Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated R - Prosa

 

Autore/i: Mojca

Traduttore/i: marziachan

Status: In corso

Serie: City Hunter

Original story:

What men want

 

Total: 25 capitoli

Pubblicato: 01-06-07

Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 

Commenti: 94 reviews

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DrameGeneral

 

Riassunto: Un piccolo intreccio tra il film con Mel Gibson e la sfida - Kaori può sentire i pensieri di tutti gli uomini.

 

Disclaimer: I personaggi di "What men want" appartengono esclusivamente a Thukasa Hojo. A dire il vero, il dottore di Kaori è un personaggio inventato. E forse ci sarà anche la partecipazione straordinaria di altri come lui.

 

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   Traduzione :: Quello che vogliono gli uomini

 

Capitolo 13 :: Il quadro (quasi) completo

Pubblicato: 09-06-07 - Ultimo aggiornamento: 07-07-07

 


Capitolo: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25


 

Amaya si girò in cima alle scale. Il suo brillante sorriso sempre a posto mentre la precedeva, accompagnandola fino alla porta nel mezzo del pianerottolo.  

 

Aprendola, si immobilizzò completamente, la bocca asciutta come il deserto in piena siccità, gli occhi incollati alla finestra. La finestra, dove le curve su cui stava meditando si muovevano spontaneamente e un po’ troppo vigorosamente per la pace del suo spirito.  

 

Amaya rilasciò uno smorzato »Oomph«, mentre sbatteva contro la sua schiena.  

 

...Pelle color avorio brillava alla scintillante luce del sole, mentre Ryo faceva scorrere la lingua lungo la colonna vertebrale della donna, riportando alla memoria il suo gusto salato e femminile. Ringhio sofficemente...  

 

Sentendo questo ringhio soffice, un pochino soffocato, ma comunque da predatore dietro di lei, Kaori perse l’equilibrio sulla sedia. Agitò scompostamente le braccia, spruzzando schiuma da per tutto, e sentendosi cadere all’indietro chiuse gli occhi di scatto.  

 

»Oh, meeeeeeeeeeerda!«  

 

Un momento prima era irrigidito sulla porta, quello dopo stava tenendo tra la braccia la testarossa. Amaya sbattè le palpebre velocemente. Come era riuscito a muoversi così velocemente?  

 

Agitando le dita delle mani e dei piedi, Kaori lentamente aprì un occhio curiosando. Il suo sguardo disorientato per non essere finita spaparanzata sul pavimento si scontrò con gli occhi preoccupati di Ryo.  

 

»Stai bene?« mormorò.  

 

L’immagine di lui che leccava quella distesa brillante di pelle avorio le attraversò il cervello, lo spinse lontano, rimettendosi in piedi. »A meraviglia. Grazie per avermelo chiesto.«  

 

Sbattè le palpebre. Che cosa le stava succedendo? Le aveva evitato il capitombolo sul pavimento e lei entrava in modalità “acida”?  

 

»Tu’ sorella.« borbotto, raccogliendo la spugna bagnata con la quale stava pulendo la finestra.  

 

La prese per il braccio, tirandola più vicino. »Cosa diavolo c’è che non va ora?« ringhiò, le sue dita sondarono a lato della sua testa. Sentiva ancora lo stimolo di uccidere qualcuno ogni volta che toccava quel leggero bernoccolo, la prova evidente della sua fragilità... e della sua inadeguatezza nel proteggerla.  

 

»Niente.« mormorò, sorridendo malgrado sé alla preoccupazione da Neanderthal del suo socio.  

 

»Kaori...«  

 

»Non è niente!« Girò la testa dall’altra parte, ma le sue dita le catturarono il mento, girandole la testa, facendola guardare verso di lui.  

 

I suoi occhi ispezionarono il suo viso, cercando di capire che cosa ultimamente c’era di sbagliato in lei, ma apparentemente non era così esperto a leggere in faccia alle persone come lo era il suo piccolo Sugar Boy.  

 

Digrignò i denti a quel sopranome. E pensare che ogni volta che lei sollevava l’argomento del loro “primo incontro”, lui sembrava non ricordare che si erano incontrati, quando lei andava ancora alle superiori. Un’ombra di sorriso percorse i suoi lineamenti. Così se ne ricordava. Perché fingeva il contrario?  

 

I lineamenti di lui si addolcirono, rispecchiando il suo sorriso.  

 

Amaya fissava la coppia dalla porta. Saeba sembrava essersi completamente dimenticato di lei. Non aveva il dovere di proteggerla? Non doveva preoccuparsi di lei? Perché teneva stretta quella testarossa in quella maniera? Perché la stava guardando con occhi innamorati? Perché non sorrideva a lei nel modo in cui sorrideva alla donna della finestra?!  

 

Le sue dita le massaggiarono ancora gentilmente la nuca, trasmettendole dei dolci brividi su per la schiena e Kaori sapeva che stava iniziando ad arrossire. Maledetto uomo! Come pretendeva di essere solo amici, che tutto quello che provava per lui fosse solo amore per un fratellone iperprotettivo, quando iniziava a iperventilare ogni volta che lui le era vicino. Senza contare il rossore che le saliva lentamente su per le guance ogni volta che lui la guardava nel modo in cui stava facendo in questo preciso momento. E quelle dita ancora sepolte teneramente nei suoi capelli... Come desiderava essere toccata così ogni giorno. Riuscire a dirgli come si sentiva con lui, e sentirlo ripetere quelle stesse parole... Come desiderava poterlo chiamare il suo uomo, addormentarsi al suo fianco e svegliarsi tra le sue braccia.  

 

Vedendo le sue guance andare dal rosso appena accennato ad un porpora perfetto, Ryo sorrise. Poteva comportarsi prepotentemente, affermando che tutti quei martelli che continuava a scagliargli contro erano solo dei mezzi per proteggere le loro clienti, ma lui lo sapeva bene. Ogni volta che le era vicino, Dio ce ne scampi, che la toccava, lei tradiva i suoi veri sentimenti per lui. Era segretamente orgoglioso di queste scenate di gelosia. Dimostravano che gli voleva bene, che lo amava. La sua donna non era un tipo a cui piaceva condividere – e nemmeno lui lo era, quindi giù le mani dalla sua piccola Kaori... Aggrottò le ciglia mentre lei aprì leggermente la bocca e si lagnò emettendo un sospiro.  

 

Gli occhi di Kaori erano spalancati come dei piattini mentre lo fissava. Da quando era “la sua piccola Kaori”?! Al momento non si preoccupava del fatto che vedesse attraverso i suoi atteggiamenti d’indifferenza verso di lui. Lei era trasparente, quando lui le andava vicino, e allora?! Ma “la mia piccola Kaori”?! Questo la fece riflettere. E il “giù le mani” la fece riflettere un pochino di più. Quelli non erano i pensieri di un amico. Sembravano più sulla linea del possessivo Neanderthal che aveva incontrato all’ospedale, quando si era svegliata. Quelli erano i pensieri di un uomo...  

 

Ci fu un forte, infastidito schiarimento di gola.  

 

Ryo girò la testa per guardare la donna alla porta. I suoi occhi lampeggiavano con irritazione.  

 

»Amaya-chan.«  

 

Kaori sorrise, facendo un cenno con la testa. »Ciao.«  

 

Era completamente consapevole che Ryo aveva ancora una mano nei suoi capelli, mentre con l’altra le teneva il mento. Cercò di fare un passo indietro, ma la sua mano si mosse verso la sua vita trattenendola.  

 

»Non andrai da nessuna parte,« ringhiò.  

 

Lei roteò gli occhi. »Sì, lo farò. Sto perfettamente bene, grazie. Ora lasciami andare.«  

 

»Bene un cazzo! Stavi quasi per schiantarti sul pavimento!«  

 

»Avevo solo perso l’equilibrio!« Gettò le sue mani lontano da lei. »Se ti fossi ricordato di sostituire la scaletta non avrei dovuto usare la sedia per pulire le finestre.«  

 

»In primo luogo, se tu non mi avessi colpito in testa con la scaletta non si sarebbe rotta!«  

 

»Se tu riuscissi a tenere a bada il tuo attrezzo per il Mokkori lì dentro, io non avrei dovuto sbatterti sulla testa la scaletta!«  

 

I suoi occhi scintillarono malignamente, mentre ghignava come un idiota. »Mi basta solo guardarti, Kaori-kun, e lui si rimpicciolisce in un batter d’occhio.«  

 

La testa di Amaya girava da uno all’altra come se stesse guardando una partita di tennis. Le freddure volavano di qua e di là con una tale rapidità che non riusciva a fare niente se non sbattere le palpebre. Attrezzo per il Mokkori? Scaletta? Kun? Perché Saeba chiamava quella donna con una preposizione maschile? E che cosa si rimpiccioliva in un batter d’occhio? La scaletta? O ancora il non identificato attrezzo-Mokkori?  

 

I suoi occhi si spalancarono ancora di più alla vista di quella donna alta e snella che tirava fuori dal nulla un enorme martello. Che diamine?!  

 

I suoi occhi in un lampo diventarono cremisi, i canini di Kaori si allungarono in delle vere e proprie zanne. Facendo girare un martello da 500 ton “Muori Tu Ingrato Villano” sopra la testa, le sue narici scagliavano fiamme.  

 

Piccino piccino, Ryo si accovacciò ai suoi piedi, cercando faticosamente di non ridere.  

 

»Kaori-sama! Ryo-chan promette di fare il bravo ragazzo! Per favore, abbi pietà, Kaori-sama!«  

 

»Silenzio!« ringhiò, dondolando...  

 

Ryo emise un agghiacciante strillo femminile [dovreste vedere gli episodi originali per capire di che suono si tratta; n.d.M.], un nanosecondo prima che il pavimento lo inghiottisse, scavandosi sotto l’impatto del martello.  

 

Deglutendo, Amaya fissò l’unica parte del corpo che era visibile – una gamba che si contraeva da sotto l’arnese di legno. Dove era finita?! Il cuore le martellò nel petto, e iniziò a retrocedere nel pianerottolo, quando notò la testarossa, tornata allo stato normale, procedere decisa a grandi passi verso di lei.  

 

Kaori afferrò la mano pallida della donna. »Tu devi essere Amaya.«  

 

Guardandola, Amaya annui col capo.  

 

»Piacere di conoscerti. Io sono Kaori. Ti mostrerò la tua stanza.«  

 

»M-ma... ma e lui?« La domanda finì in un bisbiglio tremante.  

 

»Oh, starà bene!«  

 

»M-ma...«  

 

»Non preoccuparti, c’è abituato.«  

 

»M-ma...« Amaya prese un respiro profondo. »Perché...«  

 

Kaori guardò di traverso il martello ancora sepolto nel pavimento. La gamba aveva smesso di contrarsi.  

 

»So che lo fa solo per farmi andare su tutte le furie e so che non dovrei reagire in questo modo...« Roteò le spalle come ad eliminare la tensione. »Ma alle volte una ragazza deve fare ciò che una ragazza è tenuta a fare.« Ghignò. »Dovresti provarci anche tu. E’ meglio di un trattamento termale. Andiamo?«  

 

E la tirò verso il salotto.  

 

Quando i loro passi si furono attenuati, Ryo lentamente alzò il martello, fissando con sguardo meditabondo la porta.  

 

 

 


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