Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated R - Prosa

 

Autore/i: Mojca

Traduttore/i: marziachan

Status: In corso

Serie: City Hunter

Original story:

What men want

 

Total: 25 capitoli

Pubblicato: 01-06-07

Ultimo aggiornamento: 03-09-07

 

Commenti: 94 reviews

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DrameGeneral

 

Riassunto: Un piccolo intreccio tra il film con Mel Gibson e la sfida - Kaori può sentire i pensieri di tutti gli uomini.

 

Disclaimer: I personaggi di "What men want" appartengono esclusivamente a Thukasa Hojo. A dire il vero, il dottore di Kaori è un personaggio inventato. E forse ci sarà anche la partecipazione straordinaria di altri come lui.

 

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   Traduzione :: Quello che vogliono gli uomini

 

Capitolo 17 :: In cerca di un conforto

Pubblicato: 23-07-07 - Ultimo aggiornamento: 23-07-07

 


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Mick Angel sospirò stanco, mentre ispezionava la canna della sua Desert Eagle. Un’altra notte insonne. Odiava questo. Odiava i suoi incubi. Non che gli facesse spesso. Di solito dormiva come un bambino. Ma quando aveva un incubo, questo compensava tutte le notti tranquille.  

 

Stanotte era una di quelle notti agitate. Si era svegliato alcune ora fa, bagnato di sudore, il suo cuore batteva con un ritmo furioso. Gli occhi vuoti, fissava con sguardo assente in giro per la camera, le urla riecheggiavano ancora nelle sue orecchie, l’odore del sangue e il fetore della morte gli riempivano ancora le narici. Sì, odiava gli incubi.  

 

Sospirò di nuovo, appoggiando gentilmente la canna della sua pistola sul tavolino. Incrociando le braccia sopra il petto, i suoi occhi blu come il cielo contemplarono il caos organizzato di fronte a lui. Un bottiglia di solvente mezza vuota, tamponi per pulire, un mucchio di cotton fioc, una spazzola e un asticella per pulire la canna erano sparsi tra i pezzi della sua semi-automatica smontata.  

 

Adorava la sua Desert Eagle .44 Magnum con la canna da 6 pollici. Nella mira, era precisa fino ai 100 metri. Sorrise. Questa bambina non l’aveva mai deluso. E gli veniva da ridere alla convinzione generale che quel tipo di pistola non fosse mai stata usata dai vari Corpi Speciali. Sì, certo! Un mucchio di stronzate! Ammetteva che era pesante, costava una piccola fortuna e aveva un caricatore con poca capacità, ma quegli otto colpi erano più che abbastanza per qualcuno come lui.  

 

Alcuni dei suoi colleghi, rammollitisi col tempo, si vantavano di poter avere due Glock 17 e SIG-Sauer P228 compresa una gran quantità di munizioni al prezzo della sua DE [Desert Eagle], ma a lui non poteva importar di meno.  

 

Quelle pistole potevano essere più affidabili nelle dure condizioni dei combattimenti, ma lui raramente si era trovato in queste condizioni. Entrare, sparare ai cattivi, eliminare il pandemonio. Questo era il suo motto. Questo era Mick Angel.  

 

E non si preoccupava per gli scoppi della bocca della pistola – essere dietro di loro offriva un’ottima protezione – o per i ruggiti che gli accompagnavano. Amava il rumore che faceva il suo tesoro, quando si scatenava a morte. Godeva assolutamente del suo canto.  

 

Assemblando la sua fedele amica, fece scorrere le dita lungo la canna. Lei era stata al suo fianco ogni giorno della sua vita e dimostrava di essere una fedele amica persino, quando non riusciva a dormire. Poteva sempre alzarsi e darle una bella pulita e lei non si era mai lamentata un pochino.  

 

Prendendo il caricatore, iniziò ad inserire i proiettili, sorridendo leggermente, mentre le sue dita scorrevano lungo i colpi. Forse era un po’ morboso, a lui piaceva intagliare le sue iniziali in ogni pallottola. Sembrava un avvertimento per il morto che camminava lì fuori. Era come il suo biglietto da visita aveva dedotto il coroner. Un proiettile di una calibro .44 Magnum con le lettere MA.  

 

Un leggero bussare lo tirò fuori dai suoi pensieri. Un’occhiata all’orologio lo fece aggrottare le sopraciglia. Chi poteva essere alle tre del mattino?  

 

Facendo scorrere il caricatore nella pistola, tolse la sicura, le dita curvate come un amante attorno al calcio.  

 

Sapeva di essere probabilmente paranoico. I cattivi non bussavano, piombavano dritti in casa, pistole alla mano, ma non lo aiutava. Non aveva mai avuto degli ospiti così tardi o presto – dipendeva dai punti di vista – inoltre, vivere sul filo del rasoio ai margini della legge gli aveva insegnato ad essere prudente anche quando comprava della biancheria.  

 

L’indice accarezzava il grilletto, non rimosse la catena, mentre lentamente aprì la porta.  

 

Kaori, gli occhi rossi e gonfi, le guance ancora lucide dalle recenti lacrime, cercò di fare un sorriso incerto. »Ciao.«  

 

»Ciao.« Realizzando che la catena era ancora su, sorrise imbarazzato, »Aspetta un secondo.«, e chiuse la porta.  

 

Kaori tirò su col naso, ascoltando il vago rumore della catena. Un secondo dopo, la porta si aprì completamente, e Mick era lì in pantaloni grigi e maglietta bianca, fissandola preoccupato.  

 

»Stai bene?« chiese a bassa voce.  

 

»Non proprio,« mormorò.  

 

Poteva vederlo da sé e volle prendersi a calci da solo per averle pure fatto una domanda così stupida. Era in pigiama per l’amor di Dio. »Entra, Kaori.«  

 

»Grazie.« Sembrava così piccola ed indifesa mentre lentamente entrava nel suo appartamento. »Ehm...« Gettò un’occhiata di traverso alla sua pistola. »Puoi metterla via, per piacere?«  

 

Alzò la mano destra, fissando la sua bambina. »Scusa«. Andando al tavolo, mise la pistola nella scatola, chiudendola. »La forza dell’abitudine, suppongo. Posso fare qualcosa?«  

 

»No, è tutto apposto. Non so neanche perché sono venuta qui.«  

 

»Kaori.« Sorrise, i suoi occhi percorsero il suo viso rigato di lacrime. »Siamo amici. Puoi venire qui ogni volta che vuoi.« Indicò il divano. »Accomodati.«  

 

Lei fece solo cenno con il capo, muovendosi come intontita verso il divano.  

 

Fu allora che Mick si accorse che non indossava le scarpe. Era venuta fino al suo appartamento in pigiama e piedi scalzi?! Cos’era successo?!  

 

Cosa ha fatto quel figlio di puttana questa volta?!  

 

Kaori sobbalzò.  

 

Fu immediatamente al suo fianco. »Cosa c’è? Stai bene?« Ucciderò quel bastardo! Cosa ti ha fatto?!  

 

»Mick, per favore.« piagnucolò Kaori.  

 

»Cosa c’è?« bisbigliò, sedendosi sul tavolino di fronte a lei. Come puoi sopportarlo, Kaori? Perché lo sopporti?  

 

»Per favore smettila!« si lamentò. »Basta!«  

 

La fissava in silenzio, preoccupato.  

 

Dio, Kaori. Perché continui a soffrire così? Perché stai ancora con lui? Non ti merita – maledizione, non ti merito nemmeno io – ma ti tratterei meglio di come fa lui!  

 

»SMETTILA DI PENSARE!« Kaori tirò le ginocchia sotto il mento, premendo le mani sulle orecchie, stringendo forte gli occhi.  

 

»Kaori...« Mick la fissava con la bocca aperta. »Che sta succedendo?«  

 

»E’... E’ una lunga storia. E, ad ogni modo, non mi crederesti.«  

 

»Provaci.« Che diavolo ti è successo?  

 

Sospirò. »Mick... puoi, per favore, non pensare a niente?«  

 

»Di che cosa stai parlando?«  

 

»Ehm...« Bè, poteva dirglielo. Sicuramente, non le avrebbe creduto, ma aveva bisogno di parlarne con qualcuno e lui era... bè, lui era Mick. Non l’avrebbe presa in giro dopo. Questo era compito di Ryo. Poteva dirglielo. Inoltre, poteva dimostragli che riusciva chiaramente a sentire i suoi pensieri. Sarebbe stato molto imbarazzante dirgli esattamente quello a cui stava pensando, ma comunque, era meglio che niente.  

 

»Ricordi l’incidente?«  

 

Serrò la mascella. »Sì.« disse tetramente.  

 

»Bene, ho provato alcuni effetti collaterali da quando mi sono svegliata.«  

 

»Cosa?!« Balzò in piedi. »I dottori hanno detto che stavi perfettamente!«  

 

»Lo sono.« Lo fissava. »Non è niente di serio, fidati. Puoi sederti per favore.«  

 

»Kaori...« C’era un avvertimento nella sua voce.  

 

»Mick, è meglio che ti siedi.«  

 

Ubbidì. »Mi sto sedendo. Ora, dimmi.«  

 

»Posso leggere nella mente.«  

 

Sbattè le palpebre. Gli aveva appena detto che poteva leggere nella mente? Si era trattenuto appena in tempo, indurendo i suoi lineamenti in un’espressione di non-chalance. »Capisco.«  

 

Lei aggrottò le sopraciglia. »Ridi quanto vuoi, amico, ma lo sai.«  

 

Sbatté le palpebre di nuovo. »Non sto ridendo.«  

 

»Certo che lo stai facendo.«  

 

»No, non lo faccio.« Indicò con il dito il suo viso serio. »Ti sembra che stia ridendo?«  

 

Gli diede un buffetto sulla fronte con la punta delle dita. »Stai ridendo qui dentro.«  

 

Bè, si. Nella sua testa si stava sbellicando dal ridere. Ma era molto divertente l’idea che Kaori fosse capace di leggere nelle sua... Spalancò gli occhi. Aspetta un attimo!  

 

»Sono sicura che sia divertente vista da te,« mormorò ironica.  

 

»Kaori...«  

 

»Non è divertente da dove sto io.«  

 

Provò una cosa. Kaori!  

 

»Cosa?!«  

 

»A che numero sto pensando?«  

 

»Tre cento mila novanta-nove, novant’otto, novanta-sette, novanta-sei, novanta-cinque... Vuoi deciderti una buona volta?!«  

 

Fottimi.  

 

»Passo, grazie.«  

 

Mick balzò in piedi. »Tu...« Deglutì, cercando di pensare a tutte le ripercussioni. »Tu puoi sentire veramente quello che pensano le persone?« Ora, tutti i pro erano venuti a galla.  

 

»Non di tutte le persone. Solo degli uomini.«  

 

»Oh.« Il suo viso diventò triste.  

 

»Cosa? Pensavi che sarei stata il tuo traduttore personale o qualcosa di simile? Scordatelo, Angel!«  

 

»Hey, sono offeso!«  

 

»No, non lo sei.« Sorrise.  

 

»Da i brividi.«  

 

»Dillo a me.«  

 

* * *  

 

Un’ora dopo lei stava seduta comodamente sul divano sotto una soffice coperta, mentre Mick le portava un secondo giro di the. Gli aveva detto tutto quello che era successo, dal momento in cui si era svegliata all’ospedale, al loro nuovo incarico, omettendo la parte di Ryo che sogna una sconosciuta cavalcarlo come un toro – rabbrividiva ancora al pensiero – e Ryo che si comportava come un Neanderthal innamorato-cotto con lei, ma sospettava che Mick avesse ipotizzato qualcosa, perché la guardava piuttosto stranamente con il divertimento che gli danzava negli occhi.  

 

Dopo i primi momenti d’imbarazzo, Mick non dava già più peso alla sua abilità di leggere nella sua mente, dichiarando che quello che provava per lei era, ad ogni modo, di dominio pubblico, ma si sforzava di mantenere la mente pulita il più possibile per non causarle altro imbarazzo. Bè, meno del necessario.  

 

Era seduto dall’altro lato del divano, alzandole le gambe e tenendole in grembo. »Allora, per finire, vuoi dirmi il perché sei venuta qui?«  

 

»Qualcuno dà la caccia a Ryo« bisbigliò.  

 

Ridacchiò. »Allora, qualcos’altro di nuovo?«  

 

Kaori scosse la testa. »Questa volta è differente.«  

 

»Che cosa intendi?«  

 

I suoi occhi erano spalancati e spaventati mentre lo guardava. »Questa volta è personale!«  

 

Mick alzò le spalle. »E’ sempre personale, Kaori.«  

 

»Non come questo.«  

 

Riusciva a sentire i suoi muscoli tendersi sotto i suoi piedi.  

 

»Significa che hai sentito i pensieri del bastardo?!« Il suo pugno era serrato così forte che le nocche erano completamente bianche.  

 

Fece una smorfia. »Era più un’esperienza 3D.«  

 

»Cosa?!«  

 

»Ho VISTO i suoi pensieri. Ho visto Ryo disteso in una pozza di sangue...« la sua voce si ruppe.  

 

Mick la tirò fra le sue braccia. »Shhh. E’ tutto ok. Ci prenderemo cura di lui.«  

 

»Ci?«  

 

»Ci siamo dentro insieme, Kaori.« Sospirò. »Non puoi dirgli niente.«  

 

»In primo luogo non mi crederebbe.«  

 

Le accarezzò i capelli. »Potresti provarglielo.«  

 

S’irrigidì. »Passo,« borbottò.  

 

Mick infilò un dito sotto il suo mento, alzandole la testa, così erano occhi negli occhi. »Ma non è questa la ragione. Lo sai com’è. Al primo segno di pericolo, la sua priorità sei tu. Lui rischia tutto per te, perciò dobbiamo tenere questo segreto e tenere un occhio su di lui. Insieme.«  

 

Lo fissava, gli occhi spalancati.  

 

Mick sorrise. Come poteva non saperlo? Con la sua nuova capacità di leggere nella mente doveva aver intravisto qualcosa. Doveva aver capito che Ryo era innamorato di lei.  

 

»Non lo è.« bisbigliò, gli occhi velati di lacrime.  

 

»Kaori...« parlava come se stesse parlando ad un bambino piccolo. »Certo che lo è. Con tutto il suo cuore.«  

 

Lei scosse la testa con veemenza. »No, c’è qualcun’altra.«  

 

»Kaori...«  

 

»L’ho vista,« lo interruppe. »Ecco perché sono venuta qui. La stava sognando, stanotte. E io... io non potevo sopportarlo.«  

 

Mick non poteva crederci. Rifiutava assolutamente di credere che c’era qualcun’altra nella mente di Ryo, ma non voleva fare obbiezioni. »Che ne diresti di andare a dormire, eh? Prendi il letto.«  

 

Lei sorrise. A metà strada per la sua camera da letto, si fermò. Si girò. »Mick...«  

 

Sorrise, disteso sopra il divano. »Non ho sonno, Kaori, quindi non preoccuparti per nessun sogno che potrei fare.«  

 

»Non è questo.« Torturava con le dita la parte sopra del pigiama.  

 

Alzò la testa incuriosito.  

 

»Mi dispiace.« Era appena un bisbiglio.  

 

»Per cosa?«  

 

»Per... per non provare lo stesso per te.« I suoi occhi erano di nuovo lucidi di lacrime non versate. »Mi dispiace, Mick. Mi dispiace di farti soffrire, ma io amo Ryo. Sempre e comunque. Niente cambierà questo.«  

 

Il suo sorriso era triste. »Lo so. Ma non devi scusarti di niente. Non è colpa tua se mi sono innamorato di te. E non è colpa tua se non puoi amarmi anche tu. Non funziona in questo modo. Non preoccuparti per me. Alla fine, lo supererò.«  

 

Si precipitò di corsa dall’altro lato del salotto verso il divano. Appoggiandosi sopra di lui, posò delicatamente le labbra sopra quelle di lui. »Grazie.« bisbigliò, raddrizzandosi.  

 

La fissava nello shock più totale. Lo aveva appena baciato?!  

 

»Era solo un bacetto da amici.« rise, camminando verso la porta della camera da letto. »Perciò non farti strane idee, capito?«  

 

Mick sbattè le palpebre. Lo aveva baciato!  

 

Kaori roteo gli occhi. Uomini! »Buonanotte Mick!« E si chiuse la porta dietro la schiena.  

 

Mi ha baciato! Yeepee! Sì! Mi ha baciato!  

 

Si sentì un forte gemito dalla camera.  

 

 

Note dell’autore per questo capitolo:Come sapete, l’arma di Mick Angel scelta nel manga (e quella di Robert nell’anime) è effettivamente una Desert Eagle .44 Magnum con una canna da 6 pollici. Ed anche se si tratta di una fanfiction ho cercato di essere il più veritiera possibile, comunque la cosa che questa sia una buona arma per un tipo come Mick è effettivamente una cavolata.  

La credenza generale che la Desert Eagle sia usata dai vari Corpi Speciali non ha trovato finora alcun fondamento.  

È vero, comunque, che con il prezzo e il peso di questa pistola (scarica persa circa 2kg) uno può facilmente avere due pistole come la Glock 17 o SIG-Sauer P228 compresa una buona riserva di munizioni. Pistole come quelle inoltre sarebbero molto più affidabili nelle dure condizioni dei combattimenti e forniscono una capienza del caricatore molto più grande degli otto colpi della DE. Ha un forte rinculo nei calibri più grandi (.50 per esempio), uno scoppio e un rimbombo dello sparo enormi, e capite perché solo i GUERRIERI DI HOLLYWOD usano questo mostro come arma da combattimento.  

 

In breve – una Desert Eagle è un arma eccezionale per lo sport e la caccia (selvaggina grossa), ma non è stata progettata per il combattimento, il che riduce radicalmente le possibilità che un uomo come Mick usi questa pistola con il lavoro che conduce. Se avessi disegnato io il manga, probabilmente gli avrei dato una Ruger .22 LR ( con o senza silenziatore). Non costa molto come una DE, i colpi sono economici, è più leggera, molto più affidabile, precisa, un rinculo minore, ed è molto più silenziosa (quindi, il silenziatore è effettivamente un optional). Anche il calibro è più piccolo, se sapete cosa state facendo, potete tranquillamente fare centro e farlo meritevolmente.  

 

 

 

 


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