, devono averlo aiutato a farsi strada all’interno dell’ organizzazione. Non gli è servito molto tempo per ricevere piena fiducia dal capo di questa ed essere nominato suo luogotenente”.  

Di nuovo silenzio. Ryo si era seduto su una cassa di legno, con gli occhi chiusi, la testa inclinata indietro poggiata sul muro bianco, sembrava teso, come intento a riflettere su qualcosa. Passarono alcuni minuti prima che Angel gli domandasse: “Stai pensando all’Organizzazione Odino? Cosa hai scoperto?”.  

“A dir la verità, poco e niente” confessò lo sweeper.  

“Allora ti conviene prestare attenzione, la spiegazione sarà lunga” gli comunicò Angel con la solita inflessione di voce.  

“L’Organizzazione Odino” proseguì “è strutturata in modo tale che tutto, al suo interno, proceda in modo organico e regolare, secondo determinati criteri, che permettano che ogni cosa, in essa, fili liscio come l’olio. E’ organizzata gerarchicamente, a più livelli, secondo una struttura piramidale, nella quale ogni individuo deve rispondere a qualcun altro sopra di lui. Al vertice di questa piramide c’è un solo uomo. E’ lui che prende le decisioni, che dà gli ordini ai sottoposti. Non sono ammessi né trasgressioni né ribellioni di alcun genere, pena la vita”.  

“E questo capo non ha un nome?”  

“Non ha un nome, non ha un volto, di lui non sappiamo assolutamente niente, è una sorta di uomo invisibile anche per i membri dell’organizzazione di cui è al comando, ad eccezione di due uomini, i due luogotenenti a lui sottoposti. Sono gli unici che hanno il permesso di convenire direttamente con lui, gli unici che ne conoscano l’identità, naturalmente, non si sognerebbero neanche per un momento di tradirlo, perché la fedeltà all’organizzazione è totale, per lei si è disposti anche a dare la vita, entrare in essa è come sposare una causa. E più sei abile e spietato, più sono le possibilità di accedere ai livelli organizzativi più alti, quindi più denaro, più fama, più potere”.  

Da Angel Ryo venne a sapere inoltre che l’organizzazione disponeva di strutture in cui si insegnavano l’arte della guerra, della sottomissione, dell’obbedienza agli ordini, senza ma o perché, che possedeva poligoni di tiro e ogni genere di armamenti, anche i più nuovi e sofisticati.  

Gli uomini, poi, venivano accuratamente selezionati nei bassifondi della malavita e sottoposti ad un duro e ferreo addestramento e, a secondo delle loro abilità, inseriti nei vari reparti dell’organizzazione.  

Una volta entrati a far parte di quella sorta di grande famiglia, non era più possibile uscirvi. Chi tradiva, chi contravveniva a qualche ordine, chi non raggiungeva lo scopo della sua missione, chi metteva in pericolo, con i suoi errori, l’equilibrio o l’esistenza dell’organizzazione, non veniva più riconosciuto come membro di essa, cessava anche di essere una persona, un essere umano. Per incutere terrore e paura ai suoi uomini, per annullare in loro qualsiasi volontà di disubbidienza o opposizione, l’organizzazione sottoponeva i traditori a punizioni crudeli, inumane e degradanti, fisiche e sessuali, sadiche, impudiche, perverse.  

Non offrivano certo la morte su di un piatto d’argento!  

“E dei due luogotenenti, cosa puoi dirmi?” domandò lo sweeper.  

“Come ti ho già detto, uno dei due è McCarty, è lui che seleziona tra la malavita i possibili nuovi membri e ne cura l’addestramento. L’altro si chiama Rudolf Eichmann, soprannominato il Sadico, 43 anni, di origine tedesca. Laureato in medicina, sarebbe stato un ottimo medico, se non si fosse convinto che infliggere torture sia più gratificante che dar sollievo ai pazienti. Questo è tutto ciò che posso dirti” concluse avvicinandosi alla cassa su cui Ryo restava seduto.  

“Adesso sarà meglio salire… Se Kaori si dovesse svegliare, non oso neanche immaginare cosa potrebbe succedere se ci scoprisse così vicini” gli sussurrò a due passi dalla bocca. Nel suo volto della vera Angel non c’era più traccia.  

 

 


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