Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated R - Prosa

 

Autore/i: Mojca

Traduttore/i: marziachan

Status: In corso

Serie: City Hunter

Original story:

What men want

 

Total: 25 capitoli

Pubblicato: 01-06-07

Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 

Commenti: 94 reviews

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DrameGeneral

 

Riassunto: Un piccolo intreccio tra il film con Mel Gibson e la sfida - Kaori può sentire i pensieri di tutti gli uomini.

 

Disclaimer: I personaggi di "What men want" appartengono esclusivamente a Thukasa Hojo. A dire il vero, il dottore di Kaori è un personaggio inventato. E forse ci sarà anche la partecipazione straordinaria di altri come lui.

 

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   Traduzione :: Quello che vogliono gli uomini

 

Capitolo 25 :: Piangere rende una donna imprevedibile

Pubblicato: 03-09-07 - Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 


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Un’ondata di panico lo colpì. Un panico così forte da fargli venire la nausea. Perchè stava piangendo così? Non aveva mai visto nessuno piangere in un modo simile. Ammetteva che anche Miki, a volte piangeva silenziosamente, ma non così. Mai così.  

 

Kaori era completamente immobile, mentre stava seduta dall’altro lato del tavolo, fissandolo con gli occhi spalancati, ma sapeva che non stava vedendo lui. Lei guardava dritta attraverso di lui, le lacrime che le inondavano le guance, mentre stava solo seduta lì. Non c’era nessun suono, nessun singhiozzo, nessun gemito... Non c’era niente.  

 

Mettendocela tutta per combattere l’impulso, perse alla grande lo stesso. Alzandosi lentamente, girò in tondo il tavolo, inginocchiandosi al suo fianco, fissandola, spaventato oltre ogni limite. Che cosa stava facendo? Cosa pensava di fare inginocchiandosi accanto a lei e fissandola. Non le avrebbe fatto alcun bene, non avrebbe smesso di piangere. E lui voleva disperatamente che lei smettesse di piangere. Gli stava spezzando il cuore.  

 

Completamente sconcertato e terrorizzato guardava la sua propria mano alzarsi lentamente. Tanto dolcemente quanto ne era capace, la posò sopra la sua spalla.  

 

La bocca che tremava, lei girò la testa per guardarlo. Singhiozzò tristemente.  

 

Umibozu trascinò il suo grande palmo giù verso la sua schiena, dandole dei colpetti leggermente. Ancora non aveva assolutamente idea riguardo a cosa stava facendo! »Su, su« mormorò come aveva visto una volta nel parco una signora confortare il figlio in lacrime. »Su, su.«  

 

La diga dentro di lei si ruppe e Kaori gettò le braccia attorno al collo di Umibozu, singhiozzando spasmodicamente.  

 

S’immobilizzò. Nota per sè: mai cercare di consolare una donna quando sta piangendo. La farà solo piangere di più.  

 

Per metà singhiozzava, per metà ridacchiava sul suo collo. »Mi dispiace Umibozu-san. Non era mia intenzione metterti in imbarazzo, però... io sono così contenta che tu sia qui.«  

 

Bè, lui non lo era. »E’...« Doveva schiarirsi la gola. »E’ tutto apposto, Kaori. Ti senti meglio?«  

 

»Mhm.«  

 

»Puoi lasciarmi andare?«  

 

Si ritrasse di scatto sulla sua sedia. »Scusa.« borbottò, la testa china. »Mi dispiace davvero di aver pianto così.«  

 

Adesso, voleva prendersi a calci. Nota per sé: lasciare sempre una donna piangere sulla tua spalla. Se dici qualcosa a riguardo, la farà solo sentire peggio. »E’...« Cosa stava facendo?! »E’ giusto piangere qualche volta, Kaori.«  

 

Sorrise tristemente. »Non risolve niente, però.«  

 

Rispecchiò il suo leggere sorriso. »Sì, se ti fa sentire meglio.«  

 

I suoi occhi scintillarono. »Ad ogni modo, perché dovrei piangere? Perché dovrei cercare di sentirmi meglio? Non ho fatto niente da farmi star male! La mia coscienza è pulita!« Lacrime silenziose le sfuggirono di nuovo. »Sai quante volte ho giurato che non avrei mai pianto a causa sua?«  

 

Scosse la testa lentamente.  

 

»Nemmeno io.« Singhiozzò, strofinandosi con rabbia le lacrime. »Ho smesso di contarle anni fa.«  

 

Nota per sé: mai far piangere una donna. La fa diventare imprevedibile.  

 

»Perché l’ha fatto?!«  

 

»Perché chi ha fatto cosa?« Sì, Hayato, bella mossa. Fai il finto tonto. La farà solo incavolare ancora di più.  

 

»Ryo...« Le lacrime imperversarono di nuovo. »Perché se né andato così? Perché mi ha detto delle cose simili? Io non ho fatto niente di sbagliato.«  

 

»Bè, lui questo non lo sa, no?«  

 

Lei singhiozzò.  

 

Cosa stava facendo?! »Voglio dire... era piuttosto innervosito, quando ci ha chiamato per telefono. Non ti trovava da nessuna parte e poi...«  

 

»Poi mi ha trovato nell’appartamento di Mick avvolta in un asciugamano. Perciò, avrebbe dovuto essere stato sollevato di avermi trovato e non cercare di mangiarmi viva senza alcuna ragione.«  

 

Umibozu lentamente sbattè le palpebre. Davvero non l’aveva afferrato? Era così cieca? Con cautela, tastò il terreno: »Ti ha trovato nell’appartamento di MICK.«  

 

»Quindi?«  

 

Quindi???!!! Dio, non capisce davvero un accidenti! Ma chi sono io per illuminarla? Dovrei solamente lasciarla vivere nella sua dolce ignoranza. »Vedi, Kaori...« Cosa stava facendo?! »Lui ha pensato... Ryo ha supposto...« Taci! Taci! Taci!  

 

»Quell’idiota ha supposto che io abbia dormito con Mick.«  

 

Del vapore esplose dalle orecchie di Umibozu. Sentirla dire quelle parole era persino più mortificante che doverle dire lui stesso.  

 

Kaori s’infuriò. »Di tutte le cose stupide, imbecilli, idiote, lui ha dovuto supporre che io abbia dormito con Mick! Come se non mi conoscesse affatto! Quel cretino! Quel stupido, quel macaco idiota!« Era furiosa. E ora almeno aveva qualcuno su cui sfogare la sua rabbia. »Come ha osato quel bastardo mettere me -ME!- sullo stesso piano come tutti gli altri?! Non sono quel genere di ragazza! Mai lo sono stata e mai lo sarò! Quel bastardo!«  

 

»Kaori...«  

 

»Ed anche se io avessi dormito con Mick, che gli importa?! Non siamo sposati o che altro. Io non l’avrei tradito! E’ la mia vita, il mio corpo, la mia fottuta verginità! Posso farci qual diavolo che voglio!«  

 

Sapeva che stava praticamente arrossendo ad intermittenza nell’oscurità. Se solo avesse smesso di urlare. »Kaori!«  

 

Lei alzò al testa di scatto.  

 

Che cosa stava facendo?! »La gelosia è una cosa astrusa. A volte può trasformare gli uomini in degli sconosciuti, addirittura in dei mostri.«  

 

»Gelosia?« Rise gelidamente nell’oscurità. »Mi stai dicendo che Ryo era in collera per gelosia?«  

 

»Bè...« Cosa stava facendo?! Questo non era affar suo! Cosa stava facendo?! »Sì.«  

 

»Geloso di cosa?« chiese con voce bassa, quasi speranzosa.  

 

»Dio, donna!« esplose. »Hai bisogno che ti faccia un disegno?! Sei grande abbastanza da arrivarci, fai due conti!«  

 

Kaori lo fissava con la bocca spalancata. Wow! Dov’era finito il timido e taciturno Umibozu? Wow!  

 

»Scusa.« borbottò. »Non volevo urlare... E’ solo che...« Sei completamente tonta. »Niente, scusa.«  

 

Lei non era tonta! »Mi dispiace, Umibozu-san, ma è solo che non capisco cosa stai insinuando. Di che cosa può essere geloso Ryo?«  

 

La guardò di traverso. »Di te, donna, di te!«  

 

»Me?! Non essere ridicolo.«  

 

»Non sono ridicolo, però voi due siete entrambi degli idioti.«  

 

Si raddrizzò, offesa. »Scusami?!«  

 

Umibozu si alzò. »Idioti. Tutt’e due.« Camminò verso la finestra. Ora c’era troppo dentro per fermarsi, perciò poteva anche continuare e magari inculcare un po’ di buonsenso in questa ragazza. »Io non so cosa cerca di fare respingendoti così. Tutti riescono a vederlo, lui è pazzamente innamorato di te. Bè,« Si girò verso di lei. »Tutti tranne te, evidentemente. Come puoi essere così cieca da non...«  

 

»Lui non è innamorato di me,« bisbigliò, sul punto di piangere un’altra volta.  

 

»Oh, andiamo, Kaori...«  

 

Lei scosse la testa furiosamente. »Non lo è. Ho sperato che lo fosse, oh, Dio, come l’ho sperato. Ma ora lo so bene.« Sospirò. »Ora finalmente lo so.«  

 

Umibozu si avvicinò a lei, scuotendola. »Smettila di compiangerti, Kaori. Non puoi essere davvero così ingenua da credere a quello che quell’idiota figlio di una buona donna ti dice. Gesu. Capisco che sia difficile da comprendere, dovrei saperlo, ma è la verità. Lui ti ama!«  

 

Lei scosse la testa.  

 

»Kaori. Pensi che io sarei qui, imbarazzato, a dirti questa roba se non fosse vera?«  

 

»Non lo è.« Sollevò il viso rigato dalle lacrime verso di lui. »Lui non è innamorato di me. Ecco perché sono andata da Mick. Perché so di non essere io quella!« E balzò in piedi, uscendo di corsa dalla cucina, singhiozzando.  

 

Sospirando profondamente, Umibozu fissò la porta. Nota per sé: mai dire ad una donna che qualcuno la ama. Non ci crederà mai e diventerà isterica.  

 

 


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