Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated R - Prosa

 

Autore/i: Mojca

Traduttore/i: marziachan

Status: In corso

Serie: City Hunter

Original story:

What men want

 

Total: 25 capitoli

Pubblicato: 01-06-07

Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 

Commenti: 94 reviews

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DrameGeneral

 

Riassunto: Un piccolo intreccio tra il film con Mel Gibson e la sfida - Kaori può sentire i pensieri di tutti gli uomini.

 

Disclaimer: I personaggi di "What men want" appartengono esclusivamente a Thukasa Hojo. A dire il vero, il dottore di Kaori è un personaggio inventato. E forse ci sarà anche la partecipazione straordinaria di altri come lui.

 

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   Traduzione :: Quello che vogliono gli uomini

 

Capitolo 12 :: Sulla strada per il QG

Pubblicato: 09-06-07 - Ultimo aggiornamento: 07-07-07

 


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Non appena furono entrati nella Mini rossa, Ryo realizzò che forse accettare questo particolare incarico era stato un enorme sbaglio. La ragazza non gli aveva mai tolto gli occhi di dosso durante tutto il viaggio di ritorno a Shinjuku e – attenzione a questa assoluta stranezza - lo faceva sentire molto ma molto a disagio.  

 

Non aveva alcuna idea del perché – ogni volta si sforzava per ottenere il più possibile l’attenzione femminile – ma ultimamente ne aveva abbastanza di tutte le donne che smaniavano per lui – quando non urlavano per la Buoncostume, tutto qui. Voleva solo che una donna gli andasse dietro, ma di solito lo faceva con una dose pesante di martelli.  

 

Questa volta, tuttavia, c’era qualcosa di più degli occhi da triglia di Amaya Hitotsugi che lo turbava. Tutto sembrava quasi surreale. La ragazza era una vedova, per l’amor di Dio! Certo, Hitotsugi era quasi 30 anni più vecchio di lei, ma poteva mostrare un po’ più di rispetto per la sua memoria che prendersi una cotta improvvisa per il ragazzo che l’aveva mandato sotto terra – non che lei lo sapesse. Inoltre, tutte le persone a lei care erano morte di recente, ma sembrava averlo dimenticato – e cosi pure la sua timidezza – nel momento in cui aveva guardato verso di lui.  

 

Si rimproverò mentalmente. Probabilmente stava solo cercando di dimenticare un pochino, focalizzandosi su qualcosa – o qualcuno – di vivo. Ogni persona affrontava le perdite in modo differente. Kaori, per esempio, entrando in modalità “iperattiva”. Non riuscì a non sorridere.  

 

Amaya sogghignò seduta al lato del passeggero. Aveva sorriso. È questo le piaceva. Era felice. Non aveva mai incontrato un uomo come lui. Era incredibilmente alto, le spalle larghe, gli occhi intensi, e doveva essere molto forte. Inoltre, c’era qualcosa di protettivo, gentile anche, nell’aria che lo circondava. Si sentiva al sicuro con lui.  

 

Il suo sorriso le attirò gli occhi sulle sue labbra. Si domandò come sarebbe stato baciarlo. Non era mai stata baciata da nessun altro uomo eccetto suo marito, e lei voleva sapere cosa si provava a baciare qualcun altro. Sia che Takeru non fosse stato un gran baciatore o sia che fosse stata lei quella difettata, ma non aveva sentito la terra tremarle sotto i piedi ad un bacio. Il sole non tramontava ogni volta che suo marito toccava le sue labbra con le proprie, e non c’era offuscamento nei suoi occhi o la sensazione di formicolio nello stomaco, come succedeva in quei romanzi rosa che lei adorava.  

 

Ricordava ancora la prima volta che si erano baciati – era successo tra l’altro il giorno del loro primo incontro. Non era mai stata più spaventata in vita sua, ma era anche molto curiosa di come sarebbe stato un bacio. Era curiosa di vedere se effettivamente la terra si sarebbe mossa. Era iniziato abbastanza piacevolmente. Le labbra di lui andarono a posarsi gentilmente sopra quelle di lei, fluttuando come ali di farfalla. Ma non appena aveva iniziato a goderne, lui aveva spinto la sua lingua nella sua bocca, riempiendogliela con la sua saliva e si era quasi soffocata. Era disgustoso! Non avevano mai detto niente riguardo a quella parte nei suoi libri! E quando le aveva afferrato i seni... Era quasi svenuta dall’orrore! Con gli anni aveva imparato a nascondere il disgusto che provava e a fingere di goderne tanto quanto evidentemente ne godeva lui.  

 

Con un sospiro di sollievo, Ryo frenò di fronte al suo appartamento. Finalmente era a casa e non doveva più rimanere solo con lei in un ambiente ristretto. I suoi occhi pallidi erano un tantino troppo angoscianti.  

 

»Ci siamo, Amaya-chan,« mormorò, entrando nel garage.  

 

Uscì delle sue fantasticherie, guardando la stanza buia. C’era almeno una dozzina d’auto identiche a quella in cui era seduta lungo un lato del garage. Lungo l’altro c’erano altrettante Honda identiche. Perché aveva così tante auto? Ma cosa più importante, perché aveva così tante auto IDENTICHE?! Mentre si scrutava attorno, notò che il suo protettore era già uscito dall’auto e, con le sue due borse in mano, già in cammino verso la porta di ferro alla fine del garage. Troppo lontano per avere la decenza di aprirle lo sportello.  

 

Non capiva il perché si fosse alzato così all’improvviso e l’avesse lasciata lì a seguirlo. Aveva sentito una strana sensazione di disagio strisciarli su per la spina dorsale e uno stimolo improvviso di tornare da Kaori il più presto possibile. Sapeva che era pura follia, lei era perfettamente al sicuro all’interno del loro appartamento grazie a tutti i differenti dispositivi che aveva nascosto attorno ai locali la notte scorsa quando era tornata a letto. Inoltre, aveva sempre addosso alcuni dispositivi per rintracciarla, non che le lei lo sapesse, naturalmente. E non sarebbe riuscita a trovarli nemmeno se avesse guardato. Aveva cambiato la tattica di mettere le cimici sui suoi bottoni. La ragazza non aveva mai la presenza di spirito di indossare qualcosa con i bottoni ogni volta che veniva rapita. In questo modo aveva sempre delle cimici addosso, e lui se ne accertava costantemente.  

 

Ryo si fermò al primo pianerottolo, sentendo la loro ospite ansimare dietro di lui. Riusciva a sentire i suoi pallidi occhi su di lui, e i sottili capelli dietro la sua nuca si alzarono. Perché aveva reagito con lei in quel modo? Era una vera bellezza, un diamante purissimo, e di solito – benché fosse solo tutta una finzione – andava pazzo per le ragazze come lei. Ma questa ragazza, questa volta... Era differente. Lei – era sicuro che non fosse affatto colpa sua – gli dava maggiori preoccupazioni. Immaginava che le sue reazioni e il suo comportamento fossero solo l’immediata conseguenza della consapevolezza che la presenza di lei nella sua casa, sotto la sua protezione, rappresentava una minaccia per Kaori. Non si preoccupava di cosa poteva succedere a lui. A mala pena si era preoccupato di cosa era successo ad Amaya Hitotsugi. In questo caso, in queste circostanze, Kaori effettivamente era la sua massima priorità. Lei doveva uscire da questo casino incolume.  

 

Quando lo ebbe quasi raggiunto, Amaya allungo la mano, toccandogli il braccio con le dita. Desiderava toccarlo da quando era entrato nella suite del Four Season. Il suo bicipite era compatto e duro come un mattone sotto il suo tocco leggero e si sentì sommergere da un’ondata di calore.  

 

Ryo si sottrasse al suo tocco. Gli aveva trasmesso un brivido freddo lungo la schiena, facendogli chiudere lo stomaco dall’apprensione. Doveva darci un taglio o realmente rischiava di mandare a monte ogni cosa. Doveva ritornare alla normalità, distaccato e PROFESSIONALE, il più presto possibile. Aveva perso la calma più di una settimana fa quando aveva visto Kaori distesa sull’asfalto, con il sangue che le colava da sotto la testa, e ancora non aveva riacquistato la sua determinazione di ferro. Non era colpa di questa ragazza se si stava lasciando prendere dal panico a causa della sua socia. Non sarebbe stata colpa sua se fosse successo qualcosa a Kaori, era stato un desiderio proprio del Maki-Godzilla quello di rimanere con lui e aiutarlo a proteggere la loro cliente. Perciò Ryo aveva bisogno di riacquistare la calma, smetterla di scansarsi ogni volta che Amaya lo toccava, smetterla di pensare insensatamente ai suoi pallidi occhi spettrali... e smetterla di comportarsi come un idiota quando Kaori era in pericolo. Come aveva detto lei stessa, era grande abbastanza e sapeva come prendersi cura di sé.  

 

»Saeba-san,« mormorò gentilmente Amaya poiché non sembrava molto incline a muoversi, continuava a fissare il vuoto, a quanto pare assorto nei suoi pensieri.  

 

Scosse la testa, girandosi leggermente. »Chiamami Ryo, Amaya-chan. Quel “san” mi fa sentire vecchio.«  

 

Gli lanciò un altro dei suoi sorrisi brillanti.  

 

Decidendo di ignorare un'altra ondata di agitazione che lo aveva assalito, le sorrise, facendola procedere davanti a lui. Era meglio tenerla davanti così non sentiva i suoi occhi guardarlo ad ogni suo movimento, e inoltre poteva ammirare meglio il suo sedere da dietro.  

 

Le sue labbra si estesero in un sorriso malizioso, iniziando lentamente a salire le scale. Tra un paio di giorno c’è l’avrebbe avuto in pugno.  

 

Mentre la seguiva, i lineamenti del viso di Ryo rimasero impassibili – il totale opposto delle sue solite, lascive smorfie che era solito indossare, ma era sempre così ogni volta che Kaori non era nei paraggi – paragonando il didietro che oscillava leggermente di fronte al suo naso con un didietro differente. Un didietro più rotondo, più sodo, più femminile che era solito oscillare per casa sua. Stava per rendersi conto della sua insolita associazione con la sorella del suo migliore amico, quando passo alle curve, poche donne potevano competere con Kaori Makimura. E il suo ancheggiare, ancheggiare spontaneo, non quello artificiale fatto per attirare la popolazione maschile, non aveva eguali.  

 

 

 


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