Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated R - Prosa

 

Autore/i: Mojca

Traduttore/i: marziachan

Status: In corso

Serie: City Hunter

Original story:

What men want

 

Total: 25 capitoli

Pubblicato: 01-06-07

Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 

Commenti: 94 reviews

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DrameGeneral

 

Riassunto: Un piccolo intreccio tra il film con Mel Gibson e la sfida - Kaori può sentire i pensieri di tutti gli uomini.

 

Disclaimer: I personaggi di "What men want" appartengono esclusivamente a Thukasa Hojo. A dire il vero, il dottore di Kaori è un personaggio inventato. E forse ci sarà anche la partecipazione straordinaria di altri come lui.

 

Tricks & Tips

What is an offline translation?

 

It’s the translation of a fanfiction that is not on HFC.

 

 

   Traduzione :: Quello che vogliono gli uomini

 

Capitolo 23 :: Appuntamento di mezzanotte II

Pubblicato: 03-09-07 - Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 


Capitolo: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25


 

Qualche ora dopo, Kaori era distesa a letto ben sveglia, fissando il soffitto. Figurarsi se riusciva a chiudere occhio, aspettando costantemente un qualsiasi suono che annunciasse il rientro di Ryo. Maledetto uomo! Non poteva lasciarla sola, almeno quando non era lì a tormentarla?! Gesu! Cosa ne era stato di lei?! Si stava trasformando in una di quelle donne sciocche, piagnucolose, e vuote che abitavano il mondo delle soap-opera. Stava diventando l’incarnazione stessa della donna che detestava e disprezzava. E tutto a causa di un uomo insensibile, offensivo, egoista, egocentrico e idiota di nome Ryo Saeba.  

 

Quando lo avrebbe capito?! Quando sarebbe stata capace finalmente di sbarazzarsi dell’amore che provava per lui?! Quando avrebbe finalmente afferrato il fatto che lui non l’amava?! Per lo meno non nel modo in cui lei amava lui! Quando avrebbe finalmente compreso che tutto il tempo che passava a struggersi dal desiderio per lui era tutto tempo sprecato invano?! Quando avrebbe capito tutto questo?!  

 

Con un sospiro pesante, dedusse che sarebbe successo quando l’inferno si sarebbe ricoperto di ghiaccio e le mucche avrebbero iniziato a volare liberamente attraverso il cielo muggendo allegramente The Star Spangled Banner.*  

 

»Dannazione,« brontolò, liberandosi il corpo dalle coperte. »Dannazione, dannazione, dannazione, e doppia dannazione. Prima, non riuscivo a dormire a causa dei suoi sogni porno, ora non riesco a dormire perché lui non è qui a fare i suoi sogni porno. Dannazione!«  

 

Imbronciata all’estremo, camminò a passi pesanti lungo il corridoio, intenzionata a riscaldare un po’ di latte e tornare subito in modalità dormiente.  

 

Aprendo la porta del soggiorno, s’immobilizzò sul posto. Si era completamente dimenticata che Umibozu era accampato nel loro soggiorno. Ma quello che l’aveva colpita, era la sua posa. Era seduto, la schiena dritta, in una sedia di legno accanto alla finestra. Come riusciva a dormire in una posizione simile? Ma d’altra parte, probabilmente era abituato a dormire in ogni sorta di posto strano.  

 

Umibozu sedeva immobile, fissando la ragazza che camminava in punta di piedi attraverso il salotto verso la cucina. L’ombra di un sorriso attraverso i suoi lineamenti di granito mentre la guardava. Probabilmente aveva pensato che lui stesse dormendo e cercava di non svegliarlo. E doveva anche darle merito, in effetti si stava muovendo senza fare alcun suono, questo probabilmente era tutto dovuto a Ryo e agli anni passati con lui. Ma mentre si muoveva silenziosamente, la sua corporatura snella era talmente curva e lei sembrava così scomoda nella sua posizione, che lui doveva fare qualcosa.  

 

»Sonno agitato, Kaori?«  

 

Immobilizzandosi, mezza curva e con una gamba a mezz’aria, Kaori quasi ebbe un attacco di cuore seduta stante. Allora, la sua precaria posizione ebbe la meglio, lei emise uno strillo leggero, prima di cadere nel pavimento con un tonfo sulla pancia.  

 

Per quanto robusto e grande, Umibozu si mosse con una rapidità quasi disumana, arrivando al suo fianco in un mero secondo. »Stai bene?« chiese a bassa voce.  

 

»Sì.« respirò, incapace di trovare la voce.  

 

»Non era mia intenzione spaventarti.« farfugliò in scusa, afferrando il dietro del suo pigiama in un grande pugno e alzandola come un gattino.  

 

Non era sua intenzione spaventarla?! Kaori fissava l’uomo come se gli fossero spuntate le ali. Pensava che lui stesse dormendo e stava strisciando verso la cucina allo scopo di non svegliarlo e lui arrivava e le parlava?! Naturalmente se l’era quasi fatta addosso! Perché non stava dormendo come avrebbe dovuto fare?!  

 

Umibozu fissava la donna di fronte a lui, la sua mano ancora chiusa a pugno nel suo pigiama. Il colore nelle sue guance stava lentamente tornando e i suoi occhi stavano definitivamente esprimendo irritazione. Qual’era il suo problema? Si era scusato! Le donne erano veramente il più grande mistero di Madre Natura.  

 

Kaori socchiuse gli occhi. Il suo problema era, che lei era ancora sospesa a mezz’aria, grazie tante! Non aveva cinque anni. Poteva stare in piedi da sola sui suoi propri due piedi!  

 

»Potresti, per favore, mettermi giù?« sibilò.  

 

Arrossendo furiosamente, lentamente la fece scendere sui suoi piedi.  

 

»Scusa,« borbottò. Poi, vedendo il suo pigiama ancora raggrinzito sotto le sue ascelle, arrossì ancora di più, tirandoglielo giù attorno alla sua vita.  

 

Idiota! Stupido, stupido idiota! Guarda cos’hai fatto, bruto. Dio, lasciami morire. Come posso essere un tonto simile? Terra apriti e buon appetito! Io non sono una persona! Sarei dovuto rimanere nella giungla con le scimmie!  

 

»Scusa,« borbottò di nuovo, desiderando disperatamente di darsela a gambe.  

 

La rabbia di Kaori evaporò in un nanosecondo. Per quanto enorme, sicuramente aveva una considerazione piuttosto bassa di se stesso. Così lui non era una persona, così lui non sapeva come comportarsi quando c’erano delle donne in giro... Nessuno doveva pensare delle cose simili di se stesso. Al diavolo le scimmie, si sarebbe assicurata che almeno per stanotte, lui non si sentisse inadeguato.  

 

Rivolgendogli il suo sorriso più brillante, gentilmente mise le dita sul suo braccio.  

 

»No, io sono l’unica che dovrebbe scusarsi, Umibozu-san. Sei qui unicamente per la tua buona volontà e io non avrei dovuto reagire in quel modo. Mi dispiace di averti aggredito, è solo che divento irritabile se non riesco a dormire abbastanza.«  

 

Deglutì. Ok, Hayato, concentrati! È Kaori. È un amica di Miki. La conosci, è gentile. Perciò che importa se la sua mano è sul tuo braccio. Non devi iniziare ad iperventilare per una cosa così insignificante. Non è così difficile. Solo respira e NON SVENIRE!  

 

Reprimendo una risata, Kaori rapidamente tolse la mano. Il tipo stava praticamente bruciando nell’oscurità.  

 

Essendo finalmente capace di respirare normalmente, Umibozu fece un lento, quasi attento passo indietro. »Uhm...« Dio, fa caldo qui dentro. »Io...«  

 

»Ti va una tazza di cioccolata calda?« Kaori chiese rapidamente. »Di solito bevo del latte caldo quando non riesco a dormire, ma questa volta ho voglia di qualcosa con più gusto. Ma odio bere da sola. Ti dispiace tenermi compagnia?«  

 

»Uhm...« Stava iniziando a soffocare. Ma lui adorava la cioccolata calda tanto quanto ...aveva paura!... odiava i gatti, e se c’era dentro qualche piccolo marshmallow...  

 

»Aiuterebbe ad aumentare la posta in gioco, qualora riuscissi a trovare qualche piccolo marshmallow da mettere nella cioccolata?« chiese civettuola Kaori. Qualche volta la sua capacità di leggere nella mente era un vero sballo.  

 

»Penso di poter gestire una tazza di cioccolata,« brontolò, ringraziandola oltre le parole. La ragazzina sembrava conoscerlo bene.  

 

Kaori sorrise, dirigendosi verso la cucina.  

 

 

 

* * * * *  

 

 

 

Erano seduti in un piacevole silenzio, ognuno con una tazza fumante di cioccolata calda di fronte, per quello che sembrava essere ore. Fissando i marshmallows spumeggiare in cima della sua tazza, Kaori ascoltava Umibozu canticchiare il Superman Theme nella sua testa. Quando aveva iniziato a canticchiare, bè, a canticchiare mentalmente, era stata dura per lei tenersi dal ridere rumorosamente. Chi avrebbe pensato che fosse un fan del cinema. Se l’era sempre immaginato seduto in un angolo buio, a lucidare il suo bazooka, ma ora aveva un’immagine abbastanza chiara di lui nel mezzo di un cinema con una scatola piena di popcorns, fissando attentamente lo schermo.  

 

Sorrise. Almeno il suo canticchiare le impediva di pensare troppo alla sua difficile situazione. Ryo non era ancora tornato e lei stava iniziando leggermente a preoccuparsi. Non era da lui stare fuori fino a così tardi, però gli eventi della mattina precedente erano stati piuttosto fuori dall’ordinario. Tuttavia non riusciva ancora a capire la sua strana reazione e il suo stare fuori fino a tardi.  

 

Ed ora stava cominciando a pensare a lui di nuovo. Maledizione! Maledizione! Doppia maledizione!  

 

Umibozu fissava attraverso l’oscurità la ragazza di fronte a lui. Sapeva che lei stava cercando con forza di non pensare a Ryo e alla sua scomparsa, e stava fallendo miseramente. Se soltanto si astenesse dall’iniziare a fargli domande. Perché era maledettamente sicuro di non sapere che cosa dirle.  

 

»Umibozu-san?« chiede debolmente.  

 

Oh, Dio. Ci siamo. Sapeva che lei non sarebbe stata capace di resistere. Maledetto Ryo e la sua stupidità. Quel bastardo non poteva starsene da Mick abbastanza a lungo da capire la verità?! Oh, Dio!  

 

Schiarendosi la gola, la scrutò intensamente. »Sì, Kaori?«  

 

C’erano molte domande che lottavano all’interno della sua testa, non sapeva da dove iniziare. Innanzitutto perché aveva parlato? Non poteva solo stare lì in silenzio, ad ascoltare il suo soffice canticchiare nella sua testa? No, doveva aprire quella dannata bocca!  

 

Stringendo a pugno le dita nei pantaloni del pigiama, fece un respiro profondo. »Pensi che tornerà a casa stanotte?«  

 

»No.«  

 

C’era una tale finalità in quella parola pronunciata tranquillamente, che sentì dei brividi scorrerle lungo la spina dorsale. »Come puoi dirlo?«  

 

Era in silenzio, fissando perplesso le lacrime che fuoriuscivano dai suoi occhi.  

 

Le sue parole non dette le risuonarono nelle orecchie, rimbombandole all’interno della mente...  

 

Io non tornerei.  

 

 

 

 

* Inno nazionale degli Stati Uniti D’America.  

 

 

 


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